ROBERTO CALASSO 1941-2021

Roberto Calasso / Le intermittenze del mito

di Bianca Sorrentino

In pochi hanno il coraggio di spostare le bianche statue che i greci posero dinnanzi all’abisso per dissimularlo; Roberto Calasso è stato uno di questi. Ammirare il fulgore delle espressioni della creatività antica non significa infatti celebrarne pedissequamente l’intoccabilità: per penetrarne l’essenza più autentica, anzi, è necessario riconoscerne l’ambiguità, la vertigine, l’irriducibile cifra di perturbante. Saldamente ancorato di fronte al precipizio, Calasso non teme di sfidarlo dandogli un nome, quello della sua Opera: è l’attuale, d’altronde, a essere innominabile per via della sua inane vacuità, che non sa reggere il confronto con l’assoluto. Eppure, è proprio al contemporaneo, al futuro indistinto e senza contorni, che lo scrittore, editore, mitologo, mitografo si rivolge, in uno slancio estremo e generosissimo: il dono del fuoco sacro, come un novello Prometeo agli ignari mortali.

Nella storia della letteratura, che è la storia del mondo, Calasso osserva l’avventuroso volgere del destino degli dèi e con la danza della sua parola testimonia le intermittenze attraverso le quali essi si manifestano, per poi ritirarsi nel loro arcano silenzio mitico. Lungo le ultime propaggini del Novecento, lo scrittore si fa aedo e intona il suo canto inattuale, anacronistico, nondimeno eterno; custode di un sapere che viene da lontano, consegna a questo tempo distratto e orfano la pienezza di una presenza, un patrimonio brulicante di voci e visioni, il tesoro nascosto di regni ormai tramontati e non più avverabili.

I Greci erano stati educati, con l’avvento dell’alfabeto, a vivere il divino “nel silenzio della mente”; nel cielo di questo nuovo millennio, diviso tra freddo razionalismo e vile superstizione, in cui i riti scompaiono e gli dèi corrono a rifugiarsi nel loro demi-monde, l’unica liturgia cui volentieri adempiamo, senza per questo sentirci devoti officianti, è la lettura: un rituale che si rinnova e che tuttavia non è mai uguale a se stesso, che non avvince nei lacci inestricabili di una qualche religione, ma che anzi pretende viva concentrazione e verità. Le pagine vibranti di Calasso non fanno che ricordarci l’immortalità di questo dono impalpabile: “Nessuno ormai avrebbe potuto cancellare quelle piccole lettere, quelle zampe di mosca che Cadmo il fenicio aveva sparpagliato sulla terra greca, dove i venti lo avevano spinto alla ricerca di Europa rapita da un toro emerso dal mare”.

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Un pianeta per Roberto Calasso

di Elio Grasso

Calasso amava i gialli, il cinema e, da fanciullo, le forme voluttuose delle donne disegnate da Doré per l’Orlando furioso, e le ragazze incontrate nelle attrazioni demi-monde di Robida. E Baudelaire.

In un torrido giorno di fine luglio il Novecento si è arreso, ha firmato l’ineluttabile the end tramite colui che prese nelle mani di Bobi Bazlen una delle invenzioni meno probabili e più possenti che l’Europa editoriale avesse la ventura d’inventarsi. Testimone Fleur Jaeggy, compagna di vita, quando ha controfirmato la resa – nell’ultimo gesto d’amore concesso – e le onde mitteleuropee, medio-orientali e orientali (dopo secoli e millenni) si sono depositate sulle nostre spiagge all’estremo lembo della risacca. Figure ammalianti, maestose, azzardate e bizzarre sono state rievocate in decine di articoli sui quotidiani: ma infine il custode di tutto questo, imperiosamente se n’è andato. Non senza lasciarci, nello stesso giorno, due memorie di carta, non certo invise alle memorie di vita che sottendono: Memè Scianca e Bobi. Roberto Calasso è questo. Dentro solenne, fuori viaggiante, nella struttura grafica Adelphi – ripresa da Aubrey Beardsley.

Presidiava il racconto senza indebitarsi, col favore degli dèi sempre indotti a adoperarsi nelle insofferenti metamorfosi letterarie del secolo, con immane attenzione e perseveranza: nell’Opera, arrivata a undici volumi, e nel Catalogo Adelphi sorretto da un ordine concepito da Bazlen nei primi anni Sessanta, seguendo il “giusto suono” dei libri. Dal 1971 in poi un deposito di scoperte e programmi fino a comporre la Biblioteca dove accade sempre qualcosa, oltre al piacere, tra classicità e presente lanciato al futuro prossimo. Conoscenza dunque, lontana dall’informazione e individuata nei risvolti: già questi, in solitaria, formano una misteriosa e inesauribile fonte di compattezza.

Mitografo in cui la democrazia delle forme ha avuto una sterminata piazza per evolversi e prendersi cura di studiosi e lettori. Dall’incandescenza millenaria a quell’ambigua parola, “attuale”, definita innominabile da Calasso. Il libro che gli dedica mette al suolo, bene in vista, la maleducazione del presente che ha molto dell’innominabile passato: le violente e psicotiche pagine descrittive prodotte dal terzo e quarto decennio del Novecento turbano come gli attuali anni rovinosi in cui l’autoannientamento sembra fare il verso a quanto accadde allora: ma la pallida anima dispersa nei circuiti elettronici ha poco a che fare con la copiosa coscienza di quegli anni. È stato straordinario e tormentoso seguire le pagine dell’Innominabile attuale, sentendoci parte della poltiglia epocale in cui la caduta delle religioni è un momento di abbandono mentre il libero arbitrio finisce nello zapping digitale. Il passato non c’è più, e il turista della rete finisce nell’età dell’inconsistenza.

I libri Adelphi, che talvolta creano figure allucinatorie quando allineati nelle librerie, o anche situazioni preveggenti che riportano a quegli stati fanciulleschi dove si crede a tutto, offrono colori pastello ripresentati nel tempo in evoluzioni non proprio casuali. Da adulti possiamo assimilarli a certi “miracoli” terrestri, prodigiosi solo per il fatto di esserci: come l’elefante, il polpo, i Beatles, Venezia, Hitchcock, le equazioni relativistiche di Einstein, la carta inchiostrata. Sembra che il pianeta esista esclusivamente per ospitarli, e soltanto su di esso. D’altronde non abbiamo prova che altrove la faccenda sia la stessa. Forse nel multiverso, forse lì Calasso ne è diventato testimone. Da qualche giorno – ma, almeno per ora, non possiamo saperlo.

Bibliografia essenziale

Tutti i libri e le successive ristampe sono pubblicati da Adelphi

I. La rovina di Kasch (1983)

II. Le nozze di Cadmo e Armonia (1988)

III. Ka (1996)

IV. K. (2002)

V. Il rosa Tiepolo (2006)

VI. La folie Baudelaire (2008)

VII. L’ardore (2010)

VIII. Il Cacciatore celeste (2016)

IX. L’innominabile attuale (2017)

X. Il libro di tutti i libri (2019)

XI. La Tavoletta dei destini (2020)

L’impuro folle (1974)

I quarantanove gradini (1991)

La letteratura e gli dèi (2001)

Cento lettere a uno sconosciuto (2003)

La follia che viene dalle ninfe (2005)

L’impronta dell’editore (2013)

I geroglifici di Sir Thomas Browne (2018)

Come ordinare una biblioteca (2020)

Allucinazioni americane (2021)

Bobi (2021)

Memè Scianca (2021)