A Londra, nell’estate del 1914, Herbert Henry Asquith – Primo ministro del Regno Unito dal 1908 al 1916 – oltre a essere impegnato a gestire la complessa situazione irlandese e le prime avvisaglie di quella che sarà la Prima guerra mondiale, è anche occupato a intrattenere una relazione e il conseguente carteggio amoroso con la sua giovane amante Venetia Stanley. Sorprendentemente, le lettere di Asquith sono arrivate ai giorni nostri e lo scrittore Robert Harris usa molte delle oltre cinquecento missive, scritte in tre anni di relazione, per raccontare nel suo ultimo romanzo non solo una storia sentimentale, ma anche un periodo storico piuttosto complesso. Le risposte di Venetia ad Asquith, invece, non sono sopravvissute, poiché il primo ministro decise di distruggerle alla fine del suo mandato; Harris, però, fa un lavoro molto convincente nel ricrearle e nel delineare, di conseguenza, la personalità di Venetia. Oltre a dare la misura di una relazione ossessiva, l’impressionante numero di messaggi ci ricorda che in quegli anni, a Londra, la posta britannica si premurava di fare consegne dodici volte al giorno e quindi, in un periodo in cui le mail o i whatsapp dovevano ancora essere pensati, i due riuscivano a essere sempre in costante contatto.
La differenza di età tra gli amanti è notevole e se può non stupire l’attrazione di un uomo ormai ultrasessantenne nei confronti di una giovane e affascinante aristocratica londinese, è meno scontato il sentimento, che pare sincero – d’affetto, se non d’amore – della ventisettenne nei confronti di Asquith. Lei, una giovane moderna annoiata da una vita fatta di feste e gite in campagna e che ritiene il matrimonio e l’aver figli propri una forma di servitù, probabilmente vede in questa relazione un modo per fuggire la staticità e la banalità della sua esistenza. Va anche detto che il primo ministro, con moglie e figli a carico, è piuttosto bravo a tenerla legata a sé: non potendo contare su gioventù e prestanza fisica, decide di intrigarla condividendo con lei vicende politiche, chiedendole consigli che finirà col seguire, sottoponendole delicate e complicate questioni di Stato – in pratica, le conferisce il titolo di donna politicamente più informata d’Inghilterra, ma non è solo questo a lusingare e interessare Venetia, lei pare anche nutrirsi del brivido della segretezza, dell’illecito, del rischio.
La coppia s’incontra nella lussuosa automobile diplomatica in dotazione del politico, facendo lunghi giri almeno una volta a settimana. Durante uno di questi appuntamenti “clandestini” assistiamo a un gesto molto particolare: il primo ministro, dopo avere condiviso con l’amata il contenuto, appallottola un telegramma governativo con notizie riservate e, con una noncuranza che solo un politico di lungo corso può evidentemente permettersi, lo getta dal finestrino della vettura di fronte allo sguardo allibito della ragazza. Numerose leggerezze simili verranno compiute e, infatti, diversi documenti – alcuni addirittura con dettagli su piani militari e diplomatici – saranno ritrovati da comuni cittadini e da questi consegnati alla polizia che, così, sarà costretta a indagare su come sia stato possibile che documentazione di tale importanza sia stata ritrovata in giro per Londra: sarà il personaggio inventato sergente Paul Deemer che, invece di occuparsi della cattura di chissà quale spia tedesca o agente segreto, intercetterà il carteggio dei due amanti.
Solo un ristretto numero di ministri d’alto livello del governo ha accesso alle informazioni trapelate all’esterno ma, nonostante uno di loro debba per forza essere il responsabile delle fughe di notizie, il Primo ministro al corrente delle indagini ritiene che, con un rodato meccanismo di difesa politica consistente nel non ricordare le cose che fa comodo dimenticare, tutto questo non abbia nulla a che fare con lui: peraltro, si convince non esserci alcuna prova a dimostrare la sua responsabilità. Oltre all’indifferenza per le conseguenze dei suoi comportamenti, pare incredibile che Asquith, durante il suo mandato contraddistinto dalla catastrofe della Prima guerra mondiale, sia riuscito a trovare il tempo per pianificare modi per sfuggire ai suoi doveri politici per incontrare Venetia, comporre per lei note scritte a mano durante le riunioni di gabinetto a Downing Street, scrivere lettere che diventeranno sempre più ossessive col progredire del conflitto.
Il ricevere in continuazione questo bizzarro miscuglio d’informazioni segrete e appassionate dichiarazioni d’amore, si trasformerà da una piacevole lusinga a una forma di molestia: il condividere così tanti segreti di Stato con una giovane donna va parecchio oltre “l’amore”, è una specie di follia; inoltre, ogni lettera esige una risposta e se Venetia, per un motivo qualsiasi non risponde rapidamente, Asquith diventa ansioso e nervoso e lei, in qualche modo sopraffatta da un sorta di “dovere patriottico”, si sente in obbligo di comunicare con lui anche se non ne ha voglia o non ha nulla da dire. Per un singolare equilibrio tra rifiuto e attrazione, più lei cerca di prendere le distanze da lui, più lui le richiede attenzioni; meno tempo libero ha lei, più lui ne pretende. Ben presto il pensiero fisso di Venetia sarà quello di trovare un modo per riuscire a districarsi da questa relazione che sembra prevedere che lei sacrifichi la sua vita per restare a completa disposizione del politico.
A mio avviso, nel romanzo prevale maggiormente la parte della narrazione storica che non l’aspetto del thriller: dal momento che già conosciamo l’origine della violazione della sicurezza nazionale, non c’è né mistero né tensione. Ma forse l’aspetto più interessante è ritrovare in una storia vecchia di un secolo, aspetti attuali come la fragilità delle nostre comunicazioni, la facile violazione della privacy, la necessità di fare colpo su una persona al punto di mettere a rischio la sicurezza nazionale, l’amore che diventa ossessione, il non rispettare gli spazi di chi si sostiene di amare, l’incredulità di fronte agli orrori della guerra e la vigliaccheria e l’opportunismo dei funzionari governativi. «Olimpici fino a quel momento nel loro disprezzo per i politici, ora i funzionari avevano l’espressione ansiosa di scolaretti smarriti e spaventati. La fiducia nella City si era volatilizzata. C’erano code fuori dalla banca. Per la prima volta dai tempi delle guerre napoleoniche erano stati costretti a sospendere la conversione della valuta in oro. Avevano già raddoppiato i tassi di interesse, dal quattro all’otto per cento. Ora proponevano di aumentarli ulteriormente il giorno successivo, potandoli a dieci. L’intero sistema finanziario era sull’orlo del collasso».