Ritorno dalla cripta dell’orrore

AA.VV., Lo spiacevole ritorno di Zio Tibia. Spettri, licantropi e vampiri con altre strane e mostruose creature di questo e d’altri mondi, tr. Lydia Lax e Ranieri Carano, a c. di Giuseppe Lippi, intr. Fabio Genovesi, Mondadori, pp. 320, €25,00 stampa

Sarà sicuramente spiacevole per le vittime dei racconti da lui introdotti, ma per quanto mi riguarda (e sarà così anche per moltissimi lettori di buon gusto) il ritorno di Zio Tibia negli Oscar è davvero un piacevolissimo avvenimento. Questa antologia di fumetti, ricca e ben curata anche dal punto di vista editoriale, è infatti una boccata d’aria fresca, benché vecchia di cinquant’anni. Si tratta di un florilegio (del male!) di ben trenta racconti pubblicati a partire dal 1964 su due leggendari periodici che assursero immediatamente allo status di culto: Creepy e Eerie, edite negli Stati Uniti dalla casa editrice Warren. Si trattava di vere e proprie riviste di grande formato, il cui piatto forte erano racconti brevi in bianco e nero, con storie originali o adattamenti di classici dell’orrore. La maggior parte di questi erano scritti (nel primo periodo) dal maestro degli autori-editor Archie Goodwin e disegnati con stile elegante, intenso ed innovativo da talenti come Gray Morrow, Reed Crandall, Angelo Torres, John Severin, Jerry Grandenetti, Al Williamson, Tom Sutton e Neal Adams, per citare solo artisti presenti in questo nuovo volume Mondadori. È un ritorno graditissimo, dopo molti anni, perchè dal 1969 la collana degli Oscar Mondadori dedicò alle mitiche riviste di James Warren ben quattro volumetti, ricordati ancora oggi.

I racconti qui contenuti, introdotti (come dei novelli Alfred Hitchcock) dal nostro anfitrione Zio Tibia (Uncle Creepy) o da Astragalo (Cousin Eerie), sono splendidi esempi di sintesi narrativa e grafica. Queste storie, racchiuse dalle epocali copertine di Frank Frazetta, riportarono in auge un genere che la EC Comics di William Gaines aveva fatto esplodere, per pochi anni, con collane come Tales from the Crypt e The Vault of Horror. L’avventura della EC durò poco, interrotta dalla crociata contro i fumetti violenti capeggiata dal Dottor Wertham, che riuscì a far chiudere tutte le sue testate nel 1956, con la sola eccezione di Mad e a promuovere un Codice di autoregolamentazione per i contenuti forti nei fumetti.

Ma non si poteva cancellare uno stile così potente, un’idea di fumetto così forte. Ed ecco che nel 1964 James Warren, editore dal gran fiuto che già aveva celebrato l’horror cinematografico con la storica Famous Monsters of Filmland diretta da Forrest J. Ackerman, riporta sul tavolo da disegno alcuni degli artisti che avevano graziato dei loro segni inquietanti le pubblicazioni di Gaines (come ad esempio Reed Crandall o Johnny Craig). I fumetti presentati sono figli della EC, ma l’eleganza è sicuramente maggiore come lo sono la cura per le ambientazioni e i dialoghi. I numerosi adattamenti da Stoker, Lovecraft o altri classici sono assolutamente pregevoli. Warren, inoltre, ebbe più libertà dalla censura, dato che queste riviste erano indirizzate ad un pubblico adulto – ma questo non volle dire più violenza esplicita, anzi. Ad aumentare non fu il banale sangue ma l’approfondimento psicologico e la complessità morale che si allontanò dal semplicistico giustizialismo della EC.

Raramente potrete trovare oggi un volume così ricco di diversi talenti capaci di concentrare in sei/otto pagine le atmosfere inquietanti di maledizoni, mostri, destini angoscianti, terribili ansie e un connubio riuscito tra orrori tradizionali ed ambientazioni contemporanee. Senza dimenticare il pizzico di ironia ereditata dalle pubblicazioni di Gaines.

Il racconto breve, che sia narrativa o fumetto, è spesso mal visto dal pubblico italiano che – si dice – rifiuta a priori qualsiasi raccolta di short stories preferendole il più sostanzioso romanzo. Non esiste chiusura mentale più autolesionistica di questa, perché porta a privarsi di una quantità innumerevole di capolavori dei molti maestri della forma breve, numerosissimi nel campo dell’horror, del mistero, del weird nonché della fantascienza (ma anche nel western ci sono innumerevoli gemme).

Il bianco e nero, raro negli USA amanti del colore, è sicuramente una scelta che esalta il sapiente tratto d’inchiostro degli artisti, il cui talento è ancor più visibile negli ottimi impianti di stampa restaurati in anni recenti dalla Dark Horse e qui utilizzati. Il formato più grande (cm 17 x 24), la copertina rigida e l’ottima resa di stampa, rispetto ai vecchi e piccoli Oscar, sono elementi che omaggiano la qualità ormai universalmente riconosciuta di queste gemme fumettistiche che, come per esempio The Twilight Zone (Ai confini della realtà, serie TV non dissimile per tono, qualità e varietà stilistica), non sembrano risentire del tempo e anzi, acquistano con gli anni un sapore più fine e una maggiore intensità. La grandezza di queste storie è visibile anche a una prima occhiata, se si coglie come molti di questi autori, come per esempio Reed Crandall, abbiano inaugurato una sorta di nouvelle vague dell’illustrazione che partendo dai maestri dell’incisione e riprendendo i grandi dell’arte della stampa ottocentesca li hanno proposti al nuovo e ampio pubblico degli anni sessanta.

In coda al libro troviamo un saggio, con nutrita appendice bibliografica, capace di raccontare in breve la storia dell’orrore illustrato in U.S.A. e in Italia. Autore ne è Giuseppe Lippi, uno dei più grandi curatori e conoscitori del fantastico in tutte le sue incarnazioni, la cui firma garantisce da anni un’analisi profonda e una precisa ricostruzione storica.

Una piccola nota: la storia «Il giorno di Wentworth», adattamento da Lovecraft e August Derleth non è, come indicato, illustrata da quest’ultimo (che non era disegnatore) ma da Russ Jones, che ne curò anche la sceneggiatura. Lapsus che, sia chiaro, per nulla riduce il piacere della lettura e la qualità di un volume consigliatissimo.