Rileggere Castoriadis. Intervista a Raffaele Alberto Ventura

Fondatore della rivista Socialisme ou Barbarie , che anticipò molti temi del Maggio francese, Cornelius Castoriadis intuì decenni fa alcune tendenze che caratterizzano il nostro presente. Tra questi, i limiti ecologici dello sviluppo e della razionalità economica, la convergenza del capitalismo a Est e a Ovest, l’impatto dell'industrializzazione cinese sugli equilibri globali. Una conversazione con Raffaele Alberto Ventura, curatore dell'antologia "Contro l'economia" pubblicata ora da Luiss, con scritti del pensatore greco-francese.

Il profilo di Cornelius Castoriadis (1922-1997), filosofo e saggista francese di famiglia greca, si lega a quello di Socialisme ou Barbarie, la rivista  da lui fondata e animata tra il ‘49 e il ‘67 sotto vari nom-de-plume (Pierre Chaulieu, Paul Cardan, Jean-Marc Coudray…). Sotto le insegne di Socialisme ou Barbarie – il nome deriva da una  citazione che Rosa Luxemburg attribuisce a Engels – transita un bel pezzo di cultura francese (da Claude Lefort a François Lyotard, da Edgar Morin a Guy Debord) e si coagula la tendenza del socialismo libertario che si distanzia da Sartre e Les Temps Modernes anticipando molti temi del Maggio francese.

Sociologo, economista, filosofo, psicanalista (fonda negli anni ‘80 una sua scuola, che prende le distanze da Lacan), Castoriadis – che fino al ‘70 dirige nel suo day job il centro studi parigino dell’OCSE, osservatorio tecnocratico delle economie avanzate – incarna una figura sfaccettata, poliedrica e controversa.  Il teorico militante di un socialismo radicale e democratico che, separandosi dal marxismo ortodosso o meno, analizza le trasformazioni della società complessa dal punto di vista del suo immaginario sociale operante, sotterraneamente e storicamente, nel conflitto con il capitalismo, da cui è stato a sua volta modellato. I numerosi temi anticipati da Castoriadis, dalla critica dello sviluppo economico come ideologia (molto prima che qualcuno ne rivelasse i limiti ecologici) alla denuncia del “capitalismo burocratico” sovietico e cinese, trovano oggi un’eco quasi immediata nelle derive del nostro presente.
Come osserva Raffaele Alberto Ventura, curatore dell’antologia Contro l’Economia (Luiss, 2022, pp. 200, euro 24,00) nell’introduzione: “Il problema dell’espansione illimitata del dominio razionale non era per Castoriadis un’astratta questione estetica, morale o ontologica, come fu per tanti fumosi critici della tecnica, ma una vera contraddizione logica  ingenerata dalla decomposizione della razionalità a misura dell’estensione del suo campo d’azione. La presunta razionalità era ‘finzione’. E la stessa economia che Castoriadis ha praticato al più alto livello per 20 anni, è fondata su presupposti ideologici”.

Perché vale la pena oggi rileggere questo autore? Dove si colloca il punto di intersezione, se esiste, tra la sua visione della società e la nostra ricerca di un futuro?  Proviamo a capirlo con  Raffaele Alberto Ventura che ringraziamo per questa intervista.

PULP Come immagineresti oggi la “società autonoma” di cui parla Castoriadis ? Una società liberale con i contenuti di una socialista o viceversa? L’Atene di Solone più elettricità? Personalmente tendo a immaginarla come una democrazia radicale, non meritocratica, basata sull’auto-organizzazione, con salari uguali per tutti e un mix di pianificazione democratica e di mercato “egualitario” (una testa un voto, etc.), che è più o meno come la descrive Castoriadis  in un’intervista del ‘90…    

RAV: In una battuta potremmo dire che Castoriadis intende liberare il progetto moderno da ogni aspirazione alla burocratizzazione del mondo, scindendo l’originario programma liberale dal suo abbraccio con il capitalismo. Un’equazione che potremmo formulare come segue: liberalismo meno capitalismo uguale socialismo. Castoriadis aveva trovato la quadratura del cerchio? Sinceramente non credo, altrimenti si saprebbe. Ma ci ha fornito un’analisi delle contraddizioni culturali della società moderna e alcune indicazioni che hai evocato sopra. Castoriadis tuttavia conosceva, da economista, le necessità di pianificazione di un’economia complessa e quindi le innumerevoli concessioni alla burocrazia che deve fare una società che vuole garantire un livello di benessere elevato. La crisi ecologica cambia le carte in tavola, perché se vengono a mancare le condizioni di questo benessere allora certe istituzioni burocratiche diventano inutili e controproducenti, e una vera democrazia si rende tanto più necessaria perché non abbiamo risorse per “amministrare” la totalità della vita sociale. In alcuni scritti dei primi anni 1980 viene ad esempio evocato il modello dell’America delle origini, quello descritto da Tocqueville, prima del trionfo del proprietarismo. Ma il modello a cui Castoriadis torna continuamente, pur conoscendone i limiti (donne e schiavi), è la polis greca.

PULP La società dell’eteronomia analizzata da Castoriadis  si discosta dalla definizione di totalitarismo di Hannah Arendt, in pratica circoscritta al Nazismo e all’URSS degli anni ‘30. Per il gruppo di Socialisme ou Barbarie,  aderendo alla lotta politica apertasi con la guerra fredda, non solo comprende il blocco sovietico del ‘49 ma nasce dall’idea taylorista della catena di montaggio (che affascinò Lenin). I lavoratori sovietici non erano tanto “meno liberi” dei lavoratori occidentali quanto più sfruttati da una nuova classe di burocrati.  In generale – penso anche al rapporto tra la  vita activa e quella “autonoma” di Castoriadis  – come si colloca il parallelismo con Arendt?

RAV: È una bella domanda, perché Arendt viene poco citata ai tempi di Socialisme ou Barbarie: la filosofa era stata promossa in Francia dalla cerchia di Raymond Aron e la sua teoria del totalitarismo considerata come una critica “da destra” dalla quale Lefort e Castoriadis evidentemente preferivano smarcarsi. Tuttavia è chiaro che la teoria arendtiana del totalitarismo era ben nota, complessivamente accettata nell’analisi dello stalinismo, ma considerata limitante per spiegare le caratteristiche che permangono anche dopo il 1953: ovvero quelle più generalmente capitalistico-burocratiche che costituiscono un tratto comune tra i due blocchi, all’insegna dell’ideale di razionalizzazione (Bauman, lettore sia di Arendt che di Castoriadis, svilupperà in modo interessante questo aspetto in Modernità e Olocausto). Dopo gli anni 1970, quando Lefort e Castoriadis entrano nell’orbita aroniana con sede alla Ecole des Hautes Etudes, Arendt viene anche citata più esplicitamente. In generale direi che il suo contributo è stato letto e recepito più di quanto i socio-barbari fossero pronti ad ammettere. Negli anni 1980, Castoriadis si lascia scappare in una nota che Arendt è stata “la più importante tra i filosofi politici del Novecento”, ma la cita perlopiù per sottolineare le sue divergenze relative al rapporto tra la sfera sociale e quella politica, insomma la accusa di non avere riconosciuto il ruolo preponderante dell’immaginario nell’istituzione delle società.

PULP Il titolo del libro, Contro l’economia, rimanda alle ragioni del suo distacco teorico da Marx: secondo Castoriadis il marxismo assolutizza i tratti storici specifici del capitalismo – il modo di produzione – e tende a concepire il suo superamento come “rovesciamento” del modo capitalistico. Per lui la razionalità capitalista è invece un’istituzione, non diversamente dalle religioni, dalla tecnica o dal linguaggio stesso, tutti modellati e modellabili dall’immaginazione sociale. In questo passaggio alla sociologia tu indichi nell’introduzione anche un ritorno a Weber: ce lo puoi chiarire?  

RAV Castoriadis mette in crisi l’opposizione classica, e piuttosto artificiosa, tra Marx e Weber. Il luogo comune vuole che il primo dia priorità alla struttura economica (rapporti di produzione) e il secondo alla sovrastruttura ideologica (es. l’etica protestante). Opposizione artificiosa perché Weber non era certo ingenuo come lo dipingevano certi marxisti, e teneva in grande considerazione il contributo di Marx. Castoriadis, che aveva letto e tradotto Weber in giovanissima età grazie alla sua precettrice, per poi scoprire Marx negli anni di militanza, finirà per operare una sintesi originale tra i due approcci. Nella sua fase di distacco dal marxismo insisterà sulla prevalenza della sovrastruttura sulla struttura, dell’immaginario sociale sulla sfera economica. Ma questa prevalenza, come già in Weber, non deve essere considerata in modo troppo rigido: perché le società in un certo senso producono l’immaginario di cui hanno bisogno, e quindi il rapporto tra struttura e sovrastruttura è sempre biunivoco. Vero è che nel suo rifiuto del determinismo economico, Castoriadis difende un’idea autopoietica dell’immaginario, ma ricordiamo sempre il contesto polemico della sua teorizzazione.

PULP Per Castoriadis l’eccezione occidentale passa per la sua storia e i movimenti di emancipazione che – dai Comuni del ‘300 al movimento operaio dell’800/900 – impongono al nascente capitalismo diritti sociali, leggi liberali, democrazia rappresentativa, etc. Il modello idealtipico, che spesso richiama, è l’antica Atene, che oggi tendiamo a vedere anche come “un consiglio di cittadini maschi che manda avanti una società schiavistica ”. Abbiamo un problema di eurocentrismo?

RAV In un certo senso è eurocentrico, sì. Ne è piuttosto consapevole e in qualche modo lo rivendica, oltre a tentare ripetutamente di giustificarlo. Io credo che si possa interpretare con l’idea che l’Occidente ha sviluppato una specifica “tecnologia morale”, che incorpora un processo storico laborioso, che è poi stata esportata in tutto il mondo, e questa ipotesi in sé non mi scandalizza. In un altro senso sarebbe molto più eurocentrico proiettare come “universale”, naturale e trasversale un tratto culturale che invece abbiamo costruito.

PULP Castoriadis prevede nei medi anni ‘90 l’impatto dell’industrializzazione cinese sugli equilibri globali. La tesi di Socialisme ou Barbarie era che il capitalismo burocratico sovietico, come il mondo Bizzaro di Superman, si specchiava nel capitalismo monopolistico occidentale, con esiti peggiorativi. Oggi questa tesi ha ancora qualcosa da dire davanti alla competizione sistemica tra Usa e Cina? 

RAV Secondo me quelle sul capitalismo burocratico sono le pagine più attuali, e ho pensato d’includere proprio pensando alla Cina. La “grande convergenza” tra USA e Russia dell’epoca è simile alla grande convergenza che vediamo oggi. E proprio come il capitalismo non ha potuto fare altro, per sopravvivere, che “inseguire” il socialismo reale, noi oggi ci troviamo a inseguire la Cina.

PULP Ho qualche difficoltà a inquadrare Castoriadis come filosofo politico in una galleria ideale del ‘900 con Arendt, Schmitt, Habermas, etc, e non solo per la molteplicità dei suoi interessi. Egli stesso mi pare dica di voler tenere le cose separate, la riflessione da una parte, la politica dall’altra, in quanto fondata su scelte e valori che nessuna filosofia può “dimostrare”…  

RAV Castoriadis diventa filosofo per caso, direi, nel momento in cui la sua urgenza di “uscire dal marxismo”, dall’economicismo, dal determinismo, lo spinge a dovere cambiare i suoi strumenti. Facendosi “critico della critica dell’economia”, diventa teorico dell’immaginario: e quindi filosofo.

PULP L’antologia segue Castoriadis attraverso mezzo secolo, privilegiando certi percorsi. Puoi parlarci delle scelte adottate come curatore?

RAV La scelta era chiaramente di raccontare il percorso di Castoriadis da dentro a fuori dell’economia, ma questo si sarebbe potuto fare anche presentando qualche suo testo “psicanalitico” in effetti, visto che la psicanalisi fu un primo tentativo di uscire dall’economia prima di approdare alla filosofia. Ma non si poteva includere tutto e allora ho voluto raccontare quel percorso concentrandomi sulla dimensione economica, anche perché i testi filosofici e psicanalitici sono stati pubblicati da altri. La mia idea, era di fare un libro che potesse essere letto nel 2022 non soltanto dagli storici del marxismo ma anche da qualche economista o giurista o curioso contemporaneo.

PULP Come “pensatore francese” Castoriadis fa caso a sé. Snobba poststrutturalismo, Foucault, Derrida, Deleuze, etc. Polemico con Lacan, acido su Habermas, sprezzante con Althusser, Wallerstein, ancora meno tenero a destra con von Hayek o BHL.  La sua riscoperta, con la pubblicazione integrale delle sue opere, in Francia,  a che tipo di stagione politico culturale prelude?

RAV In Francia oggi mi pare che sia tornato soprattutto come precursore dell’ecologia politica, che è un movimento molto vivace che invece in Italia è molto più marginale. Se negli anni ’70 e ’80 venne mitizzato come pioniere di una terza via tra capitalismo di mercato e capitalismo di stato, nell’ultimo decennio torna come teorico di una critica radicale della modernizzazione che non rinuncia a “salvare” i portati del liberalismo e del socialismo.