Vi sono scrittori la cui vita, quanto a varietà di esperienze e avventurosità, rivaleggia con la produzione artistica. Un caso paradigmatico è quello di Graham Greene, uno dei più influenti e prolifici autori del Novecento, amato da schiere di lettori e stimatissimo da molti colleghi di generazioni e nazionalità diverse, come Sciascia, Dürrenmatt, le Carré, McEwan e numerosi altri. I romanzi di Greene vanno al cuore della vicenda umana, pullulano di personaggi memorabili e hanno la rara dote di essere a un tempo avvincenti, profondi e letterariamente raffinati. Ciò si deve, ovviamente, allo straordinario talento narrativo, ma anche a un vissuto per più d’un verso romanzesco, che appunto il talento e il mestiere hanno saputo trasfigurare in arte.
Della caleidoscopica esistenza di Greene ci rende edotti una biografia a firma di Richard Greene (omonimo dello scrittore), docente di letteratura inglese all’Università di Toronto, pubblicata dall’editore Sellerio nell’ambito della riproposizione delle opere dell’artista di Berkhamsted. Negli anni la vita di Greene è stata ampiamente scandagliata. Oltre a ben quattro opere autobiografiche, vi sono due biografie complete, quella in tre volumi di Norman Sherry, The Life of Graham Greene, autorizzata dallo scrittore e apparsa tra il 1989 e il 2004, e un’altra, dal carattere più inquisitorio, di Michael Shelden (Graham Greene: the Enemy Within, 1994), senza contare altre ricostruzioni frammentarie o parziali. Le due biografie più organiche hanno generato parecchie polemiche e sono state accusate di volgarità e pruriginosità, anche perché si sono concentrate in misura considerevole sui dettagli scandalistici e sui particolari della vita sessuale di Greene, lasciando in secondo piano alcuni aspetti fondamentali della sua identità. Nel frattempo sono apparsi migliaia di documenti e di lettere riguardanti la sua esistenza e la sua carriera, come ad esempio i carteggi con la famiglia, gli amici, gli editori, gli agenti e i collaboratori. La figlia Caroline Bourget ha reso disponibile la corrispondenza privata intrattenuta col padre e ha rilasciato lunghe interviste che hanno permesso di acquisire nuovi elementi sulle vicende familiari. Sono state poi state rintracciate centinaia di pubblicazioni di Greene ancora inedite, e sono usciti memoir e autobiografie di personaggi che a vario titolo incrociarono lo scrittore e che hanno gettato nuova luce su eventi sconosciuti e dinamiche poco chiare. Esempio lampante è l’autobiografia di un collega di Greene all’MI6, il servizio di intelligence inglese, Tim Milne, le cui rivelazioni costringono a riconsiderare con maggiore attenzione il rapporto dello scrittore con il celebre agente doppiogiochista e disertore Kim Philby. E non da ultimo, studi più recenti hanno mutato la nostra percezione di ciò che accadde nei paesi che Greene visitò, come la nuova storiografia relativa al Messico degli anni Trenta.
Tali sviluppi hanno dunque consentito una conoscenza più approfondita e l’autore di questo libro si è ampiamente servito della notevole mole di fonti ora disponibili per raccontare da nuova prospettiva la biografia di Graham Greene e del tempo in cui visse. Quest’ultima notazione non è secondaria, poiché uno degli elementi maggiormente fecondi di questa biografia è proprio l’aver collocato le vicende esistenziali dello scrittore all’interno dei contesti politici e culturali delle dozzine di paesi che egli conobbe e attraversò. In fondo, però, è vero anche il contrario, e qui l’autore dimostra grande lucidità quando, spiegando i procedimenti che hanno mosso il suo lavoro, scrive: “Non possiamo comprendere i tempi moderni se non conosciamo Graham Greene. Ecco la vita di un singolo individuo sulla quale è scritta gran parte della storia di un secolo”. E già in questa considerazione riposa la grandezza di uno scrittore che rimane non degnamente riconosciuto da certa critica paludata.
Sono comunque tanti i meriti di questa biografia, a cominciare dall’aver dato opportuno rilievo ai tormenti dell’anima che caratterizzarono la vita e l’arte di Greene, averli messi in feconda relazione con le esperienze che lo segnarono in profondità. Greene era affetto da una sindrome maniaco-depressiva, oggi nota come disturbo bipolare, ma ciò da solo non spiega le sue scelte e il significato più autentico delle sue opere. Spirito libero e inquieto, dotato di grande empatia, egli viaggiò nei luoghi più tormentati del mondo e il dolore, l’oppressione, l’ingiustizia che vi colse segnarono a fuoco il suo vissuto e la sua arte: la simbiosi tra vita e creatività è in Greene particolarmente accentuata.
Nel raccontare con inediti dettagli eventi chiave e vicende private, questo lavoro dà dunque pieno conto dell’impegno di Greene nelle correnti politiche, letterarie, intellettuali e religiose del suo tempo, rende onore al suo amore per gli sfruttati e gli emarginati del mondo – per “i dannati della terra”, come li definì Frantz Fanon in un libro che rimane di straordinaria attualità a sessant’anni dalla sua uscita. Perché quella di Graham Greene è una storia di “coinvolgimenti”: rischiò la vita in luoghi alla periferia del mondo come la Sierra Leone, la Liberia, il Messico, la Malesia, il Vietnam, Panama, il Nicaragua; fu uno dei pochi a denunciare che la politica estera americana era una minaccia per il mondo intero, uno dei rari uomini a rifiutare la logica della guerra fredda, cosa che lo portò a non scegliere né l’est né l’ovest, bensì il sud, alcuni dei paesi più poveri e sfruttati del pianeta, “dove la necessità quotidiana rendeva la natura umana molto più facile da riconoscere”; fu energico difensore dei dissidenti di ogni latitudine, di tutti gli scrittori messi in pericolo dagli ideali in cui credevano, e molti di costoro compaiono in queste pagine.
A ben vedere, ciò che rende affascinante questa biografia è proprio la sua dimensione corale: è costituita da una molteplicità di narrazioni intrecciate che dipingono un vivido affresco del cosiddetto “secolo breve”, lo spietato Novecento. E il filo rosso di questo intreccio è la storia di un bambino della borghesia inglese di inizio Novecento oggetto di bullismo; di un giovane universitario dissoluto e oppresso dalla noia ma innamorato del rischio, dell’arte e della scrittura; di un viaggiatore nato che, spinto da un’irrequietezza indomabile, ha cercato e sondato la natura umana nei posti più turbolenti del pianeta, un paladino delle questioni sociali e un militante dei diritti umani, amico di Fidel Castro e dei combattenti per la libertà latinoamericani. È la storia di un uomo lacerato dal dubbio e dal tormento d’una fede sempre ricercata e forse mai davvero trovata, un individuo ripetutamente tentato dal suicidio, dalla vita privata densa di amori e di passioni, spesso rovinose; la storia di un agente segreto e di un mondo di spie, di politica e di guerre. Insomma, è la storia di un uomo dalle molteplici identità, la cui cifra più vera è la contraddizione e lo spirito d’avventura. Soprattutto, “è la storia di un romanziere che padroneggiò la sua arte e la esercitò in modi che cambiarono la vita di milioni di persone”.