René Daumal / “Dio è una sberla”

René Daumal, Il Rovescio della testa, cura di Claudio Rugafiori, Adelphi, pp. 93, euro 12,00 stampa, euro 6,99 epub

Un altro libretto di René Daumal (1908-1944), assemblato dall’instancabile Claudio Rugafiori che da decenni si dedica alla traduzione e alla diffusione in Italia dell’opera del poeta e – difficile trovare una definizione adattabile – “mistico”, ricercatore spirituale (?), francese. Poche pagine ma, come sempre, di un’intensità e di un ardore a dir poco lavici. Aspettiamo ancora una traduzione e pubblicazione più sistematica e filologicamente ordinata di tutte le opere sparse daumaline, qualcosa di simile ai vari volumi di L’évidence absurde, essais et notes, pubblicati da Gallimard, ma per il momento dobbiamo accontentarci delle uscite rapsodiche e fulminanti di Adelphi, che consacrò Daumal fin dai primi passi della casa editrice, come un suo autore di riferimento. Così nei decenni si sono avvicendati i suoi scritti principali da quelli giovanili del Grand Jeu (1967, ristampato nel 2005) la raccolta delle opere del gruppo geniale di liceali, composto oltre che da René Daumal, da Roger Gilbert-Lecomte e Joseph Sima, che fiancheggiò, sfidò e compendiò il surrealismo di Breton; I poteri della parola (1968, antologia di saggi purtroppo mai più ristampata); il romanzo capolavoro – incompiuto per l’immatura scomparsa dell’autore – Il Monte Analogo. Romanzo d’avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche (1968, ristampato nel 2020), l’altro romanzo capolavoro La gran bevuta (1970, ristampato nel 2021); i saggi e la poesia (La guerra santa su tutte) di La conoscenza di sé (1972, ristampata nel 1986); le commoventi lettere de Il lavoro su di sé (1998); i saggi sul pensiero indù e le traduzioni dal sanscrito di Lanciato dal pensiero (2019) (ce ne siamo già occupati qui a cui si rimanda per un maggiore approfondimento storico, iconografico e bibliografico); e per finire di orientare il lettore – ma questa volta non è merito di Adelphi – la raccolta poetica principale Controcielo (Tlon, 2020). Insomma Daumal è un universo. E per comprenderlo pienamente non si può fare a meno di confrontarsi con la figura enigmatica di colui che, a un certo grado della strenua ricerca artistica ed esistenziale del giovane “cercatore di verità”, divenne il suo maestro non di letteratura ma di vita: il mistagogo caucasico Georgi Ivanovic Gurdjieff (1866 –?-1949) – anche su di lui non mi dilungo ma rimando al mio articolo più approfondito su Pulp Magazine.

La breve vita di Daumal si dipanò da una febbrile adolescenza all’ombra delle avanguardie, della ricerca poetica e di traumatizzanti esperienze con la droga. La morte ossessionava il ragazzo che sperimentava su di sé esperienze di coma indotto, cercando di serbare la coscienza oltre la perdita di coscienza, per recare al risveglio il ricordo di un ipotetico altrove dall’altra parte. Affascinanti e inquietanti sono i suoi scritti in argomento, purtroppo non ancora disponibili in traduzione italiana. Decisivo poi per la sua ricerca spirituale sarà il successivo incontro con la cultura indù e lo studio approfondito del sanscrito. Infine, ancora più determinante, il suo ingresso nell’Insegnamento di Gurdjieff, avvenuto per il tramite di Alexandre de Salzmann (il Pierre Sogol – anagramma di Logos – capo spedizione del Monte Analogo), pittore ucraino amico di Daumal e da anni allievo di Gurdjieff. La tubercolosi purtroppo interromperà troppo presto il percorso letterario, esistenziale e spirituale dello scrittore: gli ultimi anni, stoici, della sua esperienza terrestre sono testimoniati dalle lettere raccolte in Il lavoro su di sé.

Anche questa breve silloge di interventi saggistici e narrativi contiene l’essenza dell’esoterismo gurdjieffiano: «il ricordo di sé, lo sforzo cosciente, la sofferenza volontaria. “All’interno come all’esterno, l’uomo che pensa è il violento nemico di ogni fede imposta, di ogni dogma, di ogni tirannia. È per essenza Rivoluzionario. Tu parli di Verità. Ma chi parla in te? Cerca dunque te stesso prima di tutto: ma ecco!, il sentiero si allunga all’infinito, non smetti mai di cercarti. E cercarsi è la stessa cosa che cercare la Verità» (pag. 15, Lettera a sé stesso in forma di parabola). Poi l’eco della sapienza vedantica, la distillazione del potere magico della parola «Ora la voce umana possiede un registro musicale molto ricco e molto delicato: anch’essa è dunque in grado di produrre effetti distruttivi o costruttivi […] Fra la rottura della coppa e la caduta delle mura di Gerico, fra lo “ehi!” che per strada fa fermare un taxi e l’incantesimo che guarisce, strega, compie un sortilegio o sveglia, ci sono solo dei gradi» (pag. 63, Suggerimenti per un mestiere poetico). Oppure la storia de Il grande mago, che rinuncia ai suoi poteri per vivere una vita squallida e morire una morte anonima come tutti «avrebbe potuto essere pascià, alchimista, mago, usignolo o cedro del Libano. Ma ciò sarebbe stato contrario ai segreti disegni della Provvidenza». E infine l’apologo più bello, vero koan zen, de Il catechismo, un prete al mattino davanti allo specchio inizia ad osservarsi, a scindersi in colui che agisce e nell’occhio interno che si guarda agire, e che è per la prima volta consapevole dei meccanismi delle proprie azioni, per la prima volta si ascolta dire messa e quindi ascolta davvero la messa, fa catechismo ai bambini del villaggio e per la prima volta nota che ripete troppo spesso la parola noi. È sveglio finalmente, così interroga i bambini ad uno ad uno: “Dimmi figliolo, che cos’è Dio?” – ogni catechista risponde come può, chi con le banalità usuali “Dio è puro spirito; Dio è amore, ecc.”, chi, un po’ più grande, facendo appello alla filosofia studiata a scuola “Dio è l’essere necessario di cui si può negare tutto”, “Dio è l’essere assolutamente libero di cui si può affermare tutto”, chi risponde in modo assurdo, chi citando il Padre nostro. Tutti si prendono una sonora sberla in pieno viso. Arriva l’ultimo, Epinard, il bambino più scemo, con gli occhi già pieni di lacrime perché sa già che farà la fine degli altri. “Che cos’è Dio?” – chiede ancora il prete – “Dio è una sberla” – risponde il bambino disperato. “Bravo, torna a posto”. È questo il catechismo, alla faccia di Monsignore. E questa è la grandezza di Daumal, sempre pronto a dire cose profonde e terribili con un sorriso e una battuta umoristica.