Quando Mikey apprende la notizia del suicidio di una sua amica d’infanzia, Sally, ne rimane sconvolto. Eppure, non frequentava Sally da lungo tempo, quindici anni, da quando erano ancora ragazzini e all’improvviso Sally aveva deciso di lasciare il loro gruppo di sei amici senza dare una ragione. Da allora, Mikey l’aveva vista in paese in qualche occasione, ma non avevano più parlato. La sua presenza magra, di un biondo quasi bianco, è muta, e allora come adesso li ha lasciati senza dare una spiegazione. Allora come adesso, Sally è un punto di domanda a cui i suoi vecchi compagni sentono di dover dare una risposta.
Il vecchio gruppo di amici si riunisce per il funerale e decidono di passare un fine settimana tutti insieme dopo tanto tempo in cui si sono tenuti in contatto solo occasionalmente, soprattutto via mail. Il weekend si trasforma immediatamente in un tentativo di interpretare quel punto di domanda, capire perché Sally li ha lasciati adesso e allora. Si apre davanti a loro un labirinto di memorie e cose non dette, ricordi giocosi e segreti taciuti.
È stato scritto che il libro tratta di amicizia, ma è probabilmente altrettanto vero che una delle più importanti tematiche del romanzo è quanto poco sappiamo l’uno dell’altro e quanto sia facile perdere un rapporto o interpretarlo in modo distorto. Per anni si sono tenuti in contatto, scrivendosi sulle cose positive e divertenti che animavano le loro giornate: mail leggere e superficiali in cui però non si raccontano quasi nulla di ciò che davvero conta nelle loro vite: una tossicodipendenza, una progressiva e inesorabile cecità, divorzi, aborti… Di nulla hanno fatto parola, preferendo scambiarsi ricette e auguri. Nel rinvangare dei ricordi, emerge potente la solitudine di ognuno dei bambini, l’enormità di quello che non si sono detti allora. Ognuno di loro ha vissuto con una sua versione del passato, incompleta e incentrata su di sé e sulle proprie colpe, che ora viene modificata dagli altri in una disperata caccia alla ragione della scomparsa e della perdita.
In una delle scene del romanzo, i ragazzi si spaventano a vicenda raccontandosi di un fantasma che infesta casa Gunner, il loro luogo di ritrovo. Alice, coraggiosa e cocciuta decide di passare la notte nella casa con una macchina fotografica in caso il fantasma si facesse vivo. Incomprensibilmente, nel rullino troverà una foto di sé mentre dorme. Forse è lo stupido scherzo di uno degli amici? Alice tenta di farli confessare, ma negano tutti, anche ora che sono cresciuti. Il fantasma l’ha fotografata, l’ha definita, ritraendola congelata nel tempo senza lasciare spiegazioni, un’inquietante metafora dell’inspiegabilità di quello che siamo stati, delle identità perdute e dei rapporti che non possiamo recuperare senza neppure capire perché siano finiti.
Rebecca Kauffman è nata nell’Ohio rurale, in un luogo che potrebbe essere simile al paesino descritto nel romanzo. Si è trasferita a New York per diventare musicista e scrittrice. La casa dei Gunner, il suo quinto romanzo, ha vinto il premio Tribùk dei librai.