Radka Denemarková / La gazza azzurra e la cornacchia nera

Radka Denemarková, Ore di piombo, tr. di Laura Angeloni, Miraggi Edizioni, pp. 928, euro 36,00 stampa

Significati inaccessibili solcano le pagine di Ore di piombo, colossale, coraggiosa e inesorabile opera di Radka Denemarková. Un libro con un destino, intessuto di simboli, visionario, complesso e affascinante, intriso di rara purezza. “È possibile vivere e scrivere allo stesso tempo?” si chiede l’autrice. Un contrasto apparentemente insanabile. “Scrivere, l’incessante attività della sua mente, è una stretta passerella sopra la voragine”. Per farlo, forse, occorre vivere “in un duplice tempo, in un duplice mondo”. Dicotomia simboleggiata dal grido lacerante della gazza azzurra, condannata a soffrire per ciò che è destinata a vedere, e dalla cecità della cornacchia nera, alla quale hanno fatto il lavaggio del cervello. Denemarková si muove in equilibrio su un abisso. Da un lato Praga, dall’altro Pechino. Nel mezzo un filo sottilissimo e periglioso. La sua scrittura assume forme inconsuete nel tentativo, perfettamente riuscito a nostro avviso, di fornire al testo pregnanza polisemica.

Entrare in un’altra cultura è quanto di più arduo si possa immaginare. Forte di un universo interiore di inconsueta profondità e di un’esperienza diretta sul campo, Denemarková – Scrittrice nel libro – indaga le dinamiche che muovono la società cinese per riflettere sul mondo contemporaneo. L’ambientazione “esotica” intride di fascino la narrazione, dietro l’atmosfera fiabesca il libro è ben radicato nel reale. L’autrice ha vissuto in prima persona il totalitarismo. La Cina di oggi, come la Cecoslovacchia sovietica, è un luogo nel quale nessuno esprime la propria opinione e, quando si azzarda a farlo, ne paga le conseguenze con il sangue, come è accaduto in Piazza Tienanmen; un Paese dove le intercettazioni sono sempre più sofisticate, dove “il sistema legale difende solo coloro i cui profitti lievitano”. “La Cina è un campo di concentramento dai confini impermeabili”. Denemarková ricorda la primavera di Praga, soffocata dai carri sovietici, eppure c’è ancora chi pensa di aver assistito a una liberazione, e non a un’occupazione. Riflessioni che possono applicarsi all’attuale invasione dell’Ucraina da parte della Russia. “La propaganda è una menzogna collettiva e le calunnie collettive non c’è modo di estirparle”.

A tal punto arriva la manipolazione delle menti. In una realtà in cui l’unica virtù è l’obbedienza, l’accettazione acritica, le persone non rieducabili vengono estromesse e annientate con il sospetto e la calunnia. Il controllo delle menti è anche manipolazione dei corpi. Ai condannati vengono espiantati gli organi. “Una voce legge davanti al corpo mutilato la sentenza”. Il sistema indirizza la vita privata. Il governo cinese detta il numero dei figli, e quindi le dinamiche familiari. Di tutto questo la donna è vittima, schiacciata da un modello patriarcale che non le lascia spazio, né le riconosce dignità.

L’incapacità dell’uomo di imparare dai propri errori è un fardello arduo da sopportare, in quanto mortifica qualsiasi speranza. Il libro non resta confinato a un singolo angolo geografico, per quanto immenso, ma è caratterizzato da una continua erranza, anche temporale, che ci trasporta dalle lande del lontano oriente ai paesaggi dell’Europa dell’est, dal passato al presente. Gli anni Novanta appaiono come un’orgia di potere, dominata dall’ossessione del comando e del denaro. Città elefantiache e impersonali, coperte da una perenne coltre di smog, racchiudono esseri sbiaditi, privi di personalità. Le tecnologie moderne, sempre più sofisticate, intossicano gli uomini finché questi non riescono più a distinguere fra gioco e realtà.

Stilisticamente il linguaggio ricchissimo, potente e visionario, così come le prospettive illimitate, possono ricordare gli universi barocchi creati da Vollmann. Il libro è un romanzo con derive saggistiche, pregno di riflessioni sulla politica, sulla natura del linguaggio e sulla calligrafia, un mondo di enorme vastità nel quale perdersi. La Cina è uno specchio dove vediamo riflesse le nostre paure, i nostri dubbi, le contraddizioni che lacerano la realtà in cui viviamo. Le tematiche della modernità si addensano in un affresco di enorme complessità. L’architettura stratificata, labirintica della narrazione addita le lacerazioni e i mutamenti che scuotono il nostro pianeta. Quali saranno gli esiti e le conseguenze, quando passeranno le ore di piombo evocate dal titolo, è l’interrogativo principale del libro. “La letteratura è la chiave per arrivare alle vite degli altri”. La parola è un’arma potente. Per questo i libri considerati nocivi vengono tratti al rogo, per questo libraie appassionate vengono torturate e offese, per mortificare ogni anelito libertario.

La Cina appare come un disumano meccanismo kafkiano, oppressivo e avido, mentre gli individui svaporano in un nulla colmo di apatia. Anche l’Europa si sta sgretolando, aggredita dalla paura. Le persone sono terrorizzate, i cuori anestetizzati dal capitalismo sfrenato. La divisione fra noi e loro impedisce qualsiasi forma di comunicazione con l’altro. “Si ripete un modello che ha funzionato nel corso di tutta la storia umana. La disumanizzazione”. Con grande coraggio Denemarková vuole dire tutto, desidera attingere alla verità, è stanca di tacere, perché anche il silenzio è menzogna. La cornacchia nera cava gli occhi alla gazza azzurra, incarnazione dell’anima inquieta dei defunti. Esiste la vita ed esiste la morte, e poi c’è la non vita a minacciare il nostro tormentato presente.