Rachel Cusk / Arte e cattiveria

Rachel Cusk, La seconda casa, tr. Isabella Pasqualetto, Einaudi, pp. 168, euro 16,50 stampa, euro 9,99 epub

L’introspezione psicologica è praticata spesso e in modi diversi in letteratura per indagare il disagio del vivere. E anche l’arte è soprattutto espressione di sé stessi, di artisti che celebrano i loro tormenti interiori con opere che tentano di esternare le proprie contraddizioni, i propri dubbi, i propri tormenti. L’arte, in qualsiasi forma, è un veicolo di comunicazione potente, e quella delle immagini probabilmente il più diretto. Un quadro o una foto sono spesso fonte di emozioni immediate, ben più di un romanzo o di un film, che hanno bisogno di tempo per essere elaborate. È quanto accade a M., la protagonista del romanzo della canadese Rachel Cusk, trasferitasi da qualche anno in Francia, che subisce il fascino, forse sarebbe meglio dire l’angoscia, dei quadri di L. visitando una sua mostra a Parigi. In un momento in cui sente bisogno di amore, senso di insofferenza verso la vita e il dolore che l’accompagna, estranea alla propria esistenza, lontana dai suoi gesti e i suoi pensieri l’autoritratto dell’artista che campeggia sui manifesti che presentano la sua mostra la irretiscono e l’affascinano allo stesso tempo. Perché in quello sguardo percepisce una persona simile a lei e quindi decide di andarla a visitare, credendo di scoprire, finalmente, uno spirito affine.

La donna insieme al marito Tony vive in una casa sulla costa dell’oceano, un ritiro solitario dove sembra essere riuscita a convivere con le sue contraddizioni, a trovare un apparente equilibrio. Tony è un uomo pacifico, senza tormenti esistenziali, vive una esistenza tranquilla sbrigando le faccende per tenere in ordine il meraviglioso ambiente che li circonda e l’interno dell’edificio. A volte hanno ospiti, sempre invitati da M., e per questo hanno ristrutturato una seconda casa accanto alla loro. Il tempo, in quel paesaggio selvaggio, sembra scandito dalla marea oceanica che invade periodicamente la palude in cui sorgono le due case. Il pittore passa un periodo di crisi creativa dopo che le sue prime opere giovanili hanno avuto un successo strepitoso, ma i suoi quadri risuonano sempre nella mente di M. che, a un certo punto, decide di mandargli una lettera per invitarlo. Lui risponde abbastanza sgarbatamente dopo aver inizialmente accettato, lasciando la donna delusa. Nel frattempo arriva Justine, figlia del primo matrimonio di lei, con il ragazzo Kurt: i rapporti madre figlia non sono stati mai idilliaci e M. pensa che sia l’occasione per recuperare il tempo perduto e instaurare una relazione più sana. Ma è a questo punto che l’artista torna sui suoi passi e informa M. che vorrebbe accettare il suo invito: nonostante non sia la maniera in cui la donna avrebbe voluto l’incontro, spiega subito a Justine e Kurt che dovranno trasferirsi nella casa principale per l’arrivo dell’ospite.

Il primo impatto con l’artista è deludente: L., ormai vecchio e trasandato, è accompagnato da una giovane ballerina, Brett, che lei individua come una nemica, una potenziale distrazione che avrebbe monopolizzato l’attenzione dell’artista che avrebbe voluto tutta per sé. È una bella ragazza, dalle maniere spicce che non lesina critiche alla casa che li ospiterà e ai modi di M. La situazione di vicinato si tinge di una tensione sempre più evidente: Brett che instaura un rapporto amichevole con Justine, Tony che sembra accettare gli ospiti solo per compiacere la moglie (del resto tutta la sua esistenza è stata piena di dedizione assoluta verso la donna), L. che decide di ritrarre tutti i componenti della famiglia tranne lei (le dice che non riesce a “vederla”) e che la tratta con una sufficienza che spesso sfocia in crudeltà pura, il litigio con Tony quando il pittore decide, dopo le sue reiterate insistenze, di ritrarla. Amore e odio, attrazione e ribrezzo sono i sentimenti di un rapporto che non li avvicinerà mai.

Con uno stile fluido e leggero, senza scosse e perfettamente omogeneo, la storia è raccontata tramite delle lettere a un certo Jeffers di cui non sapremo niente oltre che il nome, Cusk indaga il rapporto tra arte e vita entrando in profondità nel vissuto, presente e passato, dei sei personaggi che vivono nel romanzo, tutti con uno spazio interno che nasconde ferite indelebili. Ognuno diverso ma speculare a un altro, mondi interiori che vengono a mano a mano a galla: L. vs M., Brett vs Justine, Kurt vs Tony, formano una fauna variegata che rappresenta buona parte della società attuale. Tutti vivono, a modo loro, tormenti e frustrazioni, sentimenti ed emozioni ma il modo in cui li affrontano è diverso: L. e M. sono adirati con la vita, lui con le opere che non riesce più a dipingere e lei per il suo carattere inconcludente, con il suo bisogno di cominciare a esprimere contraddizioni e dubbi, le sue paure e la voglia di trovare il proprio posto nel mondo. La leggerezza invece, e non la superficialità, sembra essere la filosofia di vita di Tony che affronta i problemi sempre con razionalità e impegno ed è, senza dubbio, il personaggio che esce meglio dalla narrazione.