Quentin Tarantino / C’era una volta…

Quentin Tarantino, Perché è divertente. Interviste, cura di Gerald Peary, tr. di Sara Bilotti, minimum fax, pp. 230, euro 20,00 stampa

Un libro su Tarantino. Molto interessante. Un libro di interviste. Ancora più interessante. Peccato però che il libro in questione – appena tradotto da minimum fax – risalga al 2013, più di 10 anni fa e che le interviste, che partono regolarmente dall’inizio della carriera del regista statunitense (Le iene, 1992), arrivino però solo a Django Unchained (2012), trascurando i due film successivi (The Hateful Eight del 2015 e C’era una volta a… HollywoodOnce Upon a Time in Hollywood del 2019). Nessuno si è minimamente preoccupato di integrare il testo in traduzione affidandolo a un curatore degno di questo nome e aggiornando il testo all’attualità. Analoga operazione era stata fatta con Guida per i perplessi di Werner Herzog, di cui abbiamo già parlato: anche quello un libro vecchio di dieci anni e con una filmografia successiva ben più abbondante, considerata la prolificità del cineasta tedesco. Almeno però in quel caso un lavoro di curatela più serio aveva previsto in appendice un aggiornamento con le principali notizie utili su tutti i film trascurati (se lo si è fatto per le decine di film di Herzog, lo si poteva fare anche per due soli film tarantiniani). Non è certo la stessa cosa, d‘accordo, rispetto alla testimonianza dell’autore in persona, ma è pur sempre qualcosa. Il libro ha almeno la parvenza della completezza e un minimo di correttezza in più. Solo la parvenza e solo un minimo, forse.

Ha senso invece, ci si chiede, pubblicare un libro superato dai tempi e incompleto spacciandolo per una monografia che il lettore ha tutti i diritti di considerare ed esigere integrale e che invece non lo è? Non direi proprio. Sarebbe stato più onesto verso l’acquirente scrivere in copertina, invece che solo Interviste, un più preciso Interviste fino al 2012, così che si potesse eventualmente non comprarlo (io non lo avrei comprato). O si curano e rinnovano i libri, quelli di cinema più degli altri, aggiornandoli all’attualità, o, se si intende limitarsi a una semplice e pigra traduzione (come in questo caso), che si scelgano testi da tradurre più recenti e non vecchi di dieci anni.

Detto questo le interviste a Tarantino sono ovviamente brillanti e divertenti, ma è inutile soffermarsi a parlarne: di Pulp Fiction (1994) sappiamo già tutto, del resto quasi tutto, ci interessava piuttosto il Tarantino contemporaneo ma in questo libro non ne troviamo traccia e nemmeno una nota a piè di pagina ci aveva messo sull’avviso. Meglio ribadire dunque solo la scorrettezza e l’approssimazione di una edizione italiana concepita in questo modo. Speriamo che minimum fax cambi rotta nei suoi prossimi libri di cinema, perché così proprio non va.