Andrea Vitali, Nome d’arte Doris Brilli, Garzanti, pp. 260, euro 18,60 stampa, euro 5,99 ebook
Pura energia. Pura vitalità si potrebbe anche dire, se ciò inevitabilmente non sembrasse un pessimo gioco di parole fra un termine del vocabolario e i dati anagrafici dell’autore di questo e altri romanzi, tutti contraddistinti dallo stesso sapore. Ciò che dalla pagina di Andrea Vitali traspare, qualunque trama racconti, è un misto fra umorismo e sagacia, fra rappresentazione di un microcosmo e capacità di toccare corde e temi dal respiro molto ampio. Il tutto servito poi con un tocco personale e inimitabile, tanto da renderne l’autore riconoscibile dalle prime righe. O da righe a caso. Tu le leggi e dici: Vitali. Il che rende ben meritata la gita nelle storie che la sua voce narra.
In Nome d’arte Doris Brilli ritroviamo una vecchia conoscenza, il maresciallo Ernesto Maccadò, già protagonista di altri romanzi di Vitali (Olive comprese e La signorina Tecla Manzi, tanto per citarne un paio a caso), qui ripreso quand’è stato trasferito, fresco di nomina, dal profondo Mezzogiorno a quel di Bellano, sul Lago di Como.
Il nefasto clima invernale lascia spazio ai primi vagiti della primavera, nell’appena cominciato Maggio del 1928. I cieli tersi e le temperature più gentili portano a spalancare le finestre e rimettono il sorriso nel posto che deve occupare sul volto della moglie Maristella. Insomma, Maccadò si trova in uno stato relativamente sereno quando i colleghi di Porta Ticinese a Milano, fermate due persone per schiamazzi notturni, un uomo e una donna, decidono di riportare a Bellano la seconda, poiché sua terra di origine. E affidano a lui il compito di ricondurre in famiglia Desolina Berilli, in arte Doris Brilli, cantante e ballerina da anni lontana da quei luoghi, e da altrettanto tempo in rotta coi genitori.
I lettori di Vitali conoscono la solfa: le sue storie si distinguono per l’uso di un linguaggio fresco e al contempo colto, che si rende portavoce di termini desueti in grado di evocare e rappresentare linguisticamente epoche trascorse. Di certo non sono trame, quelle di Viali, nelle quali omicidi e intricati misteri da cardiopalma la fanno da padrone. È per tanto lampante che un maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in contesti simili sia causa e pretesto per raccontare tutt’altro. Questo romanzo in particolare porta a riflettere su quanto a volte la leggerezza intelligente di un autore permetta di affrontare temi delicati e profondamente attuali con grande rispetto, capacità di osservazione e senza alcun pregiudizio.
Pensiamoci un momento: quante volte nei salottini televisivi, dai più trash ai più seriosi, l’amore omosessuale divide ancora le platee? Quanto pregiudizio, per l’appunto, serpeggia a tutt’oggi nel Belpaese a proposito di unioni civili fra persone dello stesso sesso? Quanta mediocrità viene a bella posta data in pasto all’opinione pubblica affinchè l’argormento venga strumentalizzato, e non analizzato, discusso, confrontato? Quanto si coltiva l’ignoranza e quanto si trascura la conoscenza? Beh, scusate se è poco: Vitali sposta tutto questo e lo colloca nell’Italia degli anni Venti, raccontando di un amore fra donne che compone un’immagine di una purezza sconvolgente.
Quella sì che ha ragione d’essere – e, giustamente, di sconvolgere: la purezza. Che illumina il pressapochismo, che inonda di luce gli sguardi bassi, che disapprova il disappunto, che si apre di fronte alla chiusura – ma non per questo cede il passo allo smarrimento, al senso di sconfitta. Al rifiutare quell’amore che, come diceva qualcuno, non si deve pronunciare.
In un periodo così confuso e caotico, dove i diritti umani vengono messi in quarantena peggio dei virus, libri del genere assomigliano alla primavera che Maccadò respira finalmente a Bellano: una ventata d’aria fresca, anche perché non si pongono su nessun piedistallo, non dettano legge, né millantano teorie. Si prendono però il non facile onere di intrattenere in modo onesto il lettore, tanto da strappargli perfino non pochi sorrisi. Ecco perché vale la gita farsi un giro dalle parti di Bellano, quando la guida al tuo fianco si chiama Andrea Vitali.
Perché come vada vada, hai sempre la netta impressione che ne sia valsa la pena.