Tornare in quel di Casedisopra, per chi non s’è perso nemmeno uno dei romanzi finora scritti a quattro mani dalla coppia Guccini-Macchiavelli, è un po’ come fare ritorno al paese nel quale si è cresciuti. Non nati, benintesi: cresciuti. Per quanto tu, oh impavido lettore, possa vivere in una grande metropoli da quando hai emesso i primi vagiti, le stradine ripide e i boschi e i sentieri e i fiumi descritti dall’irriducibile duo ti risulteranno familiari quanto la casa dei nonni. Ecco perché a sentir parlare di Elfi sembrerà tutto normale.
E a Casedisopra è normale, in effetti. In quella zona della catena appenninica, gli insediamenti nelle aree più rurali e abbandonate da parte di questa strana tipologia d’individui sono noti a tanti. I turisti vanno matti per gli Elfi. Una stirpe di fuggitivi dalla società, che per i motivi più disparati – e, a volte, disperati – ha deciso di rifugiarsi nella natura, vivendo in equilibrio con essa e in totale armonia comunitaria. Gli autoctoni che ancora storcono il naso sono rimasti in pochi, i rapporti tra Elfi e civili si mantengono ottimi e manca poco al Rainbow, la Festa dell’Arcobaleno, durante la quale gli Elfi scenderanno per le strade proponendo al pubblico le proprie specialità. Chi fabbrica utensili, chi suona e canta, chi cuce sandali.
E sono proprio i sandali addosso al cadavere rinvenuto in quei giorni fra i boschi a far fiutare a Marco Gherardini, Ispettore della Forestale meglio noto come Poiana, la pista degli Elfi. Si tratta di uno sconosciuto, che però indossa quel particolare tipo di calzatura. Cosa l’ha portato fra quei bricchi? Qual è la sua storia?
Inseguendo le risposte a queste domande Poiana s’immerge in un’indagine, forse l’ultima che condurrà in seno al corpo di cui fa parte e che a breve verrà assorbito dall’Arma dei Carabinieri. Senza dubbio, ma questo davanti a quell’ignoto cadavere ancora non poteva immaginerselo, si rivelerà l’indagine che più di altre lo porterà a mettersi a nudo con sé stesso, fino a veder mano mano assottigliarsi la linea di demarcazione fra lui, un cosiddetto civile, un individuo spigoloso quanto le montagne che conosce a menadito ma al contempo bisognoso dei basilari confort della vita moderna, e gli Elfi. Che si lavano nei fiumi, quando si lavano, e vivono senza corrente fra ruderi che cercano di rendere casa propria. Una casa dalla porta sempre aperta.
È l’incontro col personaggio femminile di Elena, una ventenne che lo incanta con la sua voce, la sua chitarra e il suo mistero, a mettere Poiana sulla strada giusta. Che poi, al termine della corsa, ci sia la soluzione dell’enigma o la risposta alle domande di una vita intera, saranno solo le pagine di questo romanzo a dirlo. Pagine che si leggono volentieri e che, di tanto in tanto, mettono in luce la mano dell’uno e dell’altro autore.
Quando la prosa si fa riflessiva, descrittiva, è fatale presumere ci sia dietro il gusto, il pensiero e, perché no?, la musicalità di Guccini. Quando i dialoghi si susseguono serrati e il colpo di scena capisci che è lì, dietro l’angolo, beh: il papà di Sarti Antonio ha probabilmente fatto il suo.
Di sicuro Tempo da Elfi è il nuovo capitolo di una consolidata e sana coppia che da troppo tempo disattendeva l’appuntamento con una nutrita schiera di lettori in paziente attesa di un’avventura da aggiungere sullo scaffale. E si ha l’impressione che a scriverla, quest’avventura, il buon Cecco e il bravo (in senso manzoniano) Loriano si siano divertiti davvero un bel po’.
Hai visto mai che ci prendano gusto ancora?