Più PULP Libri, Più Liberi

Non provo neanche a scrivere un pezzo su Più Libri Più Liberi; butto lì delle cose che mi sono venute in mente mentre m’aggiravo tra gli stand e le sale dentro la Nuvola (che sarebbe più corretto chiamare lo Scatolone, o l’Hangar).

Mi sembrava d’essere un Dante dei poveri (molto poveri), guidato da un Virgilio assai più qualificato di me: ci si aggirava tra gli stand, e Nazzareno mi faceva l’anagrafica di ogni editore, traduttore, editor, addetto stampa. Senza di lui, mi sarei perduto in quella selva di carta.

Un corridoio bloccato: un capannello attorno a un tipo alto magro e occhialuto. Parlano tutti con accento siciliano. “Quello è Pif”, sento dire. La mia guida conferma.

Vado a sentire Beatty. Simpatia istintiva: un uomo modesto, simpatico a pelle, che dice cose sensate. Cercano di fargli fare l’oracolo sui destini degli Stati Uniti. Insistono con Trump. Lui si schermisce, dice che non è un analista politico, che di politica parla solo col suo giornalaio di origine mediorientale. Già uno che ammette di non sapere pur avendo un microfono davanti e tanti occhi puntati addosso è da rispettare.

Andiamo da Atlantide, editore senza distribuzione. Ma come fanno? Semplice, mi dicono, mandiamo i libri solo a librerie di fiducia. Come si faceva una volta. E non fanno ebook. Be’, il coraggio, in Italia, non abbonda; quando se ne vede, fa una certa impressione. Ci ritrovo una vecchia conoscenza, e per l’ennesima volta ho la sensazione che l’editoria è una sorta di grande famiglia. Io mi sa che sono lo zio che si vede una volta ogni morte di papa…

Finalmente la domenica mattina, dopo coda e lenta ascensione su scala mobile (mentre quella in discesa è già rotta e in riparazione, stile Metro Roma…), entriamo nella nuvola vera e propria. L’Auditorium, che sarebbe il gran capolavoro dell’opera, è chiuso. Comunque ci muoviamo in quello che da fuori sembra un disco volante in avaria, da dentro un calamaro gigante col mal di pancia. Si sta radunando gente per ascoltare Gigi Proietti e Valter Veltroni. No, non è una battuta.

La Nuvola. A PLPL ci associavo il Palazzo dei congressi; vederlo in questo scatolone di vetro e acciaio con un disco volante ammaccato che ci incombe sulla testa mi fa un effetto straniante. Com’è la Nuvola? Mah, un terminal aeroportuale. Ti guardi intorno cercando i tabelloni con i voli, metti le mani in tasca e ti chiedi dove hai lasciato la carta d’imbarco.

Commemorazione di Severino Cesari. Mi ricorda un po’ “L’accostamento ad Almotasim” di Borges, uno dei suoi racconti più geniali; il protagonista scopre l’esistenza di un uomo eccezionale non incontrandolo di persona ma dall’effetto che ha avuto sulle persone che l’hanno conosciuto. La sala era piena, e avevi la sensazione che tutti lo conoscessero. Alla fine la presentazione del suo libro postumo, nato dai suoi scritti su FB, era in secondo piano; in primo piano lui, in absentia.

Passi per i corridoi; vedi lo stand di BAO preso d’assalto anche se oggi non c’è Zerocalcare. Poi ti capita di soffermarti davanti a quegli stand di piccolissime case editrici mai sentite che non raccattano neanche un visitatore. Meglio non infierire e non fare nomi. Però che malinconia.

Il panino che ho preso al baretto (un bancone, più che altro, perso nella vastità dello Scatolone) pur riscaldato aveva un cuore di ghiaccio. Sicuramente era stato in frigo fino a pochi minuti prima. Questa è continuità col vecchio PLPL nella sua sede storica…

Giravo per gli stand con la precisa intenzione di presentarmi ai vari addetti stampa per fargli sapere che le notizie sulla morte di PULP Libri erano esagerate. Ho imparato una lezione: l’addetto stampa non è sedentario. E’ mobile. Ce ne fosse stato uno presso lo stand della sua casa editrice. Vabbè, s’impara sempre qualcosa.

Anche ai banconi-bar della Nuvola, come in tutta Roma, i barman e cassieri ti si filano solo quando hanno finito di parlare, discutere o litigare tra di loro. E’ proprio il salone del libro romano, in tutto e per tutto.

Fuori dalla Nuvola, una coda biblica, qualcosa per l’appunto uscito dalla Divina commedia. Improvvisa passione pei libri? Ma de che, stamo a Roma. Qui non si legge. E’ semplicemente che volevano andare a vedere la Nuvola da dentro, tutto lì.

Paghi per un caffè d’orzo in tazza piccola. Vai dal barman. No, il caffè d’orzo non c’è. La notizia non è riuscita ad arrivare fino alla cassa, tre metri più in là. Lo spazio dentro la Nuvola non è affatto euclideo.

Incontrare gente ben più giovane di me che quando gli dici “PULP Libri” non ti guardano con l’occhio smorto, ma subito dicono sì, che lo conoscono, che sanno della Rivista, ma non aveva chiuso? Sono cose che scaldano il cuore.

Una presentazione che mi ha incantato: quella di Emilio Franzina, storico ben noto dell’emigrazione italiana, che presenta le sue nuove monografie sulla Grande guerra, sul cosiddetto fronte interno, cioè cosa succedeva ai civili durante il conflitto; non solo, ha anche ricostruito il mondo della prostituzione riservata ai soldati, e organizzata dallo Stato. Sarei stato lì a sentire per tutta la mattinata, ma alla fine ci hanno cacciati; cominciava la successiva presentazione. Peccato.

Uno stand che mi ha colpito: quello di Tunuè. A parte la lodevole naturalezza con cui vendono narrazioni grafiche e solo verbali, il fatto che abbiano la loro sede a Latina mi commuove. Non tanto perché vi nacqui, ma perché tra tutti i capoluoghi di provincia italiani è quello che mi resta più difficile associare all’espressione “casa editrice”. Vi auguro ogni bene, sinceramente.

Incontro una vecchia conoscenza dei tempi che traducevo per Fanucci. Traduceva anche lui, e poi a differenza di me ha continuato. Scambiamo due chiacchiere, misuriamo il tempo passato guardandoci in faccia. PLPL è un po’ una riunione di famiglia. Spero un matrimonio o un battesimo, e non un funerale…

Andare nel caffè letterario e sentire una voce che associ automaticamente con Fahrenheit. Una voce che per me non ha mai avuto un volto (ascolto la radio, ma non voglio vedere chi parla, altrimenti che radio è?). Mi guardo con Nazzareno. No, Sinibaldi non conduce più la trasmissione. De Mieri? Calaciura? Cimatti? Alla fine guardiamo il programma: è Tommaso Giartosio. Comunque, mi sento un po’ destabilizzato. Le voci della radio dovrebbero restare invisibili, no?

Meridiano Zero, scopro, non è più di Vicentini. Da qualche tempo. Ricordo in un lampo il mio incontro con Vicentini in una vecchia edizione di PLPL. Ma da quanto tempo è che ci vado? No, lasciamo stare. Meglio non rivangare troppo.

Vado allo stand di BAO. Chiedo dell’ufficio stampa. L’addetta c’è, e coerentemente ha i capelli colorati stile fumetto. L’unica che presidia il suo stand senza arrendersi. Vorrei quasi abbracciarla.

Incontro una vecchia conoscenza, uno degli editor di punta di oggi. Mi pare Stetson sul ponte di Londra nel finale della prima parte della Terra desolata. Gli chiedo se ha dormito nella Nuvola. Mi dice che gli manca solo quello. (Ciao, Luca!)

Scatto foto qua e là. Mi aggiro. Mi ritrovo davanti allo stand dell’Indice, che sarebbe un po’ la concorrenza. Non c’è nessuno, tranne l’addetta, che legge. Apprezzo la coerenza, scatto una foto, è quella sopra il titolo. Buon lavoro anche a loro!