Più che umana biografia

René De Ceccatty, Elsa Morante. Una vita per la letteratura, tr. di Sandra Petrignani, Neri Pozza, pp. 414, euro 20,00 stampa, euro 9,99 epub

Vita privata e brandelli di virtù, nella Roma ancora capitolina degli anni Sessanta (e seguenti, almeno fino alle soglie dei ricattatori Ottanta) se ne vedevano, e si ascoltavano, e si leggevano, quando sui sanpietrini tacchi e suole di Moravia, Pasolini, Rosselli, e Morante, strisciavano e battevano come se lì ci fosse il solo reame esistente della letteratura. Nessuno era abbastanza d’accordo con nessuno, la guerra lasciava ombre sinistre dietro i palazzi del potere e negli animi di questi scrittori il cui genio se la faceva con regresso, preistoria e nuovi costumi. Con rapide incursioni in deliri, questioni familiari e sessuali, e un rapporto talmente disperato con la scrittura da far presentire odore di suicidi e masse polverose, tossiche, nelle stanze da loro abitate. La storia, negli anni Settanta è La storia di Elsa Morante, è quel tascabile (ma di grossa mole) che scivola nelle borse degli italiani frequentatori (ancora) delle librerie e che fa parlare e discutere di sé in quotidiani, settimanali e (in quest’ultime molto meno) riviste letterarie.

Arbasino giudicava Elsa “molto antipatica”, non sapeva perché ce l’avesse con lui ma probabilmente lo sapeva benissimo. Il gossip spadroneggia nella vasta bolla romana, e a dire il vero piluccando qua e là si otterrebbe un’ampia e gustosissima storia della Letteratura da leggere a tarda sera davanti ai caminetti. Storia probabilmente più seria di quella adombrata da certi saggi che si ritrovano (ahinoi) nei magazzini di Amazon. Il libro di René De Ceccatty però si distingue ampiamente, senza timore o tarde reverenze s’inoltra nell’infanzia e nella maturità della scrittrice, mai tralasciando indagini e motivi del suo stare in eterno nelle fiamme della controversia. Il racconto delle primissime prove narrative, precoci (aveva otto anni quando scriveva racconti e filastrocche per i fratellini) alimenta una tenerezza che presto si stempera addentrandoci nei “cortometraggi” che proiettano incontri amorosi e letterari, primo fra tutti quello avvenuto con Moravia alla Birreria Dreher vicino a Fontana di Trevi. Anno 1936, anni 24 per Elsa e 29 per lo scrittore. Le date sono importanti, almeno quanto la miniera di particolari esistenziali racchiusi in questo libro, e l’accurato inseguimento di scrittori in continui gesti, tra artisti più o meno d’avanguardia e registi tutti legati da dolorose (ma quanto utili alla cosiddetta produzione artistica) storie d’amore e di fame (letteralmente, ma soltanto per alcuni). E Pasolini? Il rapporto, filtrato dal poeta Sandro Penna e naturalmente da Moravia, è raccontato nello splendido capitolo X, quando le forti tematiche dell’omosessualità s’incrociano alla più grande prosa e poesia di cui questi protagonisti sono capaci. L’isola di Arturo vive dentro ossessività martellanti, così come la passione per Visconti, mentre i romanzi di Pasolini consacrano gli adolescenti malavitosi delle borgate.

Riconoscersi poeta, per una Morante innamorata a suo modo dei poeti, permette a De Ceccatty d’inserire ulteriori racconti nella propria ricerca e nel libro che la testimonia. Ci sono dunque le nebbie scaltre dell’amicizia, le debolezze della debuttante, le occasioni, e anche qualche invettiva (come quelle di Adriana Asti) da mettere in conto nell’ultima parte della storia, puntualmente narrata e messa agli atti. Certo le angosce non mancano nelle vie di Roma tanto contagiosa quanto “esplicita”, con tutti i modus vivendi di questi stanziali delle lettere e delle arti. La frequentatissima Capri di quel periodo, però, non appare da meno, fra scrittori, architetti, artisti, rivoluzionari sulle orme di Alberto Savinio che nel 1926 interpreta il ruolo di “guida turistica” a uso di imbarcati e sirene in cerca di paradisi erotici e fauna locale. Scrive: “vita oziosa, flirtesca, spolverata di un ibrido tritume di sentimentalismo, estetismo mitteleuropeo e di culto della natura”. Questo punto magnetico della terra, dunque, diventa rifugio creativo di Moravia, Morante, Malaparte, La Capria, Norman Douglas, Graham Greene e una miriade di altri stranieri.

Le biografie testimoniano le vite mediterranee, multisessuali, su cui ampi miti si sono fondati attraverso carte del tutto vere o del tutto false. Basti pensare all’occhio cinematografico di Fellini calato nel bel mezzo di una Via Veneto interamente ricostruita al teatro 5 di Cinecittà a via Tuscolana. Un regno trasposto, luoghi geografici uno dentro l’altro. La biografia di Morante diventa la biografia di scrittori, parenti, amici, anche di santi e attori: Carlo Cecchi in primis, esecutore testamentario, e con Cesare Garboli curatore delle Opere nei Meridiani mondadoriani. Qualcosa da non inseguire ma in cui immergersi fino al collo, perché la consapevolezza di queste storie dell’altro mondo (come definirle altrimenti, dalla nostra misera attualità?) può convertire da ignavia, ignoranze colpevoli, e dare l’ostracismo a chi odia il mare, i gatti e i bambini. Tutti amati da Elsa Morante, come scritto in un autoritratto del 1960.