Le novità postmortem hanno l’inconfondibile fisionomia di pensieri complessi, se l’autore – il poeta – non teme di rischiare nei mesi antecedenti la fuga delle ultime energie. le novità si rivelano intrepide, si concentrano nei brogliacci e nelle liste dei capoversi, mutevoli quanto non sono più invece gli ultimi giorni. Giorni a cui ci si appende chiedendo a essi ulteriori schiarite – pensieri che possano donare, a chi resta, qualcosa in più di quanto già si è dato.
Pier Luigi Bacchini affida al figlio Camillo – nell’aprile del 2013 – due carpettoni contenenti le poesie di un nuovo libro da considerarsi come ultimo tassello di un percorso già definito con l’ultima raccolta, Canti territoriali, uscita nel 2009. Camillo Bacchini ce ne parla nella nota che descrive l’origine, la messa in opera, e la pubblicazione di questo Staminali eterne. Le indicazioni del padre sono precise, esatte, della cui sorte non dev’esserci ambiguità alcuna. Tutto deciso, forma e composizione, della nuova raccolta. Tranne il titolo («Del resto, il titolo è sempre l’ultima cosa»). Libro che deve uscire «presso un editore vero, hai capito cosa voglio dire». Le parole del poeta sono ferme, chiudono il discorso. Pochi mesi dopo, in gennaio, la morte.
Volontà esaudite dalla puntuale devozione del figlio Camillo, nel libro che possiamo leggere nell’ultimo scorcio del 2024, prova di una fedeltà alla propria ispirazione perseguita da Bacchini fin dall’esordio avvenuto settant’anni fa con Dal silenzio d’un nulla (Schwarz, 1954). Un nuovo capitolo nella vicenda poetica che ritrova conferma nell’introduzione – concepita come collettore di un nutrimento conoscitivo – di Alberto Bertoni che, in poche pagine riesce ad assicurarci la conoscenza del poeta parmense in quell’ambito della situazione poetica che molti definiscono “fra due secoli”. Bastano poche frasi perché il lettore possa addentrarsi nella dinamica del canone (dei canoni, per la verità) che vede in prima fila, evidentemente, Attilio Bertolucci e Pier Paolo Pasolini, in quella che viene definita l’Officina parmigiana. Dinamiche e rapporti che devono rimandare all’Oscar riassuntivo Poesie 1954-2013.
In Staminali eterne ritroviamo le anatomie vegetali care al poeta, le iridescenze di una lingua che non rinuncia alle metamorfosi corporali, sempre descritte con fervida scioltezza amorosa. Il fiorire erotico è sempre accompagnato da una musicalità nella scrittura che a Bertoni ricorda (giustamente) il primo Montale degli Accordi. Ogni poesia trascorre velocemente dalla sfera umana dei sentimenti all’altrettanto umano trasporto verso coloro che stanno sottoterra, non tanto visti come Foscolo li vedeva ma come custodi di una comunità territoriale: il magnifico incipit dei Sepolti, in quest’ultimo libro lo testimonia. La storia, il tempo, la natura agricola e le variazioni delle cellule viventi si accampano nelle poesie di Bacchini come in una coltivazione che non teme salti di clima: nulla, se non la naturale evoluzione delle forme. Un’onda amorosa, pullulante, verso cui Bacchini si è da sempre rivolto. E che anche in questo lascito si rivolge, per lui e per noi.