La Pianura di Marco Belpoliti è divisa in Centurie, tra asfalti moderni e colture d’ogni genere (vegetali e animali), su cui si assaggia la velocità dei piloti di motociclette e degli automobilisti domenicali (veloci anch’essi, qui): la misura topografica inventata dai Romani è ancora rintracciabile non solo sulle carte regalate allo scrittore dagli amici, ma sui terreni natii: confini acquei, argini, limitare di paesi e città nelle sconfinanti Emilia e Romagna. Tutto documentato e ammirabile nelle aeree e luminose immagini di Luigi Ghirri: il fotografo di quelle anime, di quei luoghi che appaiono e scompaiono in un batter d’occhio, tanto che le forme attraverso il nebbione bisogna bramarle e sognarle, e le immagini diventano un’abitudine avventurosa fin dall’infanzia. E si rintracciano, molto tempo dopo, nelle figure di poeti, pittori, cantanti, sempre vivi anche dopo averli sotterrati con tutti i rimpianti del mondo.
Belpoliti in Pianura colloquia con qualcuno che non si vede, ma che ascolta e forse risponde con le proprie mute visioni. Non lo sappiamo ma possiamo presumerlo. Così come possiamo ripercorrere le strade, le Vie Emilie universali (se ne trova traccia perfino Oltreatlantico) di questo mondo piatto interrotto solo da filari di pioppi e dai resti, minuti in verità, delle antiche foreste fatte fuori dall’agricoltura meccanizzata. Meglio seguire i canali, meno pericolosi degli asfalti, per raggiungere le case degli amici che non ci sono più. Dimore trasformate dal tempo e dagli uomini, quasi mai identiche alle originali. Come la dimora di Ghirri, o quella di Corrado Costa (poeta e avvocato) a Mulino di Bazzano dove stazionarono per alcuni anni i poeti Adriano Spatola e Giulia Niccolai. È nata lì la grande avventura della poesia sperimentale, cosmopolita, post-futurista e post-Gruppo63, dove la coppia negli anni Settanta iniziò a pubblicare i libri degli amici e la rivista Tam Tam. Una “cucina” redazionale composta di macchina offset, linotype e, secondo la leggenda, gran volume di vini. Da Modena, dal Duomo che appare come una scheggia cosmica atterrata chissà quando (ma è costruito con materiali romani), e costellato di figure fantastiche e semi-mitologiche, come fantastico è stato Antonio Delfini mentre passeggiava sui canali interrati (Modena è fondata sulle vie d’acqua), non ci vuole molto per raggiungere il torrente Enza e Bazzano.
A Belpoliti bastano i capitoli del suo libro per trasportarci nel cuore geografico (e letterario) di terre che contengono biografie e autobiografie, da Piacenza al Delta, il solo vero delta fluviale esistente nell’immaginario comune. Tipi bizzarri l’hanno visto, tipi di varie generazioni con tutti i possibili mezzi dell’arte: pittorica, musicale, poetica, finanche sessuale, tra indiscipline mentali e corporali e discipline vere, come quella che consente di tramandarsi da un secolo all’altro minuscole botti di aceto balsamico, o libri che sanno resistere al disfacimento polveroso delle librerie. Celati, Tondelli, Camporesi si mescolano alle anguille di Comacchio, tra di loro parlano di Liguri, popolo più antico dei Celti e probabili progenitori. Documenti alla mano, è presto detto: i Liguri scesero in pianura, sino al Delta e probabilmente più giù, verso il centro dell’Italia, forse persino in Sicilia.
Ma quante storie racconta il reggiano Belpoliti, benemerito curatore (insieme a Elio Grazioli) di una grande rivista, Riga, che da decenni ci offre eccelse monografie dedicate ai grandi nomi della letteratura? Sono moltissimi i racconti impaginati con la stessa visione grandangolare dei fratelli Bertolucci, cineasti, e con i familiari sguardi di Bertolucci padre, beneamato poeta, dopo aver valicato l’Appennino parmense. Memorie, abitudini e attitudini, una selva di nomi che avanzano nella luce riflessa e soffusa, espansa e pulsante come il tempo e capace di durare all’infinito. Tutti “ragazzi”, cari al dio della scrittura e della visione, e all’occhio attento del Paesaggio, tutelante e misterioso quanto basta per fondare negli animi qualcosa che esiste soltanto nella Pianura. Chi abita di fronte al Tirreno non sa dare un nome preciso a quel cuore geografico, ma ne concorda il fascino e se ne sente attratto, addirittura ricerca le strade migliori, ferrate o asfaltate, per lì giungervi a corroborarsi rasente la terra fino in fondo al Po. E così come si conclude (temporaneamente) Pianura, l’ultima parola anche qui necessariamente è: “eccetera”.