Phœbe Hadjimarkos Clarke / Il cosmo rurale

Phœbe Hadjimarkos Clarke, Aliena, tr. di Maria Sole Iommi, Atlantide, pp. 240, euro 19,00 stampa, euro 10,99 epub

Per Phœbe Hadjimarkos Clarke, scrittrice e traduttrice franco-americana, è difficile guardare al mondo senza inquietudine, ha spiegato in un’intervista. Così il suo secondo romanzo, Aliena, vincitore del prestigioso Prix du Livre Inter del 2024 e pubblicato quest’anno da Atlantide nella traduzione di Maria Sole Iommi, si fa crocevia delle ansie e preoccupazioni etiche e sociali della nostra epoca costruendo una lingua tutta sua. Una prosa spezzata, in continuità con le tendenze della letteratura francese contemporanea, dotata di un immaginario destabilizzante e della capacità di servirsi di strutture appartenenti a generi diversi. Oltre a una discreta quantità di anglicismi.

Una commistione che sfida, pagina dopo pagina, ogni forma di dominazione e interroga l’ordine prestabilito. Al centro della scena c’è Cournac, una campagna dai contorni nebbiosi e spettrali, dove il bestiame viene massacrato e mutilato, cacciatori inferociti vanno alla ricerca del colpevole e si fa strada il timore di presenze extraterrestri. Vi si trasferisce temporaneamente Fauvel per occuparsi di Hannah, una cagna generata da una clonazione. Intorno alla protagonista s’insinuano i sospetti sulla responsabilità di Hannah nei delitti e si muovono personaggi ai margini quanto lei, dall’identità in crisi.

L’alienazione di Fauvel potrebbe nascere dalla profonda consapevolezza dei meccanismi di sopraffazione del forte sul debole; d’altronde, lei stessa è stata vittima della violenza della polizia durante una manifestazione. Forse però ha un’origine ancora più antica, da quella paura esistenziale che l’accompagna da tutta la vita, dalla sensazione di essere fuori posto da sempre. Persino il suo nome, adottato da adulta, è un distacco da chi è stata, da ogni connotazione legata al suo sesso biologico. Contiene vari riferimenti al concetto di bestialità: la prossimità al termine francese fauve, “bestia”, e il richiamo al poema satirico moraleggiante Roman de Fauvel (secoli XIII-XIV), con un protagonista omonimo metà uomo e metà cavallo.

Questa simbiosi è echeggiata nel testo di Clarke attraverso il rapporto tra Fauvel e Hannah, considerata pericolosa per la sua aggressività eppure via via più fedele a lei. È un’amicizia tra aliene; per Fauvel in particolare, l’unica alleanza possibile in un sistema che ha dimenticato il suo debito con la natura e da cui si sente tradita: «In quell’instante è quanto ha conosciuto di meglio nella vita, quell’amore inatteso da parte di una cagna crudele». Si è allontanata dalla sua quotidianità per bisogno di abbandonare l’atmosfera soffocante e guerrafondaia della città, e rifiuta il sesso, usato invece dagli altri personaggi del romanzo come strumento di indagine e di messa in discussione di sé. Fauvel, definita il folletto irrequieto, trova allora in campagna una liberazione dalla prigionia urbana, malgrado Cournac sia tutto fuorché un luogo pacifico, e dal terrore: «È intrappolata nella notte come è intrappolata nel mondo: una successione di momenti sgradevoli da cui è incapace di sbrogliarsi. Sempre presa in trappola, braccata, presa alla gola senza fine da una cosa dopo l’altra». Intanto prendono spazio sulla scena gli abitanti della zona, come Mitch, il ragazzo ossessionato dalle testimonianze di tracce extraterrestri, e Julien, un cacciatore incallito. O ancora, il corpo impagliato di Hannah I, il cane originario da cui è stata clonata Hannah, ormai nume tutelare della casa.

Noir e fantascienza, filosofia e società, ma anche femminismo e queer, fiaba e teatro, tutto in Aliena diventa strumento di una rivoluzione diegetica e semiotica, per esempio nella costruzione dei dialoghi. Una modernità in contatto con la tradizione per sfidare il nostro modo di porci nei confronti dell’umano e del non umano.