Nero metafisico

Peter Cameron, Cose che succedono la notte , tr. Giuseppina Oneto, Adelphi, pp. 254, euro 19,00 stampa euro 9,99 epub

Certe cose succedono la notte e certe cose succedono nel buio della mente di un marito e di una moglie (non hanno nome, non sappiamo chi sono) sprofondati nel profondo Nord, dove regioni e paesi sono congelati in stanze chiuse e eventi immobili, ripetitivi, senza soluzione. Quando il treno, con i suoi occupanti, dopo vaste distese di neve attraversa la foresta fitta e implacabile (che sembra ripresa dalle ottiche memorabili di Stanley Kubrick) verso un luogo sconosciuto, abbiamo l’impressione che un sonno ipnotico s’impossessi dei corpi allargando a dismisura i confini di quei luoghi. In grembo alla donna, The Dark Forest di Hugh Walpole rimane aperto, e i finestrini del treno sono implacabilmente oscurati. Gli angosciosi colori del nero, direbbe qualcuno, con dentro tutti gli inferni amorosi di coppie che rasentano il limite delle loro esistenze. E naturalmente, in letteratura (ma anche nella scienza freudiana), l’inaugurazione di fantasie velenose. Esotiche quanto basta da contenere personaggi loschi di dubbie origini e personaggi consapevoli delle insidie che circondano gli avventati protagonisti della storia.

Nell’ultimo romanzo di Peter Cameron queste fragranze metafisiche non mancano, e sono perfettamente installate sul set e in Livia Pinheiro-Rima, donna sensuale e aspetto simile a una divinità in grado di tutto sapere e tutto guidare affinché in qualche modo gli ignari (al limite di una colpevole superficialità) sposi possano salvarsi. Siamo nel mondo di Cameron, nella sua scrittura netta come il marmo (ricordate Coral Glynn?), e qui più che altrove la miscela di mistero si spande fin dal nome, impronunciabile, del Grand Imperial Hotel raggiunto dopo essere passati per stazioni ferroviarie inesistenti e gelidi sentieri. In men che non si dica l’affresco si completa, la moglie in preda a una malattia mortale sempre meno sopporta l’insicurezza del marito che intanto incontra forestieri e ospiti dell’albergo, talvolta amabili e talvolta minacciosi. In questo luogo la gente è avvolta in un curioso aroma che del gotico assume implacabili reminiscenze. Ma Cameron sa far rabbrividire mescolando gli slittamenti del dolore verso le categorie del disordine esistenziale e amoroso. In fondo la coppia è lì per “prelevare” dall’orfanotrofio un bimbo abbandonato.

Le cose e i fatti si mescolano, un sinistro santone predica improbabili salvezze dell’anima, un faccendiere grasso e volgare attenta alla verginità dell’uomo che vorrebbe amare ancora la moglie in disfacimento ma che non sa come fare. Soltanto la divina Livia Pinheiro-Rima e l’impassibile dignitosissimo barman Lárus se ne prendono cura, avendo probabilmente dalla loro parte magie in grado di proteggere, di far conoscere il lato “possibile” della realtà e la conseguente, lontana e opaca, salvezza.

Mentre la moglie va incontro al suo destino finale, gli effluvi di un meraviglioso Darjeeling bianco avvolgono l’uomo in una bolla di salvezza che forse mancava nei dettagli poco terapeutici allestiti dall’antesignano Franz Kafka e dall’abissale Shirley Jackson. Da ai confini della realtà al superamento degli stessi, i passi da fare sono pochi, e nell’impossibilità di compierli l’astuto Cameron indirizza il treno della notte verso quella bolla nordica contenente esseri, reali, o forse morti, o forse fantasmi, che ancora aspettano nuovi adepti e dove la regina Livia Pinheiro-Rima ancora può sedurre dall’interno della sua enorme pelliccia d’orso bruno.

L’autore ha immaginato, forse sognato, il nucleo del romanzo mentre viaggiava dentro una carrozza ferroviaria. Quando la visione giunge nel nostro mondo, talvolta succede l’evento miracoloso di un universo improvvisamente creato, non importa quanto pericoloso o vitale. Inutile discutere col diavolo, direbbe Giorgio Manganelli, o ricorrere a ordinari strumenti farmacologici. Il perturbante è sempre lì, salta fuori dai romanzi di uno scrittore che sa cosa si perde quando la gentilezza è l’unico impulso che emerge dall’animo umano. In Cose che succedono la notte, tradotto come sempre da Giuseppina Oneto in condizione ispirata, accade anche questo, nel suo regno oscuro i sentimenti emergono in modo glorioso.