Un errore fatale governa il destino di Saroja e Kumaresan, sposi nonostante appartengano a caste diverse, ostacolo insormontabile nell’India rurale più arretrata. Da un’azione semplice scaturisce la tragedia. In Rogo, romanzo che Perumal Murugan architetta mescolando con alchemica sapienza il realismo più crudo a tratti da leggenda popolare, il mostruoso si annida nel quotidiano. I due ragazzi sottovalutano le conseguenze del loro gesto. Kumaresan si illude che sua madre e la sua famiglia possano accettare una fanciulla proveniente dalla città. Sin dall’inizio questa appare come un’aliena, la pelle bianca e la scarsa attitudine ai lavori manuali la pongono al margine in una società retrograda. I suoi tratti somatici le imprimono un marchio di inconfondibile alterità. Chi le sta intorno parla un dialetto quasi incomprensibile. Saroja è condannata a tacere, per paura di essere fraintesa. Annientata la parola, cade qualsiasi possibilità di stabilire una comunicazione proficua. «Aveva una costante paura di quel che avrebbero detto le persone», scrive l’autore riferendosi a Saroja.
Sin dall’inizio, la comunità non si fa scrupolo di mostrare un’ostilità che assume forme sempre più crudeli. Qualsiasi tentativo di rientrare nella società viene frustrato da ottusi pregiudizi. Ai due innamorati non viene offerta possibilità alcuna. «Hai fatto un errore che nessun membro della nostra stirpe aveva commesso», grida con inaudita violenza il nonno di Kumerasan. L’odio della famiglia non comprende l’amore dei suoi figli. Tutto quello che si oppone alla logica prestabilita deve essere annientato. In Shakespeare, Romeo e Giulietta pagano a caro prezzo l’inimicizia delle loro famiglie. Gottfried Keller, nella novella ispirata al dramma shakespeariano, costruisce un percorso di progressivo annientamento da un fatto apparentemente futile: la disputa sul diritto di proprietà per un campo coltivato. In Murugan tutto appare ancora più crudele. Il rifiuto di Sirayi, madre di Kumaresan, è totale e non offre appigli. Qualsiasi sentimento inaridisce e si muta in odio di fronte all’inaccettabile trasgressione. Sirayi giunge persino ad accusare Saroja di stregoneria. «Non sai per quante vite può perseguitarti la maledizione di una madre», grida al malcapitato figlio.
Il paesaggio brullo e infuocato è lo scenario ideale per questa tragica vicenda. Dopo il bando imposto dal villaggio non c’è più via di ritorno. La paura si insinua nel cuore della ragazza, per non abbandonarla più. L’intera comunità mira al suo annientamento, alla distruzione del diverso, di quanto appare perturbante per il normale scorrere dell’esistenza. Con Rogo Murugan verga un racconto disperato del proprio Paese, diviso fra la più barbara arretratezza e l’anelito verso un futuro che appare quanto mai incerto.