Per un’etica minima della sfera pubblica

Pier Aldo Rovatti, L’intellettuale riluttante, Eléuthera, pp. 176, € 15 stampa, € 5,99 eBook

Cosa può un intellettuale nella sfera pubblica oggi? Potrebbe essere questa una domanda utile per interpretare il senso – e il bisogno profondo a cui risponde – questa raccolta di microsaggi del filosofo Pier Aldo Rovatti (1942), dal 1976 direttore dell’influente rivista filosofica aut aut (il Saggiatore), studioso, tra gli altri, di Michel Foucault, ideatore con Gianni Vattimo della fortunata formula filosofica di “pensiero debole” all’inizio degli anni Ottanta.

Il volume è un’antologia di quarantaquattro editoriali scritti tra il gennaio e il dicembre del 2017 per il quotidiano il Piccolo di Trieste. È necessario preliminarmente intendersi sul significato di parole ormai evanescenti, come «intellettuale» e «sfera pubblica» nell’epoca della iper-comunicazione che scorre in rivoli di bit dentro le nostre tecnologie incarnate (smartphone su tutte!) fino a disperdere il senso di un intervento meditato e impegnato (intellettuale) offerto ad un dibattito il più ampio possibile (pubblico). Proprio in questa rete di significati si installano i testi i Rovatti che, in fitto dialogo con l’attualità, affrontano una miriade di argomenti: dalla medicina alla scuola, da «fake news» e «post-verità» al calcio col tracimare del suo linguaggio nella politica, dai cambiamenti nelle relazioni sociali (ben rappresentati anche dal movimento #metoo) indotti dai social network alla mancata approvazione dello «Ius Soli» come strumento necessario all’aggiornamento della cittadinanza, fino alla scientificità e alla presunta neutralità dei saperi.

Un’istituzione guardata con interesse e preoccupazione dal filosofo è certamente la scuola, travolta da innovazioni tecnologiche e sociali che i soggetti che la abitano o la attraversano – studenti, docenti, genitori – faticano a mediare, risucchiati da un dilagante deficit di attenzione e da competitività e individualismo sfrenati. L’ansia per una comunità disintegrata da forme esorbitanti di atomizzazione e competizione è la lente che l’autore utilizza per leggere la restrizione degli spazi pubblici (evidente nell’aumento degli sgomberi di spazi sociali), il dilagare di forme autoritarie di populismo e l’affermazione sempre più spudorata del potere economico e politico di cerchie ristrette. Le configurazioni assunte dal potere sono un altro fuoco del ragionamento di Rovatti, che indaga le asimmetrie nelle relazioni, che si tratti di quelle tra governati e governanti, docenti e studenti, medici e pazienti, genitori e figli. È lì, fra i corpi di quei soggetti, secondo un paradigma caro a Foucault, che prendono forma gli aspetti più patologici e interessanti della vita sociale.

In questi brevi testi non troverete rimedi o soluzioni che fanno appello agli aspetti più deteriori del senso comune, né viene proposto il rassicurante rifugio in un glorioso, edenico passato, come ormai d’abitudine negli articoli di fondo e nei commenti dei grandi quotidiani nazionali. Rifuggendo e criticando l’ipersemplificazione del discorso pubblico contemporaneo, Rovatti propone un metodo di ragionamento, una forma del pensiero che chiama di «etica minima» (che dà il titolo alla sua rubrica), che significa «attivare una riflessione» aperta alle insorgenze, anche minute, del presente. In questo contesto, l’«intellettuale riluttante” del titolo è colui o colei capace di intervenire per trasformare quei dispositivi di potere che stanno rendendo la società una «parola ormai cadaverica», che si rifiuta di rappresentare gli interessi di qualcuno. Che dice «no», proponendo strumenti discorsivi per una liberatoria diserzione.

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