Per i diritti universali e contro il liberismo universale

Papa Francesco, Fratelli tutti. Sulla fraternità e l'amicizia sociale, San Paolo Edizioni, pp. 288, euro 8,90 stampa, euro 2,50 ebook

Jorge Mario Bergoglio non è mai stato una figura che ha lasciato indifferenti: fin dal suo primo Buonasera per salutare i fedeli che assiepavano Piazza San Pietro per il suo insediamento e da quel Buon pranzo con cui termina i suoi Angelus domenicali, il Papa venuto dalla fine del mondo ha attirato l’attenzione soprattutto di laici e non credenti, atei o agnostici che siano, con prese di posizione che hanno creato spesso malcontento all’interno di una parte della Chiesa. Nel settore più conservatore e integralista della stessa, viene considerato il nemico numero uno, tanto da essere accusato di eresia; è inviso anche alla destra politica, più o meno estrema: l’ultima volta, dopo che si è schierato per la regolamentazione delle unioni civili perché, ha argomentato, tutte le persone hanno diritto di essere protette legalmente. Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, ha affermato in un tweet che “il popolo cattolico non può accettare quanto detto sulle unioni omosessuali. Siamo con Cristo e non con Bergoglio”. Ma se si afferma che “non c’è fede cattolica senza matrimonio tra uomo e donna”, si dovrebbe anche sostenere che non c’è fede neanche se manca la cultura dell’accoglienza, se si è per la pena di morte e se manca la solidarietà verso i più deboli. L’assenza di coerenza, per paura di perdere i propri privilegi, è uno dei vizi della destra italiana e della borghesia. Se anche il clero più conservatore per bocca del vescovo americano Raymond Burke, il 22 ottobre scorso, ha dichiarato che “il Papa parla a titolo personale” e un giornale (giornale?) come La Verità, con Marcello Veneziani, si scaglia contro Papa Francesco definendolo “a sinistra di Stalin e Mao”, abbiamo un quadro preciso di chi effettivamente stiamo parlando.

Molti dei concetti espressi da questa enciclica, Fratelli tutti, la sua terza dopo Lumen Fidei e Laudato sii, hanno probabilmente fatto rabbrividire buona parte del clero e degli pseudo credenti, ma essendo idee inattaccabili sia da un punto di vista teologico sia sociale, nessuno ha avuto modo di attaccarle. Per questo ogni uscita del Papa viene strumentalizzata dai suoi nemici con l’obiettivo di screditarlo di fronte all’opinione pubblica, ma la sua popolarità lo mette – almeno per ora – in una situazione di vantaggio.

Assumendo il nome di Francesco, primo Papa della storia, Bergoglio ha voluto subito dare un indirizzo preciso al suo pontificato: una chiesa povera per poveri, l’allargamento dei diritti a una platea più ampia possibile, il lavoro come dignità della persona, l’essere tutti uguali davanti a Dio, inflessibilità verso le colpe del clero. Considerata l’attuale mancanza di critica al sistema in un momento di assenza di un’alternativa credibile al capitalismo e liberismo, Papa Francesco si è trovato a essere il riferimento delle fasce più deboli e sfruttate che hanno visto in lui un’ancora di salvezza. Dopo casa, terra e lavoro per tutti, espressione più volte usata nei discorsi ai movimenti popolari, Bergoglio decide di scrivere un’enciclica sociale, rivolta a “tutti gli uomini di buona volontà” e non solo al clero e ai cattolici, per citare Giovanni XXIII, che riguarda lo stato del mondo e non l’insegnamento dottrinale. Nei sette capitoli che compongono il testo, affronta uno alla volta i problemi che pesano sulla società non lesinando soluzioni che potrebbero risollevare le sorti del pianeta.

Si parte con Fratelli tutti, in cui analizza come sia la mancanza di diritti universali, l’omogeneizzazione culturale e la differenza tra i ricchi e gli ultimi che ostacola la fraternità e alimenta i conflitti sociali. Nel successivo capitolo, Un estraneo sulla strada che gira intorno alla Parabola del buon samaritano, precisa come sia l’indifferenza a essere l’alleata dei briganti e che donare vicinanza e il proprio tempo a chi ne ha bisogno dovrebbe essere una missione per un buon cristiano.

In Pensare a generare un mondo aperto c’è un’affermazione talmente rivoluzionaria e radicale che credo abbia inviso al Papa definitivamente il mondo del capitale: “il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento delle società”. Accade però frequentemente che i diritti secondari si pongono al di sopra di quelli prioritari e originari, privandoli di rilevanza pratica. L’impatto di un concetto di tale forza credo sia evidente a tutti, e non è solo di questo che si parla in questo capitolo, ma come sia il valore unico dell’amore, l’integrazione per tutti e il diritto di dignità per ogni essere umano, la solidarietà, i valori come la libertà, uguaglianza e fraternità, la solidarietà e la cura della casa comune che ci permetteranno di arrivare a un mondo veramente aperto: il nemico di questo obiettivo è l’individualismo radicale, il virus più difficile da sconfiggere.

Proseguendo, il Papa mette l’accento a come i limiti delle frontiere non aiutino il concetto di piena cittadinanza, di come non esistano differenze tra migranti politici e migranti economici perché tutti dovrebbero avere il diritto e la possibilità di poter migliorare la propria condizione. La politica peggiore, asserisce, è quella che ha disprezzo per i deboli e che si nasconde in forme populistiche, usate demagogicamente per i propri fini o in forme liberali al servizio degli interessi economici dei potenti. Il mercato da solo non risolve mai tutto, nonostante vogliano convincerci di questo dogma di fede neoliberale.

Nel sesto capitolo afferma che solo il dialogo può sancire l’amicizia sociale tra posizioni distanti ed estreme. L’enciclica affronta poi un capitolo intitolato Percorso di un nuovo incontro: la pace non richiede un’omogeneizzazione della società – le differenze devono essere considerate un arricchimento –, e una nuova società dovrebbe essere basata sul servizio agli altri. Tutti devono concorrere al risultato finale con la vicinanza soprattutto verso gli ultimi: dobbiamo amare tutti, senza eccezioni, ma amare un oppressore non significa consentire che continui ad essere tale e neppure fargli pensare che ciò che fa è accettabile. Bisogna pretendere giustizia. E la memoria, in una società equa, è fondamentale per ricordare sempre dove può arrivare la malvagità umana.

Il punto finale non poteva che essere dedicato alle religioni, tutte, che dovrebbero essere al servizio della fraternità nel mondo. Ogni leader religioso deve lavorare per questo obiettivo, come espresso sul Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza firmata insieme al Grande Iman di Al-Azhar, AHmad Al-Tayyb nel febbraio 2019 ad Abu Dhabi.

Fratelli tutti può essere considerata un manifesto programmatico del nostro tempo alla ricerca della giustizia sociale, della pace, dell’integrazione, della cura del pianeta, della convivenza tra diversi in nome della solidarietà, dell’aiuto verso i più deboli e fragili per una loro definitiva emancipazione: gli aiuti e le elemosine verso i più poveri devono essere temporanei – ha sempre affermato Bergoglio –, il lavoro da fare è investire in riforme strutturali che rendano tutti indipendenti, garantendo terra, casa e lavoro per tutti affinché la dignità di ogni individuo sia un bene universale.