Paulette, oh Paulette! L’amore per la protagonista di questa serie di culto del fumetto francese non si può mascherare né trattenere, bisogna dichiararlo apertamente. Dite che non è una buona premessa per una recensione obiettiva? Mi sforzerò il più possibile per trovare lati negativi o difetti, ma quello che è certo è che il ritorno di Paulette è una gioia che rende questi mesi (o anni?) più belli e gustosi.
Vedere ripubblicato questo fumetto è un evento perché il fumetto francese degli anni Settanta è, con poche eccezioni, sparito dall’orizzonte troppo stretto dei lettori italiani.
Oblomov, la casa editirice che riporta questa serie in libreria, si è dedicata al fumetto d’autore italiano e straniero e in pochissimi anni si è posizionata sicuramente tra le due o tre da seguire costantemente. È diretta da Igort, fumettista di grande valore (e anche regista con il recente 5 è il numero perfetto, interpretato da Toni Servillo), già fondatore insieme al compianto Carlo Barbieri di Coconino Press, la casa editrice che ha cambiato la percezione del fumetto d’autore e che, per prima, ha lavorato con successo sul formato, oggi popolare, della graphic novel.
Tra i grandi recuperi del passato operati da Oblomov, insieme ai due volumi con tutto Alack Sinner, il capolavoro di Muñoz e Sampayo, oggi teniamo in mano il primo libro (di tre?) dedicato a Paulette, opera in sette episodi originali, scritta da George Wolinski e Georges Pichard. I due Georges si uniscono qui per quella che è stata definita da alcuni come la risposta francese a Valentina di Guido Crepax. Ma io eviterei paragoni, non perché un Pichard valga meno di un Crepax, anzi, ma perché questo personaggio e le sue avventure estreme hanno una loro originalità che non può essere ridotta a semplice reazione a un altro celebre personaggio. Dal 1971 al 1975, con un ultimo volume nel 1984, i due si sono sbizzarriti scatenandosi in folli avventure, trascinando Paulette da uno scenario assurdo all’altro. Se Pichard è stato uno dei grandi maestri dell’erotico e dell’estremo a fumetti (ma in Paulette Pichard è pudico al confronto con le esplorazioni sadiane delle sue opere successive), Wolinski è stato un autore importantissimo purtroppo poco conosciuto in Italia. Il suo nome è diventato celebre per la sua morte tragica (insieme ad altri dieci colleghi tra cui Charb, Cabu, Honoré e Tignous) durante l’attentato terroristico islamico alla sede del settimanale Charlie Hebdo, a cui lavorava da anni e che ha visto avvicendarsi negli anni autori come Topor, Fred, Reiser e Gébé. Il suo cinismo, la sua capacità caustica di attaccare il politically correct e le contraddizioni della contemporaneità sono stati fondamentali per il fumetto satirico e politico di stampo libertario. Paulette, però, non è solo satira politica. È invece anche un racconto dei molti inferni della nostra società, portato avanti con uno spiccato senso del grottesco e del paradosso.
Ma chi è Paulette? È una ragazza, molto bella e molto disinibita, questo è evidente. Ma è anche imprevedibile. È figlia di genitori molto ricchi e si può permettere tutto. Ma è anche ribelle e il richiamo dell’avventura è più forte di qualunque cosa. Ama il superfluo, ma ad un certo punto decide di lavorare in fabbrica; è ricchissima, ma all’improvviso sente di essere diventata comunista, come se questa fosse una mutazione anche fisica…
È così che verrà a contatto con gli orrori della società contemporanea, incontrerà un laido vecchio che diventerà donna e s’innamorerà di se stess*, incrocerà imbroglioni, assassini, mafiosi, imprenditori senza scrupoli, borghesi viscidi, miliardari e straccioni.
Un’imprevedibile turbinare di situazioni, rese da Wolinski e Pichard con il gusto dello scrivere e del disegnare senza freni ma con una straordinaria capacità di dominare il mezzo fumetto. E il segno nero di Pichard, sporco e allo stesso tempo preciso, pieno di punti, di graffi e di distorsioni visive in questo formato gigante (cm 21,5 x 30) è davvero sbalorditivo.
Sì, a rileggere o a leggere Paulette per la prima volta, forse si prova un po’ di dolore, di nostalgia, di senso di qualcosa che si è perso. Quelle atmosfere, quella libertà, forse non torneranno più. Ma Wolinski e Pichard non accetterebbero questa nostra debolezza. Vorrebbero che noi andassimo avanti, senza paura, come fa Paulette, incontro al mondo, anche quando questo mondo è un inferno. Dobbiamo provarci.