Paolo Scardanelli torna in libreria, sempre per Carbonio Editore, con Un posto sicuro, quarto capitolo della saga de L’accordo, che questa volta costringe il protagonista, Paolo, a fare i conti con il passato. Il motore dell’azione è, ancora una volta, l’amore per Anna, che gli chiede di provare per il figlio Bruno, che avevamo lasciato fuggiasco nel libro precedente, “un posto sicuro” dove rifugiarsi con l’amata Greta. La trama segue i ritmi rocamboleschi a cui Scardanelli ci aveva abituato, confermandosi abilissimo nell’intrecciare personaggi e storie solo apparentemente disparati, che finiscono per trovare sotto la sua penna un compimento comune a cui sembravano destinati. Il destino, d’altra parte, resta uno dei grandi interrogativi con cui l’autore non smette di confrontarsi, mettendo ora l’accento su un tema già sfiorato in precedenza, ma che in questo nuovo capitolo trova la sua massima espressione: l’idea – o piuttosto la domanda – dell’eterno ritorno. Quanto il nostro passato influisce su ciò che siamo, su ciò che saremo? E soprattutto, qual è il margine di cambiamento che è concesso alla singola vita umana, debole per natura?
Ancora una volta, Scardanelli edifica la sua opera su una raffinata impalcatura di solennità e ironia, lirismo e brutalità, dove quel che sembra interessare lo scrittore è la modalità del passaggio dall’uno all’altro, la sospesa fluidità di un linguaggio multiforme che fotografa l’intensità della vita nell’attimo in cui si appresta a varcare una soglia dell’esistenza. I fantasmi, creature a metà strada tra terra e abisso, popolano il romanzo con la loro presenza muta, nell’onnipresente gioco tra passato e presente, dolore e perdono, sensualità e crudeltà.
Scardanelli gioca con le parole, con l’arte, con l’amore e con la morte, intessendo una melodia dove le note stonate sono quelle che conferiscono all’opera il suo carattere unico, geniale e imperfetto, capace di unire in un’abbondanza sfarzosa filosofia e musica pop, mentre volteggia senza paracadute nei cieli dell’eternità delle grandi domande come nei sottoscala degli istinti più bassi, ben consapevole che è di questa materia mista che siamo fatti, e che così andiamo raccontati.
È in effetti forse questo il più materico dei romanzi di Scardanelli. Mentre seguiamo Paolo su e giù tra Italia e Francia, avanti e indietro sulla linea del tempo dei ricordi, sentiamo gli odori dei vicoli di Firenze negli anni Ottanta, udiamo scricchiolare il pavimento della casa dall’oscuro passato nei pressi di Aix en Provence, vediamo, o meglio, avvertiamo, sentiamo su di noi la Sainte-Victoire di Cézanne attraverso gli occhi del protagonista, che attraverso descrizioni del tutto soggettive e interne riesce a far vivere i luoghi rendendoli altrettanti personaggi centrali del romanzo.
I luoghi e i personaggi, d’altra parte, pur essendo fittizi, sembrano rispondere a un’urgenza, a una necessità che li situa esattamente lì dove si trovano a essere. La casa, il posto sicuro che dà il titolo al romanzo, non avrebbe potuto essere da nessun altra parte, anche se, ci suggerisce l’autore, avrebbe potuto essere ovunque, o in nessun luogo. Il posto sicuro di Scardanelli altro non è che la rappresentazione della nostra continua ricerca dell’altrove, è la maschera di una fuga in primis da noi stessi, ciò che ci permette di guardare avanti quando il terreno sotto ai piedi ci viene a mancare. Il posto sicuro è la figura del desiderio e del suo annullamento, il vortice del movimento verso l’immobilità. Il posto sicuro è la meta a cui tende la vita, è la pace, è la morte.