Paolo Ruffilli è poeta che ha attraversato decenni della poesia italiana, da Piccola colazione (1987) a Le cose del mondo (2020), quest’ultima opera unitaria composta a partire dagli anni Settanta e che ci permette di addentrarci per comprendere una poetica capace di albergare nel mondo in ogni suo angolo, in ogni anima abitante regioni e storie, tempo e biografie. Campo di interesse tutto novecentesco da parte di chi sta alla finestra, così come Pessoa fa attraverso Bernardo Soares, il personaggio cui delega la scrittura di un diario atto a spiare la vita – definito da Pessoa stesso semieteronimo “perché pur non essendo la sua personalità la mia, dalla mia non è diversa…” E da questi dintorni, concernenti la poesia, si passa senza soluzione di continuità al nuovo libro di Ruffilli, che romanzo è: romanzo dove autore e protagonisti non possono che incrociarsi, dalla loro consistenza mutevole a una parentela stretta con coloro di cui si è appena parlato, avendo dalla parte di Ruffilli (e dalla nostra) l’intervento critico e amichevole di Antonio Tabucchi. Nota – da inviare all’editore per la pubblicazione – tanto più preziosa quando scopriamo che uno dei più importanti autori del nostro Novecento aveva letto il manoscritto di Fuochi di Lisbona nella prima versione del 2012.
Siffatto album di famiglia non è insolito per lo scrittore forlivese felicemente adottato dal trevigiano, che nel caso in questione entra irresistibilmente in Lisbona, città per la letteratura non certo meno simbolica di Praga, Buenos Aires, Dublino. Nel romanzo l’io narrante si avventura negli intrecci, più o meno ufficiali e più o meno mondani, di un convegno su Pessoa: colpito dal grande amore di quest’ultimo per Ophélia, cerca le ragioni di una così intensa relazione nelle lettere e nei diari di entrambi. Molti brani di queste carte sono tradotti dallo stesso Ruffilli (in un vero e proprio sovrapporsi di piani – degni di Pessoa e Borges – tra realtà e finzione) e inseriti nel libro come contrappunto alle pagine del racconto di quanto avviene durante il viaggio verso la città portoghese e durante i giorni del convegno. La complessità del reale, e dei misteri amorosi, interessa a Ruffilli almeno quanto a Tabucchi affascinavano le consistenze dei personaggi, i nessi tra la coscienza e l’essere, e gli slittamenti dell’identità.
L’amore, l’attrazione tra donna e uomo, i differenti desideri destinati a congiungersi, il varco creato da Lisbona in favore dei sessi, travolgono presto l’io narrante, fin dal decollo, dalle stazioni di transito, attraverso lo sguardo che vede bellezza e resistenza, e una improvvisa ricerca d’intimità con Vita, la donna che ha un incarico nel convegno: Vita, abbordata senza mezzi termini come a voler attaccare la “malattia” che lo sta soggiogando. Il senso delle cose così si disperde nel sogno, s’instaura un rapporto di forza con le parole scambiate tra Pessoa e Ophélia, nel pieno delle rive alimentate dal Tago. Nelle vie di Lisbona molte vite, indigene o ospiti, trovano modo di consumarsi. Niente resta uguale, e il romanzo di Ruffilli lo dimostra. E dunque, poesia e racconto, assolvono qui il compito di rendere visibili, e attuali, i tempi lontani e i classici: e le stagioni che presto riaprono le porte a chi abbiamo amato in vita e in letteratura.