Paola Capriolo / L’arte irriducibile dell’immaginazione

Paola Capriolo, Irina Nikolaevna o l’arte del romanzo, Bompiani, pp. 254, euro 17,00 stampa, euro 10,99 epub

Ci sono autori e autrici che, letterariamente, non invecchiano mai, anzi, libro dopo libro migliora la loro capacità di catturare le storie e raccontarle. Diventano così senza tempo, o meglio per ogni tempo, adatti a lettori e lettrici di tutte le età, perché le storie che vale la pena di raccontare hanno una loro verità intrinseca assoluta, che ben si adatta a ogni epoca e luogo. È il caso di Paola Capriolo, scrittrice milanese di romanzi e racconti molto apprezzati in Italia e all’estero, autrice anche per l’infanzia, e traduttrice di classici della letteratura tedesca. Figlia di Ettore, drammaturgo e traduttore di tanti scrittori importanti del Novecento, vittima nel 1991 di un’aggressione durante le prime fasi della “fatwa” contro i Versetti satanici di Salman Rushdie e che colpì molti di coloro che si occuparono del romanzo. Forse è dal padre che ha ereditato la passione per le parole e la scrittura, certo è che Capriolo dimostra di possedere due grandi talenti: scegliere storie belle e raccontarle con uno stile elegante ed evocativo. Capacità dimostrate già nei suoi esordi (nel 1988 con la raccolta di racconti La grande Eulalia, seguita dal romanzo breve Il nocchiero) in un crescendo letterario che arriva a oggi con questo nuovo libro.

In Irina Nikolaevna o l’arte del romanzo la scrittrice ci porta indietro a fine Ottocento, in un’Europa che ha ancora vivo il ricordo delle campagne napoleoniche e si sta riprendendo dalla guerra franco-prussiana, piena di speranza per un futuro di pace, fiduciosa grazie al progresso scientifico e a una nuova consapevolezza sociale. Ma è anche l’Europa che non si accorge, o non vuole accorgersi, che quella della pace è solo un’illusione fragile, come una sottile lastra di ghiaccio che scricchiola sotto i piedi e che, presto o tardi, si sgretolerà. Un’illusione che molto si avvicina al nostro tempo: “È questa un’epoca in cui la Storia sembra aver rinunciato a premere il tallone sul collo degli uomini. Un’epoca in cui non esiste più il tempo ma soltanto lo spazio, convenientemente accorciato e reso dominabile dai piroscafi a vapore e dai nuovi collegamenti ferroviari, e solo qualche piccola crisi diplomatica, interessante tutt’al più per le cronache mondane, incrina gli affabili rapporti tra le potenze. È l’apogeo dell’Europa; del quale nessuno, o pochissimi, avvertono i primi scricchiolii.”

Questo è lo scenario in cui si trova Lady Celia Brown, vedova di un baronetto esponente di quella nuova borghesia che deve titoli e ricchezze non a eredità di famiglia ma all’intraprendenza imprenditoriale. La salute del marito costringe la coppia a spostarsi dall’umida Inghilterra verso lidi più salubri. Nel 1881 uno dei luoghi più ambiti è Sanremo, dove si ritrovano ricchi commercianti e industriali, nobili e teste coronate da ogni parte del continente, tutti alla ricerca di un clima migliore e di una salute che, a volte, nemmeno il denaro può compare: “A Sanremo, già città di marinai che insegnavano al mondo la navigazione a vela, hanno inaugurato da poco la linea ferroviaria per consentire l’afflusso da tutta Europa di ospiti altolocati, hanno aperto alberghi di lusso, primo tra i quali il Grand Hôtel de Londres, e intitolato una passeggiata a mare alla defunta zarina Maria Aleksandrovna, compianta madre della Russia e pioniera del turismo. Ogni parvenu d’Europa aspira a conquistarsi qui la propria residenza invernale.”

E qui resta Lady Brown anche dopo la morte del marito, nella sua villa bella (ma non lussuosa e grande come quella di certi vicini), a godersi una rendita che le permette una vita di agi e pochi pensieri. Alla compagnia preziosa dei suoi due amati gatti dai nomi altisonanti, Lady Rowena e Sir Galahad, Lady Brown vorrebbe affiancare quella di una dama di compagnia e la scelta cade su una giovane di origine russa, affascinante e misteriosa, che si presenta come Irina Nikolaevna. Nome e patronimico, ma nessun cognome. A Lady Brown, spiega di essere figlia illegittima di un conte, gentiluomo di camera della zarina Maria Aleksandrovna e di discendere dai boiardi, aristocratici di alto lignaggio, come testimonia un piccolo neo a stella che Nikolaevna ha sul braccio. Dunque un’aristocratica, sebbene decaduta, di alta nobiltà ed educata alla corte moscovita, in cerca di un impiego perché priva di mezzi e ormai sola al mondo: basta questo e quel barlume di intelligenza che si intravede nei profondi occhi neri della giovane donna a convincere la lady inglese a sorvolare sulla condizione sine qua non posta da Nikolaevna, che non rivelerà mai il suo cognome.

Negli anni che seguono, le due donne instaurano una loro particolare convivenza, fatta di una quotidianità ripetitiva ma rassicurante che si instaura dentro le mura casalinghe, e sono testimoni degli eventi mondani e sociali che animano la Sanremo della Belle Époque: come l’arrivo dell’erede al trono prussiano, genero preferito della regina Vittoria e liberale, malato di cancro alla gola e che spera di trovare giovamento nel clima della riviera (regnerà come Federico III solo per novantanove giorni, prima che la malattia metta fine alla sua vita e alle speranze di coloro che vedevano in lui una svolta verso un’era di pace e riforme); o le ambiziose velleità architettoniche di Madame Ormond, moglie di un ricco commerciante svizzero, che trasformerà la sua dimora sanremese in una delle ville con giardino più belle della Liguria; o ancora la ricerca di tranquillità del chimico Alfred Nobel, inventore della dinamite, ricchissimo ma tormentato dalla sua stessa creazione, moderno mezzo di morte e distruzione. Fra tutti questi personaggi, e anche altri meno socialmente altolocati (come il maestro anarchico Lettieri, oggetto principale della generosità pragmatica di Lady Brown), si muove Irina, che, con il suo portamento discreto ma aristocratico e la sua brillante intelligenza, conquista la benevolenza di tutti.

E intanto tesse la trama del romanzo della sua vita, senza rivelare nulla di sé ma lasciando a ognuno la possibilità di immaginare ciò che vuole. Questo è il vero segreto del suo fascino e, soprattutto, la conquista più grande: la libertà di vivere come vuole e lasciando agli altri spazio per la fantasia. In fondo, il romanzo è sempre superiore alla realtà.