Omaggio a Ray

Aa.Vv. Ray Bradbury: Shadow Show, tr. Gloria Grieco, NPE pp. 128, euro 19,90 stampa

Sei anni sono passati dalla morte di Ray Bradbury, uno scrittore che ha lasciato un’impronta indelebile nella fantascienza e nel fantasy (cimentandosi anche come giallista e sceneggiatore cinematografico). Se si pensa che una delle più note trasmissioni radiofoniche dedicate ai libri, Fahrenheit, prende il suo titolo dal romanzo Fahrenheit 451 (risalente al 1953), trasposto in pellicola cinematografica nientemeno che da Truffaut, si comincia soltanto a farsi un’idea del calibro dello scrittore. Ha scritto la sceneggiatura del Moby Dick di John Huston; ha pubblicato nel 1950 quelle Cronache marziane che hanno segnato una pietra miliare nella storia della fantascienza (e costituisce anche uno snodo sottovalutato ma importantissimo della transizione dal modernismo al postmodernismo in letteratura); è stato riconosciuto come maestro da scrittori diversissimi come James G. Ballard, Neil Gaiman, Stephen King (e altri, ma vi risparmio l’elenchetto).

Già nello stesso anno della dipartita di Bradbury da questo mondo esce negli Stati Uniti una raccolta di 26 racconti di diversi autori, dal titolo Shadow Show, curata da Sam Weller, il biografo ufficiale dello scrittore di Waukegan, e Mort Castle, sceneggiatore di fumetti nonché narratore horror. Tra i partecipanti alla raccolta, vale la pena di menzionare Neil Gaiman, Margaret Atwood, Dave Eggers, Harlan Ellison.

Da quella raccolta di racconti d’occasione nasce nel 2015 un libro ibrido, sempre intitolato Shadow Show, che include storie grafiche, e cioè a fumetti, basate su una selezione dei racconti contenuti nell’antologia originale. Ed è quello che Nicola Pesce Editore ci propone ora in traduzione, mantenendo inalterato il titolo inglese (“Spettacolo di ombre” non mi pareva così brutto, ma tant’è…).

Come ci si può facilmente attendere, è un volume decisamente eterogeneo. Non sempre, quando uno scrittore si mette all’opera su invito, dà il meglio di sé. Il racconto di Harlan Ellison, “Estenuazione” (che non è stato adattato in forma grafica, ma è restato puramente letterario), non è certo all’altezza dell’Ellison degli anni Sessanta e Settanta (è quasi meglio il commento di Ellison che fa seguito al suo racconto, dove se non altro ritroviamo il suo classico spiritaccio da teppista); “La riva del lago Champlain” di Joe Hill è decisamenrte esile, ma in questo caso viene da chiedersi se il problema non sia di come è stato reso in fumetto. Non sempre un racconto si presta completamente ad essere tradotto in una sequenza di immagini (con una selezione delle parole originarie ad accompagnarle).

Sicuramente “L’uomo che dimenticò Ray Bradbury” di Neil Gaiman convince di più nella versione puramente verbale, ma l’adattamento fumettistico non dispiace. Invece è riuscito “Terra: Negozio di souvenir”, una storia di fantascienza sarcastica e tagliente di Charles Yu che trova una perfetta incarnazione visuale nei disegni di Christine Larsen. Come pure è interessante la resa grafica di “A ritroso a Siviglia” di Audrey Niffenegger, che Eddie Campbell ha realizzato in modo affatto originale e con tratto per niente scontato. Ed è anche originale “Intuizione!” di Alice Hoffmann, una bella storia di amicizia tra due ragazze alle prese con un giovane affascinante ma inquietante.

Un omaggio affettuoso quello di Sam Weller, “Immortale!”, disegnato in maniera classica ma sicura da Mark Sexton, nel quale un giornalista si reca a intervistare Bradbury nella sua abitazione a Los Angeles. Forse questo racconto grafico e quello di Gaiman sono i più prossimi a quello che ci si può aspettare quando si pensa a un omaggio a uno scrittore; e sono imbevuti di immagini e idee prese dalla vita e dall’opera di Bradbury. Sono quelli che sicuramente consiglierei di leggere per primi a chi voglia comprare questo volume per scoprire l’autore di Cronache marziane e L’estate incantata.

Chiudo con una nota sulla cura del testo, che è un po’ carente. Qualsiasi lettore che sia arrivato a Bradbury dalla fantascienza sobbalzerà a vedere scritto erroneamente come “Gernsbach” il cognome di Hugo Gernsback (l’uomo che ha inventato il termine science-fiction e che ha dato il suo nome a uno dei due premi più prestigiosi per questo genere letterario); e poi nel racconto di Mort Castle “Alternmoor: Dove i cani ballano” il nome del luogo fantastico diventa “Altenmoor”, spingendoci a chiederci quale dei due sia quello giusto. Infine, la traduzione dei testi non suona sempre convincente.

Nonostante queste pecche, mi sento comunque di raccomandare Shadow Show agli amanti del grande Ray e dell’arte sequenziale in generale.

 

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