“L’amore con Murray”, il secondo dei sette racconti che compongono il libro della Heyman non si discosta molto dalle cose scritte da Philip Roth; una storia d’amore, di sesso e di gelosia fra una ragazza giovanissima, bella e intelligente, all’inizio della propria ricerca artistica, e un intellettuale alle soglie della vecchiaia, famoso e sposato. Stesso ambiente sociale – borghesia americana laica di origine ebraica – stessi meccanismi relazionali, stesse contraddizioni fra la giovinezza e la vecchiaia. Ma il racconto finisce in modo strepitosamente pratico, come solo la vita e una scrittrice donna può concluderlo.
Eppure vale la pena leggere questo libro sorprendente non solo per questo racconto così ben costruito. che rimanda esplicitamente a Bernard Malamud (cui è dedicato) e a una giovanissima se stessa. Perché questa visione “pratica” della vita (con tutti gli intralci, le situazioni tragicomiche, i corpi che si disfano nel tempo eppure mantengono le proprie voglie e desideri e li intrecciano con gli altri aiutandosi con fantasie e supporti chimici o fisici) è ciò che rende il libro davvero nuovo e godibile. Insomma Arlene Heyman è sì “andata a scuola” dai grandi vecchi, “I grandi narcisisti che hanno dominato la narrativa americana del dopoguerra” (secondo le parole di David Foster Wallace), ma è come se fosse andata a vedere dietro le quinte, entrasse nella cucina dove si combinano gli elementi che rendono “praticabile” il desiderio, svelasse i corpi nel loro intreccio di pulsioni e fragilità, malattia e vecchiaia.
E se siamo abituati a leggere di uomini anziani alle prese con la propria sessualità, non ci è ancora mai capitato di leggere di donne forti e volitive che, come nei racconti della Heyman, affrontano con determinazione (mista all’accettazione tutto sommato leggera e fatalista dei cambiamenti anche crudeli che il tempo infligge) le proprie defaillances e parzialità. Con il suo libro la Heyman rende il sesso – così abusato, sovraesposto e plastificato – di nuovo scandaloso e gli ridà tutta la sua potenza eversiva e vitale. Perché leggere questo libro fa ridere, fa provare compassione, fa paura e fa identificare.
E che la signora Heyman – che di professione è psicanalista – non abbia paura di niente lo prova il fatto che il suo debutto letterario è avvenuto a 76 anni.