Ola Hansson / Ottocento nordico

Ola Hansson, Sensitiva amorosa, cura di Luca Taglianetti, Lindau, pp. 90, euro 13,00 stampa, euro 8,99 epub

“Adesso non mi resta che un solo interesse: studiare e godere il sesso”. Con un inizio come questo, Sensitiva amorosa non poteva che suscitare uno scandalo enorme, anche nell’illuminata Svezia in cui questo lungo racconto fu pubblicato nel 1887. Il suo autore, Ola Hansson, è passato alla storia come uno degli “scopritori” di Friedrich Nietzsche, al quale nel 1889 dedicò il primo importante studio sistematico in tedesco (Friedrich Nietzsche. Die Umrißlinien seines Systems und seiner Persönlichkeit) contribuendo insieme a un altro grande critico scandinavo, il danese Georg Brandes, a suscitare intorno al filosofo tedesco un clamore che in breve tempo si sarebbe trasformato in ondata inarrestabile. Ma lo Hansson di Sensitiva amorosa è uno scrittore diverso: sintonizzato sull’onda lunga del decadentismo fin de siècle, imparentato con Poe e Huysmans (come fa notare Luca Taglianetti nella sua postfazione), la sua è una scrittura a effetto, compiaciuta, morbosa, tesa a rappresentare stati d’animo piuttosto che a raccontare storie coerenti, a smarrirsi nei meandri delle idiosincrasie e delle ossessioni di un personaggio eccentrico, senza mediazioni morali e senza pudori, perfetto rappresentante in questo nella Nervenkunst, dell’“arte dei nervi” che si andava all’epoca accampando al centro della letteratura europea.

Hansson, nato a Hönsinge, in Scania, nel 1860, aveva studiato filosofia a Lund all’inizio degli anni Ottanta, trascorrendo parte del suo tempo nella vicina Copenaghen, polo di attrazione anche per la confinante regione svedese, e intrecciando relazioni stimolanti con numerosi esponenti della vita culturale della capitale danese. Le sue prime pubblicazioni (le raccolte di liriche Dikter e Notturno uscirono, con discreto successo, rispettivamente nel 1884 e nel 1885) attrassero l’attenzione della critica e l’interesse, tra gli altri, di Georg Brandes, già personalità influente e di rilevo europeo, che Hansson iniziò a frequentare – dapprima in via epistolare e quindi anche personalmente – come era quasi inevitabile in quel contesto e in quell’epoca, e gli permisero di ritagliarsi nella Svezia di quegli anni uno spazio come poeta e critico letterario, con una serie di articoli, apparsi soprattutto sulle colonne della rivista “Fremåt” di Göteborg e in parte raccolti in Literära silhoutter (“Silhouette letterarie”, 1885), che dalla prospettiva scandinava si allargavano a indagare il più vasto panorama europeo e i fermenti che lo animavano.

Hansson, tuttavia, fu oggetto verso la fine del decennio di un aperto ostracismo quando, all’esordio come narratore, andò a urtare contro i pregiudizi del pubblico e degli editori del suo paese che lo tacciarono di “immoralità”, e proprio a causa della pubblicazione di Sensitiva amorosa, che resta probabilmente la più significativa delle sue opere giovanili, con le sue descrizioni lussureggianti e un po’ morbose della vita sentimentale ed erotica di un giovane intellettuale. Proprio la forza dirompente della novella, la sua ricerca di scandalo, sollevò una quasi unanime ondata d’indignazione nei confronti del giovane autore, che si ritrovò osteggiato e messo al bando, e fu costretto a rivedere le proprie prospettive di affermazione e carriera, anche se, tra i pochi a salutare positivamente l’opera, vi fu proprio Georg Brandes con un articolo uscito il 17 dicembre 1887 su “Politiken”, cui Hansson rispose il 17 dicembre con una lettera di sentito ringraziamento. Ma il rapporto di Hansson con Brandes era destinato a incrinarsi in modo traumatico a seguito delle aspre polemiche riguardanti la pubblicazione del saggio dell’autore svedese su Nietzsche, e che il critico danese visse come un vero e proprio scippo di primogenitura, dopo essere stato il primo in Scandinavia a occuparsi del filosofo tedesco, con il quale aveva anche intrattenuto un fecondo rapporto epistolare. L’ira di Brandes condusse a una vera e propria messa al bando di Hansson, che fu costretto a lasciare la Scandinavia e a trasferirsi nel 1890 a Berlino, insieme alla moglie, Laura Marholm, che Hansson aveva conosciuto proprio a casa di Brandes, nell’estate del 1888.

Hansson, comunque, si prese la sua vendetta con diversi articoli e anche narrativamente con Dilettanten (“Il dilettante”; il racconto uscì in tedesco sulla “Freie Bühne” nel 1892, mentre nessun editore volle pubblicarlo in Scandinavia finché Brandes fu in vita), in cui il critico danese è adombrato sotto le vesti di uno scrittore erotomane, dai tratti diabolici (“Un orientale dai capelli neri e dal viso giallastro tra biondissimi nordici dall’incarnato fresco; un profilo da uccello rapace su un corpo flessuoso come quello di un gatto o di una donna; la nobile consapevolezza di un’intelligenza che si diffondeva anche nei gesti esteriori – e tuttavia del tipo che sciorina e offre in vendita le sue merci, un po’ la stessa laboriosità delle mani e la stessa astuta capacità di seduzione degli occhi con le quali i suoi antenati nei tempi passati dispiegavano le loro merci di fronte al pubblico bramoso di acquistarle”), Robert Leveaux, che circuisce e raggira un giovane aspirante poeta, ingenuo e idealista, di origini contadine e di aspetto nordico, in cui non è difficile ravvisare le fattezze dello stesso Hansson.

In questo stesso periodo cade l’inizio del legame tra Ola Hansson e Strindberg, un rapporto segnato da intensa amicizia e da profonde rotture, basato soprattutto sul disprezzo condiviso per la situazione culturale svedese, immersa nelle acque stagnanti di una letteratura ingessata e impermeabile ai fermenti che provenivano dalle avanguardie continentali, e che si sarebbe rivelato denso di risvolti per l’evoluzione di entrambi. La prima lettera di Strindberg a Hansson, datata 16 novembre 1888, riflette il tentativo di reclutare il giovane autore alla propria iniziativa di “Skandinavisk Försöks-Teater”, offrendogli l’opportunità di mettere in scena un adattamento dal suo racconto En Paria (“Un paria”), uscito su “Ny Jord” nel novembre 1888 (l’atto unico dal quasi omonimo titolo – Paria – che Strindberg ne trarrà all’inizio del 1889 rappresenta uno dei risultati più radicali del suo teatro sintetico): Una proposta che a Hansson dovette sembrare particolarmente lusinghiera dato l’ostracismo che era seguito allo scandalo di Sensitiva amorosa e le conseguenti difficoltà a pubblicare nuove opere in patria (“Ny Jord” era una rivista danese, e la raccolta Parias, contenente la novella omonima, uscirà solo nel 1890 e in tedesco, dopo che in Svezia, come scrive Hansson il 25 agosto 1889 a Marie Herzfeld, giornalista e divulga­trice della cultura scandinava e sua traduttrice in tedesco, attiva soprattutto sulla scena au­striaca, in stretto contatto con lo Jung-Wien: “non sono riuscito a pubblicarla neppure a mie spese”).

Di lì a poco, dopo una visita di Hansson a Holte, presso Copenaghen, dove Strindberg risiedeva, la corrispondenza inizia a riflettere una convergenza di intenti e di bersagli polemici, in un fitto intreccio di riflessioni e stimoli reciproci che si disperderà pochi anni più tardi, quando Strindberg coinvolgerà Hansson nel turbine della propria paranoia e la sua amicizia si trasformerà in un odio feroce e implacabile. All’inizio dell’ottobre 1892 Strindberg, in condizioni di indigenza e di acuto stress emotivo, ripara a Friedrichshagen (ribattezzata poi da lui “Friedrichshölle”) presso Berlino, dove Hansson viveva dal 1890 insieme alla moglie, Laura Marholm. Accolto dalla coppia di amici, inizia a dubitare di loro (il pretesto è dato da una raccolta di fondi a favore di Strindberg, organizzata da “Die Zukunft” e sollecitata da Hansson che, con poco tatto, rese pubblici alcuni brani di una lettera in cui il drammaturgo svedese si lamentava della propria miseria) e a nutrire persino il sospetto che la moglie di Hansson gli abbia sottratto le lettere di Nietzsche (che in realtà Strindberg aveva affidato a Birger Mörner). Così Hansson descriverà molti anni più tardi, in un articolo del 1920, la conclusione del loro rapporto, culminato con il congedo di Strindberg il 14 novembre 1892: “A Friedrichshagen, Strindberg avrebbe voluto venire a vivere con noi, ma non avevamo la possibilità di ospitarlo nelle condizioni in cui vivevamo allora. Gli procurai una stanza vicino a noi in un vecchio, minuscolo hotel. Pochi giorni dopo si era trasferito da noi, nella nostra casa. I padroni di casa risiedevano in soffitta. Lui aveva a disposizione tre stanze e la cucina – la cucina gli serviva per i suoi esperimenti di fotografia a colori. Per lo più se ne stava per conto suo, quando non era in città. Una sera si presentò da noi sul tardi; aveva con sé la sua chitarra; suonò, ballò e cantò, con molta vivacità. Il giorno dopo se n’era andato. Non lo rivedemmo mai più.”

Sensitiva amorosa, comunque, segna un primo vertice nella produzione di Hansson. Il sensualismo materialistico che informa la novella sarà destinato a restare episodico: gli anni successivi, sulla scorta delle letture nietzscheane, vedranno l’autore svedese approdare a posizioni sempre più misticheggianti, a partire dallo spudoratamente zarathustriano Ung Ofegs Visor (“I canti del giovane Ofeg”, 1892), una raccolta di prose poetiche medievaleggianti di carattere rapsodico. La deriva irrazionalistica dell’autore scandinavo si sposterà anche dal piano letterario a quello personale, e i suoi ultimi anni saranno segnati da crisi nervose, riprese, ricadute, conversioni repentine (quella alla fede cattolica nel 1898) e altrettanto repentine abiure, fino al distacco quasi totale dalla scena letteraria e culturale del suo tempo e alla morte in esilio nella lontana Büyükdere, in Turchia, nel 1925. L’oblio ne ha spento il ricordo fino a tempi recenti, quando è iniziata una diffusa rivalutazione della sua opera e della sua figura. Proprio Sensitiva amorosa, tra l’altro, è stata ripubblicata in accurate edizioni in tedesco nel 1997 e in inglese nel 2002, e ora questa traduzione italiana viene a colmare un’evidente lacuna anche nel nostro paese. Speriamo che la seguano altre iniziative altrettanto lungimiranti e rigorose.