4 Dicembre 2017
Massimo Bacigalupo, Angloliguria. Da Byron a Hemingway, Il canneto Editore, pp. 290, euro 24,00 stampa
La Riviera ligure orientale è ricca di dettagli letterari, potremmo dire “umani”, lungo itinerari che scavalcano Montemarcello dalla foce del Magra a Fiumaretta scendendo a Lerici e al Golfo dei poeti. Baia che è sempre stata esauriente di scrittori poeti e perdigiorno illuminati, soprattutto di lingua inglese, anche se gli italiens (lo so lo so che così sono definiti dai francesi gli italiani da esportazione, ma il vocabolo mi piace per la sua allure provincial-popolare) sono allineati in una schiera mica povera di personaggi seduttivi e di solenni frequentazioni intellettuali e geografiche. Tra salotti e spiagge ciottolose, barche e velieri più o meno veleggianti e naufraganti, rocce a picco su flutti e rimedi farmacologici, tra alberghi perduti e ritrovati, i conti spesso tornano nei racconti anglofili che Bacigalupo ha raccolto negli ultimi quindici anni e che compendiano, integrano o aggiornano i precedenti di Grotta Byron, pubblicati nel 2001.
Sono conti che si fanno in archivi pubblici e privati, dentro le carte di ritrovamenti fortunosi o ricercati per decenni. Genova era tappa quasi obbligata per i turisti d’Ottocento, fra anime dissacratorie e romantiche sembra che il salto di secolo sia stato tutto men che fortuito. Basta conoscere alla lontana le peripezie della “famiglia” Mary Wollstonecraft/Shelley/Byron per intendere come da questi si sia arrivati ai vari Pound Laughlin Lawrence Tomlinson e via dicendo. Difficile pensare a come possa essere “inglese” il golfo che contiene promontori isole e isolotti “scabri ed essenziali” e che resta uno dei luoghi più abbacinanti di luce che l’Italia offre al visitatore.
D’altronde la forza della letteratura d’oltreconfine ha poteri che nemmeno gli déi olimpici possedevano. Soltanto Omero poté superare le ère per consegnarci influenze eterne. Bacigalupo attraversa notti e giornate con il suo classico stile affabulatorio che non disdegna strizzate d’occhio al gossip leggero e alle cronache familiari che dagli antenati giungono alla sua persona. Ma le vicende di scrittori e viaggiatori internazionali, con le loro relazioni fra parenti amici e amanti di varia specie sessuale, si sviluppano nel gran mondo delle opere e ne proseguono fortune e disgrazie, di più le prime se consultiamo un indice ideale. Piace sapere quali siano state le passeggiate e i dialoghi di personaggi come Lowell, Ginsberg, Hemingway e Isherwood, se questa casuale mondanità ci permette non solo di varcare i limiti di un mondo perduto ma anche di risentire gli echi di una certa opera e di apprezzarne le scelte tecniche ed emozionali. Cosa non da poco quando si ha a che fare con poeti a cui i dettagli appaiono quasi sempre come meteore fulminanti e miracolose. Senza contare che svelare, per piccoli ritagli, ombre e anfratti riguardanti le biografie contribuisce a togliere di mezzo certe mitografie poco consone al valore reale di scrittori e poeti. La ricca iconografia che accompagna Angloliguria, proprio al centro del volume, deve considerarsi come una specie di Arca dell’occhio, dove immagini antiche e recenti danno la pagella a quanto si legge, e fanno entrare nella nostra vita supplementi di concreta esistenza: anima e architettura si tengono a braccetto insieme a istantanee Kodak o Polaroid in stile gita fuori porta.
Ma in Liguria e nella sua Riviera il “fuori porta” non può che indicare, una volta allontanatisi dalle Mura della città di Genova, la visione di spiagge strette e rocciose davanti al mare che essendo “ligure” sprofonda svelto verso le profondità, così come fanno velocemente le montagne alle spalle. E questo veloce cambio barometrico, misterioso e spericolato, forse è proprio ciò che attira da sempre la miriade di inglesi (e gli amichevoli estimatori italiani) a ridosso di luoghi tanto evocanti l’immaginazione dei nuotatori.