E se intorno al compimento del quinto anno di età un bambino – figlio illegittimo di un aristocratico decaduto e della cameriera violentata e licenziata una volta incinta – cominciasse a ricordare ogni dettaglio della sua vita precedente? – una vita come tante, cominciata il 1° gennaio 1919 nel bagno delle donne della stazione ferroviaria di Berwick-upon-Tweed e terminata nel 1989 in un ospedale di Newcastle? Seguirebbe naturale smarrimento, angoscia, paura, diagnosi di malattia mentale, suicidio in manicomio. E se alla stessa età ricordasse tutto di nuovo, distinguendo con precisione le sue due vite precedenti – suicidio e tutto il resto?
“Si dice che ci siano tre fasi dell’esistenza, per quelli di noi che vivono in cicli”, scrive Harry August, narratore delle sue (prime?) quindici vite: “Rifiuto, esplorazione e accettazione”. Harry è infatti un “kalachakra”, una persona che, per qualche imponderabile scherzo della natura, percorre in eterno lo stesso ciclo di eventi storici; ogni volta che muore la sua vita ricomincia, sempre lo stesso giorno, nello stesso luogo, sempre dalla stessa madre, che inevitabilmente muore di parto. E, cosa rara persino tra i kalachakra, ricorda tutte le vite precedenti. Non è il solo, infatti, ad avere il dono di rinascere, come scopre nella quarta vita (la terza sarà dedicata alla ricerca spirituale e religiosa della propria natura, la quarta all’indagine medica, la quinta allo studio della fisica… fino all’inevitabile accettazione).
Esiste infatti una misteriosa organizzazione, il “Cronus Club”, che ha sedi in tutto il mondo e che si occupa proprio di venire incontro alle esigenze dei kalachakra e di educarli alle loro complicate esistenze. Ma ci sono delle regole da rispettare, non tanto di natura etica, quanto pratica: non bisogna interferire con l’andamento della storia, meglio non rivelare il proprio segreto alle persone normali (definite “lineari”), né svelare mai il proprio giorno e luogo esatto di nascita, perché altrimenti… “Quando moriamo è come se il mondo si riavviasse e solo la memoria rimane a prova degli atti che abbiamo commesso”.
Nel suo romanzo più recente, 4321, Paul Auster ha immaginato quattro vite alternative per il suo protagonista, ma nel 2014 la londinese Claire North (pseudonimo di Catherine Webb) era già arrivata a quindici! La trentunenne autrice di romanzi fantasy e young adult di successo, appassionata di Star Wars e del Signore degli anelli, parte da un’idea tanto semplice quanto efficace – vite multiple che generano universi paralleli – per sviluppare una storia avvincente, originale ed emozionante, impossibile da abbandonare prima dell’ultima pagina, e che rimane impressa a lungo dopo la lettura.
A metà tra La lega degli uomini straordinari di Alan Moore (o anche il recente Jerusalem) e film cult come Highlander e Il giorno della marmotta, con una strizzata d’occhio ai viaggi nel tempo di Outlander o alla fantascienza di Interstellar, Le prime quindici vite di Harry August è un thriller fantastico brillante e leggibilissimo, capace di trafiggere e commuovere, che riflette sul mistero dell’esistenza con l’ausilio delle più recenti teorie quantistiche. Attraverso capitoli brevi, incisivi, e una narrazione frammentata che ricalca il palinsesto della mente del narratore procedendo a zigzag tra le vite e i decenni, il romanzo descrive un suggestivo tragitto spazio-temporale che va dai campi di battaglia della Seconda guerra mondiale alla Germania del Muro di Berlino, dalla Russia degli anni Cinquanta all’America di inizio millennio, con sconfinamenti in Sudafrica e in Vietnam, nella Vienna degli anni Trenta, la Pechino della Rivoluzione culturale, l’Afghanistan di inizio anni Settanta, la Londra del Blitz, Israele…
Vita dopo vita Harry è costretto ad affrontare la sua nemesi Vincent, kalachakra “mnemomico” come lui, ma deciso a usare le conoscenze scientifiche ed economiche accumulate in secoli di esistenze per portare a termine un esperimento scientifico rivoluzionario, in grado di rivelare la favoleggiata “teoria del tutto”, anche se al prezzo di accelerare la fine del mondo (e dei mondi possibili). Ma è davvero un dono poter rivivere in eterno, o non piuttosto un fardello, una colpa, un castigo?