Non proprio da ridere

Alessandro Morbidelli, Storia nera di un naso rosso, Todaro Editore, pp. 170, euro 15,00 stampa, euro 9,99 epub

“Dentro di me gira una palla strana. Un groviglio di odio che fa vento, nessuna scintilla può resistergli. Leggo nelle sofferenze degli innocenti quei nodi che tengono legata la palla, che è una palla di stracci, imbevuta di rabbia. La sento ruotare e ruotare nel petto, che scava in profondità”.

Storia nera di un naso rosso è stato definito come “un noir corale”: sei protagonisti (Angelo, Anita, Silvia, Valentina, Serena, Alessandra) per altrettanti capitoli che si intrecciano tra loro creando un cupo arazzo. Il “naso rosso” appartiene ad Angelo Cantiani, medico che si esibisce nel ruolo del dottor Willy Pancione per la clownterapia in un reparto di oncologia pediatrica: nella sua vita, l’ex moglie, le amanti, i suoi piccoli pazienti, la morte. Il trucco da pagliaccio è una maschera attraverso la quale Angelo può mostrare il suo vero volto: sotto il cerone, il ghigno beffardo e crudele di un demone che, a poco a poco, gli altri imparano a riconoscere e temere. Nella deformità di questo travestimento grottesco, il naso rosso rappresenta l’ultimo baluginare della sua umanità e, non a caso, viene presto perduto.

Accanto ad Angelo, le donne della sua vita: Serena, l’ex moglie dominata da una madre opprimente e ricattatoria; Valentina, la nuova compagna, divorata dalla rabbia e dal rancore contro Milano e quello che la città rappresenta in termini di ricchezza e potere, tanto odiati quanto desiderati; Anita, l’amante, che rinasce grazie alla forza del legame con Angelo. Ancora, altre vite, abbandoni, compromessi, sconfitte che ruotano attorno al suicidio di un dodicenne: eppure, nonostante tutto, tra le pagine di questo noir trovano posto anche l’amore, la tenerezza, il “volere bene” di catulliana memoria.

Nei relativi capitoli le donne raccontano la loro vita in prima persona, esplicitando, tra le chiavi di lettura, la maternità: cercata, rifiutata, declinata in tante forme, dal possessivo egoismo alla speranza nata da un riscatto tardivo quanto liberatorio. A questo proposito scrive Barbara Garlaschelli, autrice della postfazione: “Alessandro dimostra che non esiste una scrittura ‘femminile’ o ‘maschile’, ma esiste la bella scrittura e basta”.

Perché tra le pagine di Storia nera di un naso rosso riusciamo a leggere tante cose, forse addirittura oltre il messaggio che l’autore avrebbe voluto trasmettere: la nostra idea di felicità, la direzione che vorremmo dare alla nostra vita. D’altronde, ogni buon romanzo lascia un segno, punto di partenza per un’ampia riflessione su noi stessi e sugli altri. E questo, in conclusione, è il miglior complimento che si possa fare a un autore.

31 Agosto 2017