Non c’è Proust che tenga: il tempo è perduto fin dall’inizio.

Wallace Stegner, Verso un oscuro approdo, tr. Maurizia Balmelli, Bompiani, € 22,00, eBook € 9,99

Wallace Stegner giunge da noi inaspettato, a molti anni dall’ultima pubblicazione italiana. Verso un sicuro approdo è libro definito da Alessandro Piperno (usa raramente certi vocaboli) un vero capolavoro. Ultimo romanzo scritto da Stegner, originario di Lake Mills nello Iowa, prima di lasciarci nel 1993. Quasi un’autobiografia, un’opera che narra le vicissitudini di due coppie sposate diversissime tra loro ma depositarie di un legame che durerà l’intera vita. Assistiamo alla carriera di due docenti nella circoscritta atmosfera dei college americani: Larry e Sid (confidente l’uno, quanto inetto l’altro), le loro compagne Sally e Charity dai caratteri opposti (soave la prima, vivace e autoritaria la seconda).

Ci inoltriamo nella visione e nei sogni di Larry, che desidera a tutti i costi un successo letterario tale da togliere lui e la moglie dall’indigenza a cui sembrano costretti, nonostante l’amore e l’impegno che li unisce. Il contorno di compromessi, seduzioni e diatribe con donne magnificamente insopportabili e belle, pone questo libro in una prospettiva ambigua rispetto a quella di solito attribuita alla categoria del romanzo americano di tradizione universitaria. Fascino innegabile tramutato da noi in fortuna editoriale dai romanzi di Roth, Bellow, Franzen, e altri scrittori sfacciatamente noti. Il sodalizio è intenso, dagli esordi fiduciosi ai successi a lungo rincorsi, dal disagio accademico e storico (siamo negli anni fra le due guerre, in piena Depressione) ai divertimenti mondani e infine alle malattie. Larry, ormai anziano nella dimora di campagna, prende a raccontare la storia fin dall’inizio, quando non aveva un soldo in tasca ma sapeva scrivere, e portava con sé dal New Mexico l’innamoratissima moglie. L’incontro di Larry e Sally – avvenuto in una atmosfera sfavillante – con l’altra coppia, alquanto danarosa e sempre vestita a festa, cambia letteralmente il corso delle loro esistenze. Le disuguali vite passano da momenti tranquilli a accelerazioni per niente casuali, rapinose e necessarie ai protagonisti e alla way of life nazionale. Sembra che tutto debba accadere, che la travolgente Charity possa abbagliare chiunque, ma è il tempo a occupare la posizione, con il suo proverbiale distacco fa fluire il romanzo come fossimo davanti a un film del filone più naturalistico.

La voce narrante ci restituisce la storia come se avvenisse in quel momento, ecco perché si ha l’impressione che l’orizzonte non cambi mai, e che ogni giorno i protagonisti abitino le stesse case, siedano sulle stesse chaise longue e si muovano sulle stesse strade. Perfino i viaggi, nel paesaggio meraviglioso del Vermont, appaiono plausibili come fuoriusciti dagli appunti di un geografo naturalista. Bisogna riconoscere a Stegner l’ammirevole capacità nel restituire il senso di un paesaggio americano incontaminato, lucido, esteso come le menti dei suoi abitanti. Che sono talmente impudiche da rendere attonite le nostre convinzioni latine. L’amicizia delle due coppie occupa, in fondo, tutto lo spazio del racconto: chiunque leggendo se ne può fare un’idea, anzi riesce a capire quale ne sia l’origine, esemplificativa quanto lo sono un Martini dry o i Levis Strauss.

Forse per questo possiamo accordarci con la determinazione critica di Piperno: per la capacità narrativa, tutta americana, di allungarsi su un’intera epoca e di spiegarla attraverso i caratteri precisi di chi la vive. Una nazione i cui figli hanno inventato archetipi graziosi e dannatamente micidiali. Questo romanzo, degno di forti aspettative, porta dentro all’incomprensione che fa tremare ovunque si viva, tra malattie e invecchiamento, al di qua o al di là dell’oceano. Ci si domanda quali spinte portino alla morte, in un moto che sembra lento ma proprio per questo, dal debutto alla fine, non dà scampo.

Non c’è Proust che tenga: il tempo è perduto fin dall’inizio.