4 ottobre 1957. Dopo il lancio del primo satellite artificiale sovietico attorno alla Terra, negli Usa scoprono che i loro rivali geostrategici sono in vantaggio nella corsa allo spazio. È il “momento Sputnik” a cui un mese dopo fa seguito il “momento Sputnik 2”. Cogliendo perfettamente il valore propagandistico della missione, Kruscev decide infatti di menare un secondo colpo all’avversario già al tappeto, lanciando in occasione del quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre un altro Sputnik con a bordo per la prima volta un essere vivente. Nel 2008, la storia di Laika, la celebre e sfortunata cagnolina destinata a diventare la prima cosmonauta della storia, è ricostruita in questo magistrale graphic novel da Nick Abadzis, sulla base dei dati desecretati dai russi sei anni prima.
Insignito lo stesso anno del prestigioso Eisner Award, Laika ricostruisce una vicenda che fin dalla prima vignetta non ci autorizza a immaginare un lieto fine. D’altro canto, la linea rossa che l’autore sceglie di non varcare dall’inizio è quella rappresentata dalla facile indignazione e dal patetismo. L’opera è infatti un reportage asciutto, dove si alternano le voci dei protagonisti e delle protagoniste, compresa quella di Laika, antropomorfizzata dai suoi interpreti. Abadzis immagina la vita di Kudryavka, il primo nome della cagnetta, ribattezzata “Laika” (“che abbaia”) per esigenze di copione del programma spaziale, la vediamo sfuggire a un padrone malevolo e, poco dopo, essere catturata da un accalappiacani incattivito. Grazie a un suo collega più pietoso, alla fine approda al complesso aerospaziale sovietico dove, apparentemente, la sua vita è tenuta per la prima volta in conto.
L’intreccio si completa con la fantasia ma si fonde con il materiale storico documentale, sovrapponendo personaggi fittizi come Yelena, l’addestratrice che fino all’ultimo prova a strappare Laika al suo destino, a personaggi reali come Korolev, l’ambizioso e visionario responsabile della missione, uno dei padri del progetto spaziale sovietico, richiamato dal gulag e riabilitato nel nuovo clima della destalinizzazione. È lui a scegliere la cagnolina proprio perché la ritiene “speciale”, decidendo di sacrificarla alla patria socialista. La sua autodifesa – “preferireste sacrificare un essere umano?” – suona oggi scontata quanto storicamente elusiva: solo la scelta politica di una deadline follemente ravvicinata impedì infatti agli scienziati sovietici, tecnicamente impegnati in un mezzo miracolo, di studiare un possibile piano di rientro per il satellite, già appesantito dall’improvvisato abitacolo canino. Va detto che il programma sovietico utilizzò per anni decine di cani prima di Laika per voli in orbita suborbitale. Alcuni animali – come Albina, la cagnetta cosmonauta veterana che compare nel graphic novel – sono stati utilizzati anche per diverse missioni, rientrando quasi sempre alla base.
La pressione ideologica del “momento Sputnik” fu intollerabile anche per gli scienziati e la storia non distingue tra buoni o cattivi ma, come osserva Laika, riconosce solo umani che odorano di buono o, al contrario, di sudore e di paura. Anche questi ultimi, come Yelena, saranno comunque gradualmente conquistati dalla fiduciosa disponibilità dell’animale che si distingue orgogliosa negli estenuanti addestramenti alla centrifuga o a gravità zero. Emerge così il vero nucleo drammatico del racconto: è proprio la fiducia canina negli umani, favorita in questo caso dall’empatia e dalle attenzioni dall’addestratrice, che si rivela fatale per la cagnolina, traumatizzata dall’abbandono, desiderosa di piacere e compiacere. Un‘intera strategia evolutiva, assieme alla sostanziale inaffidabilità della nostra specie, si rivela così per quello che è – poco più di un inganno – a Laika abbandonata dalla “sua” padroncina nello spazio.
Abadzis si sforza di immaginare dei finali alternativi, ed ecco l’animale lanciarsi di nascosto con il paracadute. O, aprendo alla fantascienza, Laika prelevata e portata in salvo dagli alieni, previa apparizione del Monolite di 2001: Odissea nello Spazio. O infine, investita dai raggi cosmici, mentre acquisisce i superpoteri dei Fantastici Quattro (e l’aspetto del cane Krypto) per tornare sulla Terra, perché il potere è dopotutto una cosa che anche noi umani riusciamo a comprendere.
Secondo la versione ufficiale diramata all’epoca, Laika sarebbe vissuta nello spazio per diverso tempo prima di essere sottoposta a una pietosa eutanasia. Nella realtà sappiamo che morì invece atrocemente dopo poche ore, sottoposta a condizioni fisiche insostenibili, e che per il resto di quella missione non funzionò quasi nulla. Il suo sacrificio, al netto della propaganda, non produsse dati scientifici significativi per il programma spaziale sovietico, coronato tre anni dopo dal volo di Gagarin sulla Vostok 1. Abbandonare un cane nello spazio non si rivelò neppure un grande affare in termini di pubblicità. Kruscev prese nota e un paio di anni dopo due altre cagnoline, Belka (“Scoiattolo”) e Strelka (“Freccia”), rientrarono sulla Terra sane e salve dopo una giornata nello spazio a bordo di Sputnik 5. Oggi ovviamente nessuno le ricorda mentre a Laika, fortunoso incrocio di Husky e di Terrier, non hanno ancora smesso di dedicare monumenti.