Joe R. Lansdale, Il sorriso di Jackrabbit, Einaudi, tr. Luca Briasco, pp. 250, euro 17,50 stampa, euro 9,99 ebook
Ormai sono tornati a pieno regime. E chi si sogna di rimandarli indietro? Ce li teniamo ben volentieri. Invecchiati, come accade a tanti personaggi seriali su carta (diversamente dal cinema o dalle serie TV), ma non per questo arrugginiti, pronti anzi a deliziare le migliaia di lettori che dopo Honky Tonk Samurai hanno sperato di poter gustare nuove avventure con protagonista il più improbabile duo di detective che la mente di uno scrittore abbia potuto concepire.
Ma quando la mente è quella di Joe R. Lansdale, e i facenti parte del duo in questione rispondono ai nomi di Hap Collins e Leonard Pine, l’avventura – e le risate – sono servite, accomodarsi ai tavoli, prego. Senza dimenticare che per dessert c’è sempre qualche spunto di riflessione sociologica, mai assente dai romanzi dello scrittore texano, giunto qui al dodicesimo capitolo della sua saga più conosciuta e fortunata.
Dopo Bastardi in salsa rossa, che avevamo discusso qui su PULP Libri con toni non molto entusiastici, Il sorriso di Jackrabbit pompa buona benzina sul fuoco dell’irriverente prosa di Lansdale e consegna un romanzo a tutti gli effetti avvincente, che appaga pienamente aspettative nel suo caso non certo basse.
Hap e Brett stanno festeggiando le proprie nozze, che hanno finalmente avuto luogo dopo una convivenza lunghissima e piuttosto pepata, sotto il profilo carnale della faccenda. Brett è diventata fra l’altro il capo di Hap, intenstandosi la licenza dell’agenzia investigativa di cui fa parte pure l’inossidabile pard Leonard. Ma ecco che qualcosa guasta i programmi dei nostri: al clou della festa, mentre Hap sta arrostendo salsicce per tutti nel giardino di casa, fanno la loro comparsa due ospiti non invitati: Judith Mulhaney e il figlio Thomas hanno urgente bisogno di conferire con chi di dovere per un’indagine delicata. La figlia minore, Jackie Mulhaney, detta Jackrabbit per via della sua arcata dentale superiore un bel po’ sporgente, è scomparsa senza lasciare tracce.
I rapporti, va detto, non nascono sotto la migliore delle stelle. Non è tanto per l’occasione in sé (durante la festa del proprio matrimonio è pacifico che a nessuno degli sposi piaccia discutere di lavoro), è che madre e figlio preferirebbero che ad occuparsi del caso fossero la stessa Brett, o Hap, ma non certamente il colorito Leonard. D’altra parte, Thomas in particolare si presenta alla loro porta con una maglietta con su scritto uno slogan piuttosto esaustivo, BIANCO È GIUSTO. Peccato che su certe tematiche a uno come Leonard non puoi tastare troppo il polso, il rischio di assaggiarne gli argomenti a suon di ceffoni e calci nel didietro è alquanto probabile – e Thomas lo comprenderà molto presto.
Tuttavia, il lavoro è lavoro e l’umanità di cui Lansdale impregna i personaggi delle sue storie presenta talvolta svantaggi: nessuno di loro può permettersi di dire no a una proposta d’ingaggio, perciò si aprano le danze.
La pista che Jackrabbit ha lasciato alle sue spalle si è ormai raffreddata e per quanto sembri incredibile che alla luce delle recenti innovazioni tecnologiche una persona possa far perdere dall’oggi al domani ogni traccia di sé, ritrovare le orme della ragazza scomparsa sembra davvero un’opera titanica, almeno inizialmente. Purtroppo per i cattivi di turno, la premiata ditta Collins & Pine non si arrende davanti a nulla e ogni volta, oltre a portare a casa pagnotta e risultato, caccia le mani nel sordido, senza smettere di rimestare porcheria finché la verità non viene a galla.
Stavolta Lansdale pone l’accento sulle sette religiose, sulle capacità persuasive di certi personaggi di riferimento per i seguaci del culto e sugli immensi interessi economici che questo tipo di realtà riescono spesso a maturare, ad appannaggio di pochi«eletti» e con intenti che di spirituale hanno assai poco.
Ma state tranquilli: questi non sono libri che stanno lì a farci la lezioncina, né si caricano di una qualche verità profonda da rivelare alle addomertate, addomesticate legioni di individui senzienti all’oscuro di certi strani meccanismi. Lansdale scrive per divertire e divertirsi, con la presunzione di credere che intrattenere piacevolmente chi legge non significhi buttare mucchi di parole a caso in pasto ai maiali.
Riflettere sul mondo, e sulla natura dell’uomo, è il compito che un buon libro dovrebbe assolvere sempre. Farlo con un sorriso, un sapiente utilizzo dei colpi di scena, personaggi perfettamente funzionali e una scrittura tagliata con l’accetta è arte rara. Per fortuna nostra, ogni tanto, del tutto casualmente, un certo tipo di arte diventa mainstream e si trova dappertutto, nelle librerie e negli store on line. Non resta che approfittarne e cogliere l’occasione per imparare a distinguerli dal resto, questi libri. Anche perché, passati a miglior vita i pochi vecchi bisonti che bontà loro ancora restano ancorati alla tastiera e sfornano qualche buona storia, poveri noi.
Ci toccherà leggere per forza mucchi di parole buttati a caso. E accettare l’idea di esserci meritati di diventare per qualcuno i maiali cui destinarle.