Nella trama della carta da parati

Charlotte Perkins Gilman, La carta da parati gialla, tr. Luca Sartori, Galaad Edizioni, pp. 144, euro 13,00 stampa

Se The Yellow Wallpaper (1892) di Charlotte Perkins Gilman si può ragionevolmente considerare una delle short stories più importanti della letteratura angloamericana, non si può salutare se non con entusiasmo e curiosità una sua nuova traduzione italiana. Entusiasmo e curiosità che aumentano, se si considerano anche altri due fattori: il percorso difficoltoso – costellato di imperfezioni ed errori, tanto nella traduzione quanto nella ricezione critica – seguito finora da The Yellow Wallpaper in Italia, nonché la bontà della collocazione editoriale di questa nuova uscita.

The Yellow Wallpaper, infatti, si inserisce a buon titolo nella collana “I Lilliput” di Galaad Edizioni, affiancando altri gioielli del racconto come, per esempio, L’occupazione del suolo di Jean Echenoz, uscito nel 2017. La confezione editoriale della collana – dal formato non lillipuziano, ma sicuramente apprezzabile per maneggevolezza e cura – consente, in questo caso, di avere il testo originale a fronte, permettendo al lettore bilingue di perlustrare a fondo le scelte traduttive di Luca Sartori, che sono, per chi scrive, sempre impeccabili.

Sul tasto dell’importanza della traduzione batte, in alcuni momenti, anche la ricca nota introduttiva di Alessandra Calanchi, la quale non si può esimere dall’osservare come in passato The Yellow Wallpaper sia stato oggetto di varie storture, nella ricezione italiana: il racconto, per esempio, è stato erroneamente presentato come il testo di un’autrice britannica (!) o anche come una storia nella quale i personaggi maschili risultano tutto sommato amorevoli e positivi nei confronti della donna, che, implicitamente, viene quindi descritta alla stregua di una povera pazza, e nulla più (!!). Insieme alla quanto mai necessaria difesa di questi punti d’onore, Alessandra Calanchi offre un completo e approfondito excursus nella ricezione critica globale, accademica e non, di The Yellow Wallpaper, in uno stile che non si lascia mai irretire dalle maglie dell’accademismo e può certamente attrarre anche il lettore non specialista.

Tra le varie ipotesi interpretative ricordate da Calanchi, vorrei infine sottolineare quella che, apparentemente più banale, è forse, per me, la più interessante. Basandosi su un saggio accademico di Dana Seitler, Calanchi ricorda come tra le valenze più significative della short stories di Gilman ci sia una costruzione narrativa perturbante e, in questo, molto innovativa del personaggio della donna, nel suo ruolo sociale di madre. Rifuggendo, allo stesso tempo, la classica enfasi sulla depressione post partum che affliggerebbe la donna, questa chiave interpretativa ha il pregio di portare in luce le molteplici valenze sociali e politiche di The Yellow Wallpaper. Si potrebbe quasi parlare di una rivolta, per quanto destinata in parte allo scacco, contro la società patriarcale statunitense e al suo immaginario culturale di fine Ottocento – in questo paragonabile, come ricorda giustamente la curatrice, al Risveglio (1899) di Kate Chopin. Forse il racconto di Perkins Gilman ha tinte ancor meno fosche di quelle adottate da Chopin, basandosi su un gioco che è meno scopertamente posizionato e, di conseguenza, maggiormente perturbante non solo per il personaggio femminile al centro della storia, ma anche per le lettrici e i lettori.

Nella trama della carta da parati, che da un certo punto in avanti domina la scena, si può leggere anche questo, ed è certamente un bene poterlo ricordare a più di cent’anni di distanza dalla prima pubblicazione: non solo e non tanto per fare dell’autore una paladina di una qualche forma di femminismo a detrimento di altre, ma per riprodurre ancora una volta quell’effetto perturbante e insieme maieutico, e forse anche trasformativo, che Perkins Gilman ha saputo provocare con il suo breve ma importantissimo testo.

Articolo precedente
Articolo successivo