Nel segno del corpo

Sébastien Japrisot, La cattiva strada, tr. Simona Mambrini, Adelphi, pp. 220, euro 18,00 stampa

Sébastien Japrisot, pseudonimo di Jean-Baptiste Rossi, nasce il 4 luglio del 1931 a Marsiglia e si trasferisce a Parigi per studiare chimica. A 19 anni scrive la prima parte de La cattiva strada (Le mal parti) e durante la sua esperienza nella capitale non farà altro che cercare un editore. Un giorno, su consiglio di un amico, finisce per sbaglio alla Torre dell’Orologio presso un ufficio di avvocati e medici. Il destino vuole che la dattilografa, Germaine Huart, colpita, si offra di trascrivergli il romanzo fuori dagli orari di lavoro. È il più classico dei colpi di fulmine. Si sposeranno. Il romanzo viene ignorato in Francia, ma raccoglie successo negli Stati Uniti anche grazie alla traduzione di Salinger. Nonostante questo Rossi deve trovarsi un lavoro, e dopo aver provato a tradurre a sua volta in francese Il giovane Holden, finisce a lavorare nella pubblicità. Nel 1962, acquisito definitivamente lo pseudonimo Japrisot, si consacra con il poliziesco Scompartimento omicidi. Da lì inizierà un felice e fortunato rapporto con il cinema. Muore a Vichy il 4 marzo 2003.

L’adolescenza, la primordiale selva di pulsioni e simboli, è una delle esperienze più forti che un essere umano possa attraversare nell’arco della vita. Il corpo si scopre limite dell’innocenza, il corpo diventa principio e fine di ogni rapporto con il mondo, l’unico elemento attendibile di comprensione delle cose. E la consapevolezza di sé nasce da questa traumatica sofferenza che si genera dall’apprendimento e dal differenziare ciò che è vivo e ciò che non è vivo, ciò che è buono e ciò che è male.

Questa è la storia di Denis, un adolescente di quattordici anni che studia dai Gesuiti e che proviene da una famiglia di provincia tradizionale e lavoratrice. I suoi genitori non hanno l’assillo di farlo diventare un uomo, al contrario, sin dal principio gli negano le prime compromettenti curiosità, le prime compromettenti letture, il galeotto libro, come dir si voglia. Denis è un ragazzo timido, impacciato, bene educato. Quando alla fine delle lezioni vede accendersi i pugni e i calci sul selciato, spesso vi si ritrova dentro più per buon cuore che per baldanza.

Questo vizio lo porta a scontare una ‘punizione’ – dovrà fare compagnia agli anziani in ospedale i giovedì pomeriggio con i suoi compagni di scuola – durante la quale conosce bel visino, la giovane suor Clotilde.Denis prende presto a nutrire una curiosità infantile nei suoi confronti e inizierà a cercarla assiduamente. I due iniziano a incontrarsi. Suor Clotilde, dal canto suo, sviluppa per il ragazzo un confuso sentimento materno, isterico e prostrato.

Accade che un giorno il nuovo della classe, Arthur, gli parla di un romanzo, Prelude Charnel di Robert Sermaise, ma soprattutto, delle proprie esperienze con le ragazze. Denis, che fino ad allora era terrorizzato dai pensieri impuri, scopre che qualcosa gli si rompe dentro. È la scoperta del desiderio e del tabù insieme. Nello stesso tempo suor Clotilde riceve la visita di un’amica in procinto di sposarsi e trasferirsi, e senza apparenti ragioni, di istinto, riuscirà a farsi prestare il suo appartamento. Nelle preghiere notturne il volto di Denis diventa una presenza fissa, prendendo il posto della presenza di Dio. Le frequentazioni nel parco dell’ospedale prendono a farsi sempre più appartate, fino a quando tra i due esplode lo sgomento: l’innamoramento è cieco, maniaco, introverso e debordante.
Da questo momento inizia una nuova storia che conosce crisi e resistenze, rimorsi e slanci. I due personaggi sono in realtà più simili di quanto si possa immaginare. Entrambi sono soli e succubi di due realtà più grandi di loro – la famiglia e la Chiesa – e inconsapevoli del sesso e dell’alterità, ma sarà proprio questa condizione comune che permetterà loro di rompere e ridefinire di volta in volta le deviazioni che incontreranno sulla loro strada. Ma resta aperto però un grande quesito; quale è la vera strada da percorrere?
Sébastien Japrisot definisce una mappa del desiderio e della diversità, e tiene agganciata la narrazione a una continua e costante tensione legando a doppio filo le vicende dei personaggi ai fatti del mondo, ribadendo il legame indissolubile tra individuo e storia quali grandi metafore al cui interno i significati, dialogando, danno vita a ciò che chiamiamo fatti: Japrisot così insinua lentamente, all’interno del romanzo, prima le notizie che provengono dalla radio della disfatta tedesca a Stalingrado, poi dello sbarco alleato in Normandia.

L’iniziale presenza degli occupanti tedeschi, per Denis, è semplice disappunto per la presenza dello straniero; l’età dell’adolescenza è pur sempre un tempo selvaggio, antistorico. Sarà il bombardamento della città, quasi a configurarsi come punizione esemplare per il peccato che vi abita, a offrire a Denis e suor Clotilde l’occasione per fuggire, intraprendere una nuova strada scappando verso la provincia del Sud. Il disordine del mondo diventa così elemento di ordine per Denis e Clotilde. La guerra è cresciuta con il crescere del loro amore. I fatti sono divenuti il prodotto del dialogo tra individuo e storia. L’individuo e la storia non sono altro che metafore, il pretesto per la produzione di significati.

Dio, corpo ed eros sono intimamente legati in suor Clotilde, e Japrisot apre a continue occasioni di dialogo tra questi elementi che però non trovano equilibrio nell’animo tormentato della donna. Gli unici momenti in cui questi sembrano collimare sono più dovuti a una sua reazione nervosa, a un desiderio di mettere a tacere tali movimenti dell’anima. A ogni modo è ben facile carpire dal mare magnum di tali idiosincrasie quale,forse, sembra essere l’unico sesso naturale. E l’unico aspetto del sesso naturale eal tempo stesso innaturale, è probabilmente l’incesto. E da qui si genera quel buio di fondo dell’animo umano, la frustrazione madre di tutte le guerre.

”Signore, concedimi di amarlo come un fratello, come un figlio. Concedimi di baciare il suo viso senza timore e di restare pura nei miei pensieri come lo ero quando sono venuta a Te. La vita avrebbe potuto darmi un fratello più piccolo come Denis o un figlio come Denis, un figlio tutto mio, ardente del mio stesso amore. Voglio amarlo così, Signore. Lo amo così. Denis, Denis, piccolo angelo mio.”

Japrisot è abile nel comporre più livelli di significati, richiami e sovrapposizioni: il nome del prefetto degli studi dell’istituto gesuita si chiama Gargantua, un vero e proprio scherzo messo in scena dall’autore, essendo Gargantua il personaggio di François Rabelais, il gigante principe del regno d’Utopia che si affranca della severa e mortificante educazione di corte grazie al vecchio Ponocrate che gli insegna ad apprendere direttamente e solo dai libri prendendosi gioco dei pedanti; vi è una lunga carrellata di bianco descritta nella sosta tra primo e secondo semestre, rappresentata dai ricordi di Denis delle vecchie nevicate, momento di tregua in cui egli scopre l’avvenuta tanto attesa Trasformazione; l’improvviso temporale che esplode mentre Denis confessa ad Arthur i suoi incontri con suor Clotilde, e che finisce poco dopo egli ha parlato. Inoltre c’è l’apparente miracolo a cui suor Clotilde crede di assistere, nel momento in cui piange in grembo alla madre Superiora ammettendo la sua relazione, e vede una lacrima scorrere lungo la tonaca anziché imprimersi su di essa. Una scrittura, quella di Japrisot, fortemente visiva, che procede per panoramiche orizzontali, finte soggettive, e che ama indugiare su elementi slegati dalla narrazione per poi concentrarsi ex abrupto su brevi e intensi primi piani supportati da dialoghi snelli.

Per Japrisot l’amore è rinnegamento e frammentazione dell’identità, rottura del rapporto tra individuo ed educazione, abbandono della cultura. La trasformazione dei due personaggi si realizza attraverso bugie e traviamenti, rimorsi e promesse, fantasie, ma giunge a un culmine nel quale essi sono ricongiunti e invertiti nei loro caratteri precipui. L’unica cosa reale che esiste e definisce realmente una persona è il sesso, a dispetto di ciò che ci viene negato dalla società.
La cattiva strada porterà così i due personaggi a salvarsi dalla morte e della guerra, ma farà conoscere loro l’impossibilità di vivere.