Midwest, pianure sterminate, pozzi petroliferi, inverni gelidi e primavere “irlandesi”, nativi americani, poliziotti e giornaliste. Il Nord Dakota di Fargo, ormai fin troppo celebre per via filmica, è nei dintorni, ma questo romanzo di Gwen Florio ha una magnificenza narrativa superiore, dove il dramma è terribilmente serio e i personaggi (la reporter Lola Wicks, innanzitutto) incrociano le loro esistenze difficili, spesso dolorose, con problematiche all’ordine del giorno nelle riserve.
Nel Montana le famiglie dei nativi hanno centinaia di componenti, le notizie viaggiano alla velocità della luce, secondo un tambureggiare invisibile. Relazioni conflittuali con i bianchi, realtà che le nuove economie setacciano e sfilacciano almeno quanto il lardo sciolto in padella per il pane fritto o i pezzi di pollo sfrigolanti.
Lola espone le incertezze del fidanzamento con lo sceriffo Charlie Laurendeau, anch’egli di origini nativo-americane, mentre la tragedia si consuma in mezzo a una tempesta di neve gelida e temibile. Il pericolo è fatale per Judith, ragazza indiana giovanissima e bellissima, ritrovata cadavere sul ciglio di una strada in mezzo ai cumuli di neve. Ex corrispondente in Afghanistan (così come l’autrice del romanzo), Lola s’intromette nelle indagini, richiamata irresistibilmente da una storia che la coinvolge in prima persona, vogliosa di contrastare le leggi scritte e non scritte fra le etnie e fra sé stessa e l’uomo rude, primo sceriffo indiano della contea, con cui ha una liaison.
L’istinto e la storia la portano, insieme al valoroso cane “tre zampe” Bub, verso il North Dakota, nel bel mezzo di un Far West contemporaneo dove regnano le trivelle dai profili di cavalletta e le scorribande sozze dei bianchi alla caccia di prostitute e spogliarelliste di pelle scura. Gli scarti di temperatura fra l’interno dei pick-up (unico mezzo di trasporto locale, a parte i colossali camion transitanti), le baracche e il terreno spazzato dalla neve alimentano i dialoghi serrati fra i protagonisti che nella scrittura robusta, per una volta davvero memorabile, trovano la loro reale consistenza.
La traduzione segue da presso la lingua inglese americana e la cultura locale ne esce fuori succosa e senza gli stravolgimenti della lingua italiana a cui spesso dobbiamo sottoporci leggendo romanzi importati dagli USA.
Il viaggio nelle nuove boomtown ha la forza pesante di un viaggio all’inferno, dove la minaccia alligna anche nel tepore delle scene casalinghe, e non soltanto nei locali dove la concentrazione di calore, urla, fumo e sudore è pari alla quantità di alcol e libidine depositati nella pancia degli operai.
Lasciata alle spalle la tonificante vastità del Rocky Mountain, Lola e Bub s’immergono in mezzo a resti di piccoli centri sorti intorno a stazioni ferroviarie, e fra un thermos e l’altro di caffè si ritrovano nella foresta di pompe petrolifere e infine nella notte repentina di Burnt Creek, città dove brillano soltanto le luci dei fari e degli strip bar. Transizione verso il buio fitto in cui sono immersi misteriosi personaggi al limite della disfunzione cerebrale, come lo sceriffo Thor Brevik, il sinistro vice Dawg e la persuasiva moglie Charlotte.
Siamo al centro di questo sorprendente romanzo, dove la profonda conoscenza del pericolo di Gwen Florio, sviluppata nella sua carriera di reporter dalle zone meno sicure del pianeta, si integra alle controversie fra bianchi e nativi americani presenti nel profondo Midwest rurale e oggi estrattivo.
La storia si amplia in un crepuscolo di civiltà dove tutto si rovescia in un calderone zeppo di sfruttamenti carnali, omicidi e animi piombati dal lavoro pesante. L’anima indigena sembra dispersa per sempre ma anche questa è apparenza, il grande Spirito aleggia ancora sulla testa delle donne indiane, trapassando gli strati di neve e ghiaccio le trasforma in eroine concordi e valorose. Contro la violenza e l’ingordigia dei maschi fuori e dentro la legge.
Dakota (titolo originale del romanzo) è il primo libro pubblicato in Italia da un’autrice che vorremmo continuare a leggere, seguendo le orme di altre sue opere dai titoli emblematici come Montana, Disgraced, Reservations.