Devo confessare che esco deluso dalla lettura del recentissimo libro di Mario Giordano: complice il titolo, lo credevo un instant book sull’emergenza Covid 19, in grado di scavare negli abissi della sanità lombarda con tutta la virulenza di una voce “fuori dal coro” come la sua. Speravo anche nell’eventualità di trovarmi davanti a un testo alt-right in grado di cavalcare l’ondata di dietrologie e malumori populistici che accompagnano ogni crisi.
Tuttavia, nonostante il contesto di uscita, il libro era probabilmente già pronto all’inizio della crisi e i riferimenti alla pandemia si trovano al massimo nella cornice narrativa (la lettera alla figlia) e in alcune frasi appiccicate qua e là e già invecchiate male (come quella sulla sanità italiana che “nella vicenda del coronavirus ha brillato per efficienza”). Si tratta di un’inchiesta sul lobbismo della grande industria farmaceutica e le malversazioni a questa legate, a cui l’autore stava lavorando già nel 2019. Giordano, oltre al programma televisivo su Rete 4 Fuori dal coro (noto ai più per la distruzione in diretta delle zucche pagane di Halloween nella puntata dello scorso 31 ottobre), scrive solitamente un libro all’anno e Sciacalli era quello previsto per il 2020. Chiaramente, considerato l’argomento e il periodo di pubblicazione, l’ammiccamento alla pandemia era inevitabile.
L’opera, dal punto di vista stilistico, si presenta esattamente come uno se la potrebbe immaginare: un lungo monologo televisivo di Giordano (e la tentazione di leggerla mentalmente con la sua voce è fortissima), spesso iperbolico e intervallato da una comicità oratoriale (dall’introduzione: “il primo italiano ad ammalarsi. Il paradosso? È un tecnico informatico. Specializzato in antivirus”). Senza contare i riferimenti untuosi all’immaginario cattolico, le domande retoriche martellanti e i toni apocalittici.
Tuttavia, il lavoro d’inchiesta in sé non è nemmeno così pessimo come si potrebbe desumere da una puntata del suo show televisivo. Pur rivolgendosi a un pubblico dichiaratamente populista, Giordano sfrutta un insieme di fonti piuttosto istituzionale, senza prestare il fianco alla galassia cospirazionista. Insomma, contro i Burioni (e le burione sic), ma di certo non con i terrapiattisti. Anche se il reportage è comunque soffocato dalla ragione principale del libro (scatenare la rabbia dei leoni da tastiera, questa volta contro “Big Pharma”), la qualità è del tutto comparabile a quella dei servizi di trasmissioni popolari di inchiesta come le Iene o persino Report: sicuramente non altissima e basata su tesi preconcette, ma costruita comunque su un apparato di fonti verificabile e mainstream. Inoltre, nel libro c’è un certo (minimo) grado di autoironia e onestà intellettuale bipartisan, dalla simpatia per Bernie Sanders (!) al mea culpa sulla privatizzazione dei servizi sanitari (“Ho sempre pensato che il meccanismo dell’apertura ai privati fosse la strada giusta, […] ora, vi confesso, comincio ad avere qualche ripensamento, se non qualche pentimento”), senza contare il fatto che alcune delle questioni sollevate sono assolutamente condivisibili, a partire da un certo lobbismo invasivo delle aziende farmaceutiche, per arrivare al problema dei batteri sempre più resistenti agli antibiotici, a causa dell’uso scorretto degli stessi.
A ogni modo, il libro ha i suoi difetti – al di là di un lavoro di inchiesta grosso modo all’interno degli standard del giornalismo medio italiano – che impediscono di considerarlo qualcosa di più di una garrula lamentazione su problematiche anche importanti; per esempio la struttura confusa e aneddotica (in cui spesso il contesto statunitense è sovrapposto in maniera tendenziosa a quello europeo), o l’assenza di un minimo tentativo di analisi sistematica della questione. In certi passi sembra di trovarsi di fronte a un lavoro basato sul cherry picking: argomenti che potrebbero turbare il pubblico di riferimento (per esempio il lobbismo delle aziende omeopatiche come la Boiron) vengono elusi e comunque la strizzata d’occhio alla galassia sovranista è costante: ogni volta che Giordano esordisce un paragrafo con una excusatio non petita, volta a simulare buon senso, il concetto viene spesso chiuso con un’insinuazione.
Il carattere tutto sommato ordinario dell’inchiesta non consente nemmeno di poterla leggere per puro divertimento, come fosse un libro di David Icke o un video di Alex Jones. Ai fini della nostra rubrica è una pecca imperdonabile, da qui la mia delusione. Nel caso, invece, uno voglia informarsi seriamente sulla tematica, non credo serva aggiungere che di reportage migliori ce ne sono a volontà, alcuni persino nella bibliografia stessa di Sciacalli.