Quanto a lungo possiamo proteggerci dalla realtà fingendo di non vedere, nascondere chi siamo e cosa proviamo agli altri e ai nostri stessi occhi? Per un tempo infinito, forse, immersi come siamo in perversi meccanismi di difesa e nel logorio del quotidiano, ma prima o poi diventa impossibile ignorare le tracce lasciate da una finzione che s’incrina, ci ricorda Naoise Dolan. Dopo il grande successo di Tempi eccitanti, l’acclamata autrice irlandese torna con La coppia felice, appena uscito in Italia per Atlantide nella traduzione di Claudia Durastanti, in cui continua a esplorare i rapporti umani nell’epoca moderna.
Con una scrittura colloquiale e ricca di humor, capace di incollare alle pagine chi legge, Dolan racconta la storia d’amore tra Celine e Luke: quasi trentenni, i due convivono a Dublino in un appartamento fatiscente con la loro gatta e decidono di convolare a nozze; viene percorso l’anno tra la festa di fidanzamento e il giorno del matrimonio tramite i punti di vista degli sposi e dei loro cari, tra cui Phoebe, sorella di Celine e damigella d’onore, e Archie, testimone ed ex di Luke. La prosa scorrevole e multiforme si muove con disinvoltura tra passato e presente, prima e terza persona, e rivela a poco a poco le crepe nelle dinamiche di coppia e nelle relazioni d’amicizia, soprattutto i lati di sé che ogni personaggio ha la tendenza a negare.
Se fino alla festa di fidanzamento Celine mantiene la convinzione che Luke è il compagno giusto per lei e che quindi tutto è come dovrebbe essere, da quel momento non è più in grado di trascurare i segni di crisi; per Luke, invece, si fa forte la sensazione di essere prigioniero in un’esistenza che non gli appartiene. Amano e odiano un’idea del partner, senza mai conoscersi davvero. “La cosa importante era il loro potenziale”, pensa lei, “se [Luke] aveva l’immaginazione necessaria per vedere Celine per com’era fatta, allora era già tanto. Lei non voleva niente; quasi niente; voleva solo essere conosciuta”; “Sono capace di odiare l’idea della mia relazione con Celine”, ammette lui, “ma se mi piace toccarle la pelle sotto gli intagli ricamati del suo vestito mentre il tè al limone si sedimenta nella sua tazza di Mozart, allora resterò”.
Di conseguenza intuiscono solamente il reciproco bagaglio di sentimenti irrisolti verso gli ex, non lo comprendono per intero. Luke non coglie le sfumature della rivalità che ha separato Celine e Maria, pianiste di talento con un approccio differente nei confronti della loro ossessione per la musica; Celine non immagina il peso degli equivoci mai chiariti tra Luke e Archie, uniti da un’attrazione di lunga data che ha consumato entrambi, seppur a distanza. Phoebe e Vivian, amica stretta di Luke e Archie, si ritrovano coinvolte in questo intrico di rimorsi e silenzi.
Se nessuno arriva mai a capire appieno nessuno – neanche gli amici, neanche gli amanti – è perché alla base c’è una rete di aspettative e tradizioni a intrappolarci, sembra suggerire Dolan: “È difficile non giungere alla conclusione che il patriarcato svilisca gli uomini molto più delle donne”, spiega Luke. “Il patriarcato fa male e svilisce entrambi, ma le donne si fanno più male e gli uomini vengono sviliti di più. […] È perché il sistema distrugge chiunque lo alimenti e sostenga. Persino, o soprattutto, quelli che stanno in cima”. Le voci a cui l’autrice dà spazio nel suo romanzo sono queer e a maggior ragione vittime della logica dell’eteronormatività, indipendentemente da genere, provenienza o classe sociale, perciò sono inibite nel volto che mostrano al mondo e nelle loro emozioni.
Da qui, allora, la sostanziale incomunicabilità tra i protagonisti, la mancanza di azione che alimenta i loro dubbi fino al tanto sospirato giorno della cerimonia. Di Celine viene scritto, per esempio: “Se avesse smesso di fidarsi, avrebbe perso il passo. L’organista in chiesa non avrebbe mai pestato gli accordi di Mendelssohn. Sarebbe stato un addio all’appartamento al numero 23, e alla gatta, e a tutta la vita che conosceva”. Luke, invece, finisce per arrovellarsi su una questione: “Il matrimonio può funzionare per me e Celine?”. Eppure tra le crepe emergono istanti inaspettati di nitore, necessari per recuperare lucidità su di sé, sebbene per poco. Per illudersi di poter cadere ma comunque essere felici.