Namwali Serpell / Il grande romanzo dello Zambia e tutto il resto

Namwali Serpell, Capelli, lacrime e zanzare, tr. Enrica Budetta, Fazi, pp. 828, euro 18,50 stampa, euro 9,99 epub

“La ferrovia fu completata nel 1904, il ponte nel 1906, e negli anni successivi arrivarono un mucchio di coloni ufficiali. L’Old Drift era di proprietà della Compagnia britannica del Sudafrica – la macchina imperiale di Rhodes – che decise di spostarlo su un promontorio sabbioso a una decina di chilometri di distanza. Un luogo certamente più secco e salubre ma, cosa davvero importante, più vicino alla ferrovia. Ribattezzarono la cittadina Livingstone, ricavarono duecento lotti di terreno, alcuni per il governo e altri per i coloni, e vi stabilirono la capitale della Rhodesia del Nord-Ovest”. E ancora: “Questa è la storia di una nazione, non di un regno o di un popolo, perciò inizia, ovviamente, con un uomo bianco.”

Non manca di chiarezza e di lapidario sarcasmo Namwali Serpell, scrittrice poco più che quarantenne nata in Zambia e docente a Harward, nel suo primo sontuoso romanzo di più di 800 pagine.

Come è stato riconosciuto da più parti, e come il lettore avverte immediatamente, questo romanzo scintillante ambientato nella patria della scrittrice è paragonabile per i suoi aspetti magici e metaforici a Cent’anni di solitudine di Gabriel García Marquez e a I figli della mezzanotte di Salman Rushdie; opere – tutte e tre – che hanno posto di colpo la Colombia, l’India e lo Zambia, i Paesi di origine degli autori, al centro della letteratura internazionale. Con Salman Rushdie, Serpell condivide anche l’esordio letterario.

Ma nonostante il colonialismo sia presente con ogni evidenza nel romanzo, Capelli, lacrime e zanzare (The Old Drift, nel titolo originale) non è tuttavia programmaticamente e semplicemente un romanzo contro. Serpell prende una via diversa e più complessa combinando razza, genere e classe e ibridando una grande varietà di registri narrativi, dal vero e proprio romanzo psicologico all’epica (segnalata fin dall’esergo tratto dall’Eneide), al realismo magico, al romanzo storico fino alla fantascienza. Proprio per questo approccio ogni personaggio di Serpell – a partire dalla propria origine etnica, dalla posizione sociale, e dal genere – ha un proprio punto di vista e un agire specifico e complesso che molte volte sorprende il lettore. Ad esempio Matha (come vedremo dopo) piange ininterrottamente per decenni ma lungi dal rappresentare – come ci si potrebbe aspettare – una sorta di “Mamma Africa” che piange sui propri figli, la guerra, la povertà, il proprio Paese, piange per l’unica ragione che il suo amante l’ha lasciata e le ha spezzato il cuore. I molteplici riferimenti letterari (fra questi Nabokov, Virginia Woolf, Zadie Smith), ricordati da Serpell, sono indicativi delle intenzioni dell’autrice.

“Adesso avete ascoltato il resoconto del tale Percy M. Clark, un girovago, un bruto, un mascalzone, il capostipite che diede inizio a tutto. Sosteneva di essere un abitante dell’Old Drift, ma di certo non aveva imparato la nostra lezione: la sua mano strinse un po’ troppo. Una scivolata e una stretta, un grido e una caduta, e una ragazzina colpisce un ragazzino. Questo piccolo fremito, come quello delle nostre ali, mette in moto il ciclo involontario: esso spiralerà tra famiglie per generazioni a venire, incitando la furiosa cataratta del Fato…” Così si mette in moto il romanzo multigenerazionale suddiviso in tre grandi sezioni (Le nonne, Le madri, I figli) ognuna con i rispettivi sotto capitoli dedicati ai personaggi più rappresentativi delle tre grandi famiglie che compongono la saga, sezioni a loro volta racchiuse in due capitoli dedicati alle cascate e alla costruzione della diga sullo Zambesi che fanno da cornice storica.

Un albero genealogico messo a inizio del libro ricostruisce tutti gli intrecci parentali fra le tre famiglie, una bianca, una nera e una mista, mentre un coro – un organismo collettivo di zanzare – commenta i passaggi del libro e le stesse zanzare si insinuano singolarmente in forma di immagine a ogni stacco o passaggio di scena nei capitoli.

Abbiamo quindi un movimento verticale, con le vicende familiari che si estendono per più di un secolo racchiudendo la storia della decolonizzazione e della nascita dello Zambia fino a un presente proiettato un po’ in là, e uno orizzontale nel coro di zanzare, secondo due temporalità diverse. “Tutto insieme contemporaneamente è come vede uno sciame, mentre voi umani andate dall’inizio alla fine. E così raccontiamo un atto per volta: un passo alla volta, causa ed effetto, un fremito e un capitombolo dopo l’altro”.

Ne esce un’opera totale a focalizzazione multipla nonostante la presenza di un narratore onnisciente, una scrittura con forti inserti poetici, dove i personaggi, come detto, sono sì immersi nella storia ma con una individualità precisa, soggetti a cambiamenti legati a un rapporto conflittuale con la memoria intrecciata alle migrazioni dall’Inghilterra e dall’Italia allo Zambia ma anche dallo Zambia verso l’Inghilterra e l’India. Migrazioni che sono anche migrazioni dell’anima e di consapevolezza.

Se Capelli, lacrime, zanzare è un romanzo temporale, è anche un romanzo radicato nei luoghi: come ben rappresentano le storie delle nonne, i personaggi centrali.

Agnes, nata nel 1943 in Inghilterra, è una promettente tennista, nipote di Percy, che improvvisamente diventa cieca: la sua cecità le permette di superare i pregiudizi razziali familiari e di sposare Ronald, studente di ingegneria nero con il quale va a vivere in Zambia in un matrimonio che poi va in crisi mentre si intreccia con la storia dell’indipendenza, delle vicende politiche e delle proteste universitarie degli anni Sessanta – alle quali Agnes partecipa attivamente a differenza del marito – che attraversano il Paese africano.

“Alzò lo sguardo e vide tre serie di linee che si incrociavano: i suoi peli, gli aghi dell’albero e la pioggia”. È Sibilla, bambina che per la prima volta esce di casa ad Alba dove è nata nel 1939 (Serpell non manca di raccontare anche la storia partigiana della città piemontese). Sibilla è completamente ricoperta da capelli che crescono incessantemente lasciando glabre solo le piante delle mani e dei piedi e i genitali. I capelli di Sibilla attraversano tutto il romanzo a cui si intessono in modo potentemente allegorico, lungo la sua vita dall’Italia allo Zambia, e intrecciando le storie delle famiglie (Sibilla diventa cliente del salone di parrucchiera di Sylvia nipote di N’gulube), mentre sua figlia, Isabella, commercerà in parrucche anche usando i capelli della madre. Infine la nipote Naila si riconnetterà alle sue complesse origini attraverso la rituale tonsura dei capelli quando porterà le ceneri del padre in un tempio indiano Hindū.

Se Agnes e Sibilla sono due personaggi indimenticabili, anche nei loro complessi risvolti psicologici e nelle relazioni con mariti e figli, c’è una terza donna nel romanzo di Serpell che è davvero stupefacente perché ispirata alla figura reale di Matha Mwambwa la prima e unica afronauta della storia. Nel romanzo viene descritta la visionaria avventura spaziale voluta da Edward Makuka Nkoloso, rappresentante della resistenza e poi fondatore dell’Accademia nazionale delle scienze, della ricerca spaziale e della filosofia dello Zambia che dal 1960 ha sperato di poter battere gli Stati Uniti e l’URSS nella corsa allo spazio individuando nella brillante e giovanissima Matha (17 anni) la ragazza da allenare per mandarla sulla luna insieme a due gatti. Ma i sogni possono realizzarli solo i Paesi ricchi.


(AFRONAUTS scritto e diretto da Nuotama Bodomo – 2014)

Matha dopo essere stata lasciata, incinta, dal suo amante comincia a piangere in modo irrefrenabile e continuo per decenni contagiando con la sua infermità le vicine che si riconoscono nel suo dolore, mettendo in rilievo le contraddizioni incarnate dalle donne strette fra autoaffermazione e patriarcato in un Paese che cerca di passare dal colonialismo alla libertà. Indimenticabile Matha bambina che impara a leggere al contrario guardando da dietro il tavolo il fratello che studia. Se la figlia di Matha morirà di AIDS negli anni ’90, il figlio Jacob sarà invece ossessionato dai droni e dalla tecnologia che sono il mezzo attraverso cui il romanzo di Serpell sfuma nella fantascienza e nel rapporto con la tecnologia: Joseph, Jacob e Naila (I figli), che vedono lo Zambia in modo critico, scelgono il sabotaggio e la rivolta mentre fa la sua comparsa il “Beads”, sorta di palmare che permette al governo di controllare la popolazione e di tramettere ai cittadini un vaccino contro l’AIDS; una situazione che non può che rimandare oggi al COVID-19 e alle questioni biopolitiche e di privacy al centro della nostra vita.

Alla fine del romanzo le stesse zanzare che hanno “intessuto una rete interconnessa che si estende su tutto il pianeta, se volete si può dire che abbiamo ordito una mente collettiva” non sono certe di essere ciò che hanno detto di essere.

L’ultimo coro inizia infatti così: “ERRORE. HTTP 404 FILE NON TROVATO. NON RIUSCIAMO A RECUPERARE IL FEED. CONTROLLATE IL MONITOR E RIPROVATE”.

Usando le parole dell’autrice in una intervista a The Guardian, questo è “il grande romanzo dello Zambia che non sapevi di voler leggere” e non importa se in alcune parti è confuso e se l’autrice con sfacciato sprezzo del pericolo l’ha riempito di tutto.