Non si può che lodare la casa editrice Nicola Pesce per la ristampa di questo fumetto (date le dimensioni non è forse il caso di usare l’abusata definizione graphic novel), originariamente pubblicato a puntate su Alter Alter nel lontano 1983. La mummia è opera di uno dei grandi dell’arte sequenziale a livello mondiale, Dino Battaglia, che con questa storia ambientata nella nebbiosa e misterica Londra vittoriana anticipava di ben tre anni la nascita del più famoso investigatore del soprannaturale made in Italy, e cioè il Dylan Dog di Tiziano Sclavi.
Protagonista della vicenda è infatti un ispettore di Scotland Yard, Coke, che sarebbe tornato anche in un’altra storia a puntate, Il mostro del Tamigi, purtroppo interrotta al terzo episodio; se la serie fosse continuata, chissà, oggi Coke sarebbe altrettanto famoso del fumettistico sosia di Rupert Everett… (queste e altre informazioni le troverete nell’interessante introduzione di Davide Carnevale; completa il volume una bella postfazione di Alfredo Castelli, “Polvere di Mummia”, che rievoca il curioso “culto” delle mummie egizie nella Londra di fine ottocento).
In questo fumetto l’ispettore Coke è alle prese non tanto con la ben nota maledizione della mummia (legata non solo al famigerato Tutankhamen, e brillantemente analizzata da Roger Luckhurst nel suo documentatissimo saggio The Mummy’s Curse), bensì con la mummia di un sacrilego principe, Abu-Sabi-Bel, a suo tempo sottoposto a un misterioso trattamento che dà un’atroce forma di immortalità. L’egizio riprende vita e semina il terrore sulle sponde del Tamigi, nelle vie offuscate dalla nebbia di una metropoli notturna e minacciosa – la Londra di Stevenson e Bram Stoker, e prima ancora di William Blake.
Illustrata con grande raffinatezza da Battaglia, la storia si snoda implacabile in uno spazio urbano ricreato per sottrazione e dominato dal nero, attestando ancora una volta (come se ce ne fosse bisogno), che prima dell’arrivo sulla scena di Alan Moore e Frank Miller, noi avevamo in casa una splendida scuola di fumettisti colti se non eruditi, di grande sofisticazione tecnica, con un gusto dell’immagine di eccezionale finezza. Viene da fare i nomi di Pratt e Toppi, ovviamente; ma anche del Milo Manara quando non lavorava sul filone erotico, del Magnus post-Alan Ford, e mi torna pure in mente Fouchè, un uomo nella Rivoluzione di Paolo Piffarerio. E sicuramente sto dimenticando qualcuno.
Fortunatamente NPE sta recuperando la produzione di Battaglia; già ha pubblicato il suo Edgar Allan Poe e il suo Maupassant, nonché L’uomo della legione e i suoi adattamenti di Lovecraft (forse non all’altezza di quelli inarrivabili dell’immenso Alberto Breccia, però comunque di gran pregio); una ricca serie di volumi sono annunciati di prossima pubblicazione, che raccomando a tutti gli appassionati dell’arte sequenziale.
Concludo confessando che, appena aperto il volume, la visione delle tavole di Battaglia mi ha dato una sensazione di déjà vu: mi sono detto, “ma quanto ha preso da From Hell di Moore e Campbell!” Poi però ho dato un’occhiata alla cronologia, e ho verificato che il grande romanzo grafico dei due britannici (per esser precisi, Campbell ora vive in Australia) esce tra il 1991 e il 1996. Ma non cediamo alla tentazione dell’autoesaltazione nazionalista, perché il Mort Cinder di Breccia e Oesterheld era comparso nel 1962… insomma, lasciamo stare le gare a chi è arrivato prima, e godiamoci le meravigliose tavole di Battaglia e dei suoi grandi, grandissimi colleghi…
8 Novembre 2017