Monica Pareschi / Incontri fatali

Monica Pareschi, Inverness, Interzona Polidoro, pp. 174, euro 15,00

Partiamo dalla fine. L’ultimo racconto della raccolta, a differenza di tutti quelli che lo precedono, è ambientato chiaramente in un periodo storico ben determinato, riconoscibile, almeno per chi, come me, è passato da quelle parti. Inizia come cronaca disordinata ma efficace di un’adolescenza, in un liceo classico che si intuisce di quelli prestigiosi, dai docenti esigenti; ma sono gli anni Settanta, c’è caciara, come si direbbe nel Lazio, manifestazioni, cariche della polizia, assemblee lampo, occupazioni, di tutto. Pareschi ti ci porta, e questo vuol dire che la stoffa della narratrice ce l’ha, con ammirata sorpresa di chi finora ne aveva apprezzato le impeccabili traduzioni.

Poi il racconto parte insieme alle due protagoniste, che s’avventurano verso la Scozia, verso la cittadina che dà il titolo a tutta la raccolta, solo perché una delle due ragazze è stata come incantata da quel nome, che «ha un suono puro e gelato, come un turbinio di neve sottile nel vento, quel nome che è una visione azzurra e smagliante, di acqua e montagne». Ecco, Pareschi ha questa scrittura precisa e ricca, evocativa, trova sempre qualche correlativo oggettivo per rendere stati d’animo, emozioni, sensazioni fisiche. Il viaggio in autostop delle due amiche è così al tempo stesso un viaggio nell’interiorità, e non mi pare corretto svelare dove conduce, dove porta loro e noi.

Le amicizie femminili sono un tema ricorrente di questa raccolta. Ma dire amicizie è forse fuorviante, come si vede in “Un bacio, ancora”: qui c’è al centro la relazione tutt’altro che amichevole tra due compagne di classe, un autentico rapporto bullistico con vittima fissa e carnefice incattivita e senza scrupoli. Oppure no, perché tra le righe si intuisce che tra le due transita anche altro; e comunque lo scopo della narrazione non è quello di fare luce sul fenomeno sociale di moda, ma di rendere a tutto tondo la personalità della protagonista, e anche qui dopo un inizio adolescenziale veniamo sparati avanti nel tempo, a scoprire cosa sono diventati la bulla e la sua vittima.

Il racconto più lungo della silloge (gli inglesi lo definirebbero novella), “Mors tua vita mea”, è invece giocato su un rapporto tra un uomo e una donna, non una storia d’amore per carità, qualcosa di più e di meno, con Pareschi che alterna i due punti di vista, e ricostruisce due vite diverse che si scontrano, lasciando che i lettori immaginino un finale da cronaca nera. Sarebbe facile chiuderla così, ne abbiamo letti diversi di questi racconti o romanzi col finale già scritto, ma qui le cose prendono un’altra piega, non c’è ossequio alle formulette vigenti.

“I gabbiani” mi ha colpito particolarmente perché mi sembra una strana riscrittura de Gli uccelli, forse la più surreale tra le pellicole di Hitchcock, ma di uccello qui ne basta uno, che è meno torvo e cupo del corvo di Poe, ma non è meno minaccioso; incute un timore tutt’altro che gotico, il gabbiano che molesta la protagonista, è un malavitoso, un camorrista bianco e grigio, un intimidatore, forse speculare dello sgradevole personaggio che incontra in una conferenza, col quale trascorre una serata decisamente destabilizzante. Come nel celebre film, gli uccelli incarnano altro, rapporti umani guasti, malsani, pericolosi; e il gabbiano evocato da Pareschi pare uscito dalla discarica di Malagrotta, uno di quei pennuti coatti e incarogniti che ti guatano spavaldi nelle vie romane.

Torna il rapporto tra donne, in questo caso ragazzine, in “Primo amore”, ambientato in un contesto rurale che non ha nulla dell’agiografia stile Mulino Bianco, e dove ancora una volta un animale, un coniglio, assume tratti inquietanti, che preannunciano un momento critico, vissuto espressionisticamente, con una visione deformata che lascia non pochi interrogativi. Forse c’è stato un abuso, forse no, forse qualcosa di peggio; ma anche qui si balza nel tempo, e l’esito di quell’episodio d’infanzia è tutt’altro da quel che ci si poteva aspettare.

Concludo affermando che in almeno due di questi racconti (“Inverness” e “Un bacio, ancora”) c’era materiale bastante a farne dei romanzi. Sono storie sostanziose, quelle che ci propone Pareschi, per quanto di misura breve. Mi chiedo se l’autrice si cimenterà con quella lunga; ma anche se continuasse coi racconti ci farebbe contenti comunque.