Recensione tratta da Pulp Libri n. 47, gennaio-febbraio 2004; p. 9
Forse, dopo la Costa del Sol di Cocaine Nights e la Costa Azzurra di Super-Cannes, con il nuovo Millennium People (di prossima uscita per Feltrinelli), James G. Ballard conclude la sua manovra di avvicinamento alla zona del disastro che gli è più congeniale, ovvero l’Inghilterra contemporanea. Epicentro del cataclisma psichico-sociale è Chelsea Marina, enclave residenziale al centro di Londra abitata da manager di medio livello, professori universitari, antiquari, giornalisti, architetti impiegati in grossi studi associati. Assistiamo alla rivolta e alla presa di coscienza da parte di un nuovo ceto medio riflessivo che trova la propria guida nell’ambigua figura del dottor Robert Gould, un pediatra che lancia una vera e propria guerra al Ventesimo Secolo, e al suo carico di guerre, genocidi e psicosi di massa, ma anche ipermercati, consumi culturali e zone residenziali. David Markham, psicologo del prestigioso Adler Institute, decide di indagare in incognita sulla morte della prima moglie, vittima di un attentato terroristico all’aeroporto di Heathrow. Entra in contatto con uno strano gruppo di “sabotatori culturali”, che si propone di scatenare una rivoluzione della middle class londinese attraverso una serie di atti dimostrativi: Kay Churchill, insegnante di “film studies”; Stephen Dexter, vicario della parrocchia di Chelsea ed ex missionario nelle Filippine; Joan Chang, pierre per la Royal Academy. Le azioni e i picchetti si succedono in un crescendo di violenza: al National Film Theatre, alla BBC, a Legoland, alla London Library, alla tomba di Marx; fino a quando scoppia una bomba alla Tate Modern, provocando tre morti, e viene assassinata una famosa presentatrice televisiva. In Millennium People ricorre spesso la parola “noia”, e forse si può scorgere nelle teorizzazioni psicotiche del dottor Gould la deriva di un anarco-situazionismo spinto alle estreme conseguenze, alla ricerca di atti di violenza insensata che possano riempire il vuoto esistenziale degli abi-anti di Chelsea Marina. Gould si propone di inventare Io zero, di raggiungere una tabula rasa psichica che gli permetta di non aver più paura del mondo. Le apparenti motivazioni “politiche” passano poi in secondo piano: la via sociale della ribellione dei “nuovi poveri” da lui tracciata verrà proseguita da Kay Churchill; mentre il vero obiettivo di Gould, una nuova ricchezza interiore, la riscoperta di un mondo che abbia finalmente senso, dovrà avvenire con l’aiuto di Markham, pedina affatto inconsapevole di un gioco a cui si sente irresistibilmente attratto nonostante i pericoli. Come già avveniva per il protagonista comune a tutte le sezioni de La mostra delle atrocità, in Millenium People i personaggi sono alla ricerca – psicoticamente compulsiva – di una rimessa in scena di eventi catartici “alternativi”, secondo una logica personale deviante portata alle estreme conseguenze: allora erano i grandi avvenimenti storici degli anni Sessanta (l’assassinio di Kennedy, la morte di Marilyn Monroe, la guerra in Vietnam, il disastro dell’Apollo), ora si tratta dei traumi personali dei protagonisti: la piromania giovanile o i piccoli pazienti incurabili nel caso di Gould; le torture dei ribelli islamici filippini subite dal vicario Dexter; l’incidente a Lisbona capitato alla seconda moglie di Markham, Sally. Millennium People è in fondo un thriller, per quanto sui generis: Markham, apparentemente, vuole soltanto scoprire chi sono gli assassini della sua prima moglie. In realtà, nel romanzo leggiamo della ricerca/esplorazione di una forma di trascendenza, non metafora di redenzione ma di emancipazione da tutti i determinismi. Una quest realizzata percorrendo le autostrade spinali della coscienza, che renda conto dell’inconoscibilità e della multivalenza del reale.
Recensione tratta da Pulp Libri n. 47, gennaio-febbraio 2004; p. 9