L’Orma, casa editrice da sempre apprezzata non solo per aver fatto conoscere al pubblico italiano il Premio Nobel Annie Ernaux, ma anche per le numerose pubblicazioni sempre colte ed eleganti, esce in libreria, con Tre donne nella vita di Van Gogh scritto dall’autore tedesco Mika Biermann. Raramente introduco un romanzo partendo dalla copertina ma, in questo caso, mi sento di farlo; la casa editrice sceglie come immagine, discostandosi dalla pubblicazione francese, il celebre quadro “Le sorelle di Van Gogh”, una raffigurazione screziata, vivida, di impatto, che fa sì che il libro abbia già di per sé una grazia tutta sua.
Biermann struttura il romanzo in tre lunghi capitoli, uno per ciascuna delle tre donne, e in sole novanta pagine tratteggia lui stesso un policromo quadro, un memoir, una biografa artistica di fantasia, donandoci tre diversi Van Gogh: bambino, adulto e una suggestione legata agli ultimi momenti della sua vita, mentre muore per una pallottola nell’addome. Il romanzo è poliedrico come l’autore stesso che, nato in Germania, studia poi a Berlino all’Accademia delle Belle Arti, e si trasferisce successivamente a Marsiglia, dove impara il francese, lingua che poi adotterà per scrivere i suoi romanzi.
Tre donne nella vita di Van Gogh, uscito in Francia a gennaio, è l’ultimo libro di una triade di romanzi; gli altri due portano il titolo di Tre notti nella vita di Berthe Morisot e, di prossima pubblicazione sempre con l’Orma Editore, Tre giorni nella vita di Paul Cézanne.
L’autore si destreggia nella fotografia, nel disegno e nella pittura, in quest’ultima la sua conoscenza emerge chiara nelle pagine del romanzo, in cui l’empatia per il grande artista è naturale e sensibile. Conosciamo quindi Van Gogh bambino, a dieci anni, timido, a tratti ribelle, in quanto prevale già in lui, in maniera forte ed evidente, la voglia di sperimentare, di provare il fascino di dipingere un mondo, che gli è stato imposto in bianco e nero, mai a colori. Ed è anche grazie a Saskia, una bambina un po’ più grande di lui, già autonoma e indipendente, spavalda e temeraria, che in un limpido giorno, in un bosco, Vincent apprende, tra il verde brillante del fogliame e le chiare acque limpide di un fiume, le forme ancora acerbe della giovane. «A Vincent piacerebbe provare l’acquerello, ma suo padre sostiene che Dio ha creato il mondo in bianco e nero ed è stato il diavolo a mettere il rosso sulle guance delle donne. Saskia aveva le gote e la punta del seno rosa…Vincent pensa al fiume. Vincent pensa alla luce».
Incontriamo Van Gogh adulto insieme ad Agostina, e attraverso gli occhi di quest’ultima e al suo osservare, in una Parigi agli albori del novecento, condividiamo il sogno di vivere in Italia, dove, nell’immaginario di Vincent, nel suo fantasticare, esistono solo paesaggi caldi e colorati da dipingere, una nuova vita da realizzare con lei, proprietaria del leggendario Tambourin – caffè parigino, covo di artisti – ed ex modella dei più noti pittori di quel periodo. «Agostina sospira. Chi non ha mai camminato per le strade di Milano in una notte di febbraio non sa cosa sono la desolazione e la disperazione. Chi d’inverno non ha mai attraversato la grande pianura padana, dove i comignoli delle fabbriche crescono come asparagi, non conosce il freddo nelle ossa. Chi non ha mai visto un pastore nelle Alpi Carniche voltare le spalle e andarsene senza dire una parola non dovrebbe parlare della fame e della rabbia. Agostina non prova neanche a farlo ragionare. Quello lì non ragiona. Vincent sogna».
Infine, è grazie a Gabrielle che osserviamo Van Gogh più maturo, ormai divenuto artista alle prese con la sua frustrazione, privo della percezione dell’effetto che i suoi 871 dipinti hanno avuto sull’arte di quel periodo. «Un musicista non scomoda gli uccelli, un poeta lascia vivere il fiore, un pittore, a testa lata, sgozza il paesaggio come si fa con una trota un mattino di inverno. La pittura è un assassino del buon senso. Il pittore è un assassino».
Biermann con una prosa pulita e confortevole, a tratti lirica, ci trasporta in un piccolo e suggestivo viaggio temporale dove l’immaginario si tinge a colori a olio, lucidi e vivi, che si mescolano, illuminando di fantasia, i tre momenti fondamentali della vita di Van Gogh.