A fine volume, nella nota dell’autore, Michele Neri, giornalista culturale e professionista in campo fotografico, suggerisce una selezione di titoli per chi volesse approcciarsi a James Graham Ballard, scomparso nel 2009 all’età di 79 anni. L’enorme quantità di lavori pubblicati dallo scrittore britannico rende questa operazione complicata perché credo che ogni cultore delle sue opere abbia i suoi testi preferiti, ma la lista ha una sua precisa coerenza. La produzione di Ballard, che copre un periodo di più di mezzo secolo e a cavallo di due millenni, ci guida nel rimodellamento della psiche umana (inner space) rispetto ai cambiamenti sociali e tecnologici (outer space). Personalmente ho letto tutta la narrativa di Ballard e ne ho scritto diverse volte, partecipando anche a dei convegni sul suo lavoro, ma la sua produzione è così vasta che qualsiasi etichetta risulta riduttiva ed è difficile da inquadrare in parametri fissi. I suoi scritti sono sempre fughe in avanti e anche nei suoi testi degli esordi – parliamo di fantascienza – Ballard ribalta i canoni della narrativa di genere: “I maggiori progressi dell’immediato futuro non avranno luogo sulla Luna o su Marte, ma sulla Terra; è lo spazio interno – e non quello esterno – che necessita di essere esplorato. L’unico pianeta veramente straniero è la terra” afferma nel 1962 nel manifesto della nuova corrente letteraria della fantascienza, La New Wave. Un assunto che parla chiaramente delle sue intenzioni.
Dalla metà degli anni Ottanta Ballard lascia progressivamente la fantascienza, che comincia a perdere molte delle sue peculiarità a fronte di uno sviluppo tecnologico esponenziale e di eventi politico-sociali ed economici fino a qualche anno prima impensabili, per approdare definitivamente a una letteratura di confine, speculativa e ricca di contaminazioni. Ballard però non abbandona il suo obiettivo di perseguire i mutamenti della psiche e della percezione umana rispetto all’ambiente circostante. La narrativa di Ballard forma un territorio immaginario, ben esemplificato dal titolo del saggio, Ballardland, che scava e indaga la psiche umana. Tre dei suoi romanzi, L’impero del sole, Crash e High-rise (tradotto in Italia come Il condominio) sono stati portati sullo schermo da registi del calibro di Steven Spielberg, David Cronenberg e Ben Wheatley: se il primo è la sua autobiografia romanzata durante la detenzione in un campo di prigionia giapponese a Shanghai durante la Seconda guerra mondiale, soprattutto Crash è un romanzo e un film straniante, estremo ed eversivo che tante polemiche ha suscitato da parte di chi non conosceva la storia letteraria di Ballard. Tutti gli esponenti più moralisti della critica si sono battuti per far ritirare il film dal circuito o evocato addirittura la censura, cosa che fortunatamente non è avvenuta. La pellicola ha vinto il Premio Speciale della Giuria di Cannes nel 1996.
Neri, giustamente, sceglie un approccio semplificato in cui però risalta la sua profonda conoscenza – non solo letteraria ma anche personale – di un autore che non ha mai amato mezzi termini e per questo è adorato o odiato dai lettori: l’unica cosa certa è che non può risultare indifferente. Ottima guida per chi non conoscesse Ballard, un invito alla lettura, il libro rappresenta anche un testo fondamentale per approfondire alcune delle tematiche ballardiane, un qualcosa di più che stringe un cerchio che sarà impossibile da chiudere definitivamente.