“Niente di umano le è stato alieno, e in questo non esserle alieno niente, in questo suo essere vicina a tutto ciò che amava, Michela ha ribadito, con ogni parola – frasi senza vezzeggiativi, senza troppi aggettivi – che la vita è in sé politica”.
Chiara Valerio
51 anni sono davvero pochi. E i 3 mesi e mezzo da quando ha annunciato di avere un tumore al quarto stadio, quei 3 mesi e mezzo in cui ha pensato, Michela Murgia, di fare tutto quello che voleva e poteva, sono stati ancora di meno.
Però guardando indietro, a quello che ha scritto nei libri e poi sui giornali, a quello che ha detto in pubblico, in televisione e poi sui social, mamma mia quante cose. Quanto peso ha avuto sulle vite di noi donne. Perché la sua insistenza, la sua voce provocatrice, perfino la sua pedanteria nella denuncia del maschilismo nascosto nei comportamenti e nelle parole più comuni, erano quello che ci voleva.
Non sono sempre stata d’accordo con lei, ovviamente. Ma ho apprezzato la costanza, l’essere incessante, il non perdere un’occasione, il non lasciar correre mai. Il ragionare, spiegare, articolare. Mi ha colpito molto oggi vedere su Facebook il coro di addio da parte delle donne, giovani e non giovani. Quasi tutte hanno parlato di “luce” e di “voce”.
Credo che per molte donne Michela Murgia sia stata questo: la voce che non riuscivano ad avere, la guida che le spingeva a cercare di uscire dalle loro personali prigioni. Qualcuno che le spronasse, anche con asprezza talora, come devono fare i maestri. Ora sembra che il suo messaggio più importante sia stato l’ultimo, l’esortazione a prendere in mano la propria vita, sentirsi liberi di fare tutto quello che si ritiene importante, e non aspettare di avere il cancro e i giorni contati per farlo. Credo però che il lascito di Michela sia molto più profondo ed esteso, e che i suoi libri siano lì a testimoniarlo. Partendo dal primo, Il mondo deve sapere, in cui racconta la vita, orribile e grottesca, in un call center. Le promesse roboanti e la povertà del lavoro, lo sfruttamento e il raggiro. Un romanzo che nasceva da un blog, ed era il 2006. E raccontava cose che ahimè sono verissime anche oggi. Per continuare con Accabadora, di certo il suo più famoso e premiato, che ci porta nella Sardegna di una volta e di sempre, in cui è protagonista “l’ultima madre” che regala una morte pietosa, segretamente e amorevolmente, a chi è già pronto all’addio. E poi romanzi e libri più impegnati e dichiaratamente battaglieri, come Morgana e Stai zitta.
Fino all’ultimo, Tre ciotole, una raccolta di dodici racconti che nascono da momenti di crisi. C’è quello personale, quando Michela viene a sapere della malattia. E poi ci sono le altre “crisi” che più o meno tutti abbiamo conosciuto: la separazione e il divorzio, il Covid, la troppa stanchezza. Esempi di quei momenti di cambiamento, necessari ma non cercati, in cui dobbiamo trovare un nuovo modo di essere, un nuovo modo di vivere. In cui dobbiamo riscoprire le nostre risorse e le possibilità che non sapevamo di avere. Al di là delle prese di posizione, delle lotte, ma sempre all’interno della postura etica della politica, credo che continueremo a trovare nei suoi libri l’umanità, la compassione, la dolcezza nascosta dei suoi ultimi momenti. E questo davvero è un lascito prezioso.