Agli scapoli (ma non solo), nei lunedì di fine novembre, sembra di essere nel braccio della morte. Così inizia Annientare (tr. Milena Zemira Ciccimarra, La nave di Teseo, pp. 743, euro 23,00 stampa, euro 9,99 epub), il nuovo romanzo di Michel Houellebecq giunto in contemporanea (Flammarion e La nave di Teseo) nelle librerie francesi e italiane. Ed è subito profetizzato un mondo in cui ogni singolo abitante comprende la propria solitudine di fronte a ciò che ineluttabilmente lo aspetta. A ciò che ha costruito intorno a sé, coinvolgendo miliardi di persone. Houellebecq ci offre il racconto del mondo attuale con una lucidità che ne testimonia la grandezza, e siamo lontani da certe interpretazioni in cui orrore e cinismo sembrava piegassero la narrazione. Poiché le vicende descritte in Annientare si spargono in sottigliezze esistenziali e politica, pietà e dedizioni mentre il pericolo di attentati digitali diventa reale nei pixel, e sottofondo di domande senza risposta per il protagonista, Paul, che viaggia nei sentimenti come un Ulisse a cui i mezzi vengono sottratti uno dopo l’altro in attesa della fine. Egli vive in una Francia del 2027, alla viglia di nuove elezioni, mentre improvvisi attacchi terroristici non trovano spiegazione nella comunità mondiale.
Ma è la storia personale che interessa a Houellebecq, e come essa venga mai risolta se non a cavallo del male e di una società in procinto di morire. Nelle oltre 700 pagine del romanzo ritroviamo pensieri e visioni politiche ben conosciuti nelle opere precedenti (perfino nelle poesie) e che consentono di comprendere come nessuno ormai possa scampare alla fine propria e della civiltà. Il tutto intrecciato in famiglie uguali nel mondo, dove muoiono patriarchi, avvengono suicidi, faglie si sconquassano e coppie ritrovano all’improvviso un’intesa sessuale del tutto inedita. Questo accade a Paul e alla moglie Prudence (nome beatlesiano, forse uno Spirito del tempo), figura femminile importantissima nella complessità della storia. Poiché lei incarna la molteplicità dell’amore e del cibo, nel momento in cui storia mondiale e storia privata si uniscono in un punto senza scampo.
Paul, funzionario del gabinetto del ministro dell’economia, viaggia in quel territorio che consiste sempre più di macerie, in quella attualità collettiva che Houellebecq, alle prese col suo personale Balzac, da sempre (e qui in maniera perfetta) ci offre. Egli sa bene come la modernità di Baudelaire (amato, certo) sia stata distrutta dalla concupiscenza finanziaria e digitale, e come il cancro non sia che uno dei tanti dilemmi biologici – insieme ai virus (ma nel romanzo del Covid non v’è traccia) e agli intasamenti vascolari – che si scontrano con la volontà politica. Paul incarna la paura, a tratti il terrore, verso la revoca delle certezze – politiche e filosofiche – mentre il tempo più che mai provvisorio invade le stagioni. Paul ha pietà per i parenti che non riesce a aiutare, rappresentando il varco attraverso cui Houellebecq mostra la sua pietà, per molti versi inedita, verso coloro che non capiscono più cosa sta accadendo.
Molti i fatti, le cose e le persone che condividono la sorte dell’annientamento in questo romanzo, nelle cui pagine lo scrittore torna sui suoi temi, sulle uscite dal mondo più o meno drammatiche dovute a ripiegamenti dell’io e ottusità dei corpi, senza che niente e nessuno ostacoli la discesa nell’alterazione planetaria.
Quando dal segreto di una coppia risorge l’amore, grazie alla centrale figura femminile di Prudence, è ormai tardi – ma già sembra miracolosa questa concettuale e sacrale risorsa messa in campo da Houellebecq: forse per la prima volta il sesso diventa davvero una funzione non scoscesa ma essenziale perché la vita – e tutto ciò che esiste in concomitanza – sia Realtà. Qui la maiuscola è necessaria poiché le pagine finali, dove l’amore fra Paul e Prudence acquisisce dominio, appaiono come lo studio di un fisico alle prese con teorie che tentano di svelare i segreti del cosmo. E in effetti, le diverse posizioni dei corpi durante l’amplesso somigliano alla danza topografica delle particelle le cui vibrazioni determinano ciò che tutto è. Un modo anche questo per contrastare l’inferno inspiegabile delle nostre esistenze psichiche, che annientano ancora prima che tutto si fermi sapendo come ogni “configurazione” umana sia biologicamente destinata al fallimento. Ma la possibilità d’essere amato, per Paul (e in estensione, per tutti noi) diluisce la paura della morte.
Avremmo intuito, anni addietro, che scene d’amore scritte da Houellebecq ci avrebbero commosso ammirando una specie di laicità dei corpi mischiata alla pur presente sacralità dell’unione fra inguini? Prudence lascia cadere il perizoma per il marito e crede nella reincarnazione, e Paul sembra sperarci. Il lettore ripensa agli enigmatici attentati marini dove enormi navi portacontainer vengono spezzate in due non si sa da chi e senza alcuna vittima perché gli equipaggi sono preavvertiti dagli stessi terroristi, e vede i due amanti scampati ancora per un po’ al disastro mondial-familiare. Il lettore si commuove perché qualcosa di imperscrutabile non è del tutto micidiale, anche se alla lunga lo sarà. Se non ottimismo – precetto inattendibile nella visione di Houellebecq – si percepisce una specie di “morbidezza” dell’annientamento che pur avverrà. Nel romanzo, dove si ritrovano tratti saggistici d’illuminante eloquenza, spirito del tempo e spirito del mondo (contemporaneo) sono fusi come mai prima d’ora, nell’opera dello scrittore e in quella dell’attuale letteratura d’Occidente.