Le palpebre ampie a incorniciare uno sguardo assente, i capelli disordinati, il cranio stranamente appiattito nella parte superiore, così appare Michail Kuzmin nel ritratto confezionato nel 1909 dal pittore Konstantin Somov. La sua stella brilla nel periodo prerivoluzionario, quando la Russia vive anni di enorme fioritura artistica nel segno della più ampia libertà creativa. Poeta, drammaturgo, compositore e scrittore, Kuzmin indossa l’abito del dandy. Il suo essere omosessuale lo pone al centro di un panorama letterario bohèmien e anticonformista, salvo poi consegnarlo all’oblio con l’avvento di Stalin. L’utopia rivoluzionaria, alla quale lo scrittore mostra il suo favore, lo tradisce. L’auspicata libertà si trasforma nel suo esatto opposto. Morirà di polmonite, povero ed emarginato, nel 1936. Il suo compagno, lo scrittore e pittore Jurij Jurkun, verrà arrestato e fucilato due anni dopo, vittima delle purghe staliniane.
Nei Viaggi immaginari (Le avventure di Aimé Leboeuf e Viaggio di Sir John Fairfax in Turchia e in altri straordinari paesi) l’attrazione per un Settecento apparentemente frivolo nasconde abissali profondità. Un teatro d’ombre, nel quale realtà e apparenza si confondono, dove i volti dei personaggi, maschere più che figure in carne e ossa, oscillano all’irrequieta luce di un camino. Troviamo il gusto tutto mozartiano per un oriente favolistico e arcano, anche se tutto giunge da lontano, come un ricordo che non è possibile recuperare. Da questo punto di vista, lo scrittore sa bene che la perfezione del classicismo è inattingibile. Luci ondivaghe scompaginano le fattezze umane. Brandelli di frasi appaiono come risposte a misteriose domande pronunciate da bocche invisibili.
Il ritmo narrativo è serrato, minimale nel trascorrere da un’avventura all’altra, come se lo scrittore si divertisse ad aprire sipari sempre nuovi disorientando il lettore. Utopistici sogni di eguaglianza fanno la loro comparsa anche se: “i pregiudizi, le convenzioni, i sentimenti sono alla fin fine tiranni assai più crudeli dei sovrani”. Sembra quasi che Kuzmin percepisse la fragilità delle proprie speranze, come se riuscisse a vedere le future tragedie che sconvolgeranno il suo Paese e la sua vita.
Nel secondo racconto il protagonista sogna di essere un libero marinaio. Non dimentichiamo che Kuzmin fu allievo di Rimskij-Korsakov, grande cantore degli abissi marini e dell’oriente esotico. Una malinconia morbosa corrode l’anima del viaggiatore. Episodi sovrannaturali additano l’utopia wildiana dell’eterna giovinezza. La tradizione del romanzo d’avventure, in particolare inglese, trova qui peculiare incarnazione. Un libro breve ma prezioso, che ha il merito di farci riscoprire un autore colpevolmente obliato, osteggiato in patria per il suo essere omosessuale. Il saggio di Semën Karlinskij incentrato proprio sull’omosessualità in Russia dall’XI al XX secolo, arricchisce la nuova edizione di contenuti storici di notevole interesse.