Warren Ellis e Declan Shalvey, Injection. Libro uno, tr. Andrea Toscani, Saldapress, pp. 400, euro 49,90 stampa
Quando si pensa a un fumetto spesso accade che ci scordi che, in molti casi, abbiamo di fronte un’opera collettiva che ci impone di districarci tra la logica e la capacità narrativa dello sceneggiatore, la qualità del disegno e l’efficacia del “coloratore”. È un vero nodo che inganna il nostro cervello che ci rimanda spesso le tavole realizzate dal disegnatore, quando la proprietà è dello sceneggiatore, colui che ha delineato il progetto narrativo, ha avuto l’idea e ha delineato i personaggi, fino ad arrivare a pensare le sequenze delle tavole. Come nel cinema, l’opera collettiva prende il nome del regista, e nel caso di Injection il regista è lo sceneggiatore britannico Warren Ellis.
Injection è un’opera monumentale, iniziata nel 2015 e ancora in corso, che intende marchiare a fuoco il new weird sottolineando quanto l’opera di Ellis sia stata, fin dall’inizio della carriera, assolutamente attenta al nuovo contaminarsi dei generi e dei sottogeneri.
E allora, se il filo da seguire è quello dell’opera di Ellis, delle sue idee e della sua ostinata ricerca della trasgressione, con quella sua determinazione nel superare il limite anche morale della narrazione, Injection sembra riproporre una rielaborazione profonda dei suoi temi forti che lo hanno reso scomodo e famoso.
Il primo richiamo ci riporta a quei due capolavori in bianco e nero che erano stati Blu scuro e Bacio morboso, usciti da Avatar Press all’inizio del millennio e tradotti in Italia da Magic Press. Disegnato da Jacen Burrows (che ritornerà in Cicatrici e Bad World), Blu scuro si distingue per la radicalità e il modo con cui Ellis intende ottenere il massimo dalla storia, senza compromessi, mentre la prima lettura di Bacio Morboso, disegnato da Mike Wolfer, è come una caduta da un grattacielo senza fine.
In quest’ultimo Ellis si scontra con la fantascienza più morbosa, riuscendo a estremizzare ogni situazione e a produrre sconcerto e tensione nel lettore. “La paura esiste in due forme”, scrive Ellis. “Quello che possiamo immaginare e quello che non possiamo”. Ed Ellis riesce sempre a metterci di fronte quel qualcosa che non abbiamo potuto immaginare.
Certo la straordinaria serie distopica di Transmetropolitan (disegnata da Darik Robertson) aveva impressionato anche per l’abbattimento di un tabù come quello del cannibalismo che, persino nella fantascienza più radicale era stato trattato poche volte, ma è in Global Frequency che Ellis riesce a mettere in campo una convergenza tra la storia di gruppo tipica dei supereroi, la visione distopica del fumetto anglosassone contemporaneo e la rottura dal realismo con l’immissione di elementi weird sempre più marcati.
Injection si appoggia saldamente sull’intera scrittura che Ellis ha sviluppato con diversi disegnatori ed è quasi una riflessione su una produzione sterminata e magmatica che ha contemplato il noir, la fantascienza, l’esoterismo, l’horror, il weird, la fantapolitica.
Ancora una volta, come in Global Frequency, è un gruppo distorto che si riunisce come apparato parallelo dello Stato, qualcuno che, nella fitta tradizione di James Bond, ha licenza di uccidere perché di fronte a sé ha l’innominabile, il pericolo supremo che, se non sconfitto, chiuderà l’esperienza di homo sapiens sulla Terra. Una lotta tragica e disperata perché, anche se il pericolo viene esorcizzato, la minaccia si ripropone immediatamente sotto altre forme.
Questa vittoria instabile dell’umano, associata sempre e comunque a un affresco di una società che, complessivamente, non merita questi sacrifici, è il timbro tragico delle storie di Ellis, una sua firma pessimista che segna i suoi “supereroi” in maniera indelebile.
Injection mantiene sullo sfondo il complotto dell’Inoculazione sovrastrutturando l’intera scuola del cyberpunk, con la consapevolezza che le tecnologie dell’informazione hanno ridisegnato il mondo e la percezione degli umani, la nuova visione della fisica letta attraverso chiavi esoteriche e l’intramontabile tradizione lovecraftiana in cui creature e pericoli innominabili sono separati da noi solo da una sottile parete sempre a rischio di lacerarsi.
All’interno di questo modello narrativo, la lotta contro l’Inoculazione procede serratamente lungo le tavole di Declan Shalvey, colorate magistralmente da Jordie Bellaire, e capace di sedurci al punto che dopo una storia di 340 pagine abbiamo la sensazione di essere solo all’inizio.