La sessantenne S.H. si trova con la sorella Kari a svuotare l’appartamento della madre anziana, appena trasferita in una casa di risposo. Tra i ricordi di una lunga vita, S.H. si imbatte nel diario da lei scritto nel 1978, quando arriva a New York dal natio Minnesota, senza soldi, ma con la speranza di diventare una grande scrittrice. A quell’epoca S.H. ha 23 anni e prende alloggio in uno squallido appartamento di Manhattan, base di partenza alla scoperta della città. Negli anni Settanta New York è una metropoli violenta, dura, senza cuore, ma anche piena di un fermento culturale unico al mondo. La giovane S.H. si lascia travolgere da questo straordinario mondo di eventi culturali, lunghi pomeriggi di lettura, incontri con gente interessante ma anche bizzarra, momenti di grande esaltazione intellettuale che si alternano a momenti di solitudine profonda.
Nel leggere il resoconto di quel periodo sul suo taccuino Mead, S.H. ritrova la se stessa da giovane, una donna che sembra essere quasi un’altra persona, diversa e lontana nel tempo e nello spazio.
Riscopre così il romanzo che avrebbe voluto scrivere ma che non finirà mai, un poliziesco nello stile di Arthur Conan Doyle, la cui creatura letteraria, Sherlock Holmes, guarda caso, ha le sue stesse iniziali. E rivive ricordi legati alle persone che hanno incrociato la sua strada in quei giorni lontani, come Whitney, che la chiama “Minnesota” e che spezza la sua solitudine, iniziando un’amicizia duratura; o l’intellettuale Malcom Silver, un amore finito male; ma, soprattutto, Lucy Brite, la sua vicina di appartamento, che parla tutto il giorno, dicendo frasi senza senso, accusando un uomo assente – il marito, forse – di avere ucciso la sua bambina. Per S.H., Lucy è solo una presenza vocale, fatta di parole, quasi fosse un’entità astratta, a volte comica, a volte inquietante e fastidiosa, ma che, al momento giusto, interviene fisicamente, salvando S.H. da un’aggressione e cambiando il corso degli eventi.
Ricordi del futuro, definito da alcuni come “ritratto dell’artista da giovane donna”, a un primo sguardo, potrebbe sembrare quasi più un memoir che un romanzo, una collezione di memorie rivisitate attraverso le quali la scrittrice statunitense racconta la sua vita passata. Infatti, oltre alle iniziali del nome, sono molte le analogie biografiche che legano l’autrice con la sua protagonista. Nata in Minnesota nel 1955 da genitori di origine norvegese, Siri arriva a New York a ventidue anni con una laurea in Letteratura; dopo la pubblicazione di alcune poesie sulla Paris Review, Siri si fa notare negli ambienti letterari, incontra l’amore della sua vita, lo scrittore newyorkese Paul Auster, che sposa e da cui ha una figlia, e realizza il sogno di diventare scrittrice.
Una scrittrice raffinata, colta, eclettica, con una grande passione per l’arte, la psicologia, le neuroscienze, come dimostrano sia i suoi romanzi (Quello che ho amato, Elegia per un americano, L’estate senza uomini, Il mondo sfolgorante) sia i suoi saggi (La donna che trema, Vivere, pensare, guardare, Le illusioni della certezza), tutti tradotti in Italia da Einaudi.
Ricordi del futuro, come la stessa Hustvedt vuole sottolineare, sebbene contenga molto del proprio vissuto, è però un romanzo, dove la protagonista ha una vita propria ed esperienze che sono solo sue, costruendo un romanzo sull’identità, sul ricordo e sulla memoria. Nulla di quello che viviamo resta tale per sempre; nella nostra mente e con il tempo, un fatto accaduto va incontro a un’evoluzione, la memoria lo elabora e lo percepisce in maniera sempre diversa, a seconda del momento in cui lo ricordiamo. Quello che resta fa parte della nostra identità.
“Ricordare è cambiare”, scrive l’autrice; e ancora, “la memoria diventa finzione”. Sta all’onestà intellettuale dello scrittore – e di tutti noi – esserne consapevoli.
Un’ultima annotazione su questo straordinario romanzo: essere moglie di uno scrittore come Paul Auster, che ha reso omaggio alla sua città attraverso le pagine dei suoi romanzi forse più di ogni altro, ha lasciato il segno. New York è sullo sfondo, ma sempre presente, torbida, schizofrenica ma anche bellissima, colta – particolarmente significativi i ricordi legati alle vecchie librerie indipendenti, come “The Coliseum”, “Gotham Book Mart”, “Books and Company”, “The Eighth Street Bookshop”, che hanno fatto la storia intellettuale della città.
New York, in fondo, è l’unico posto al mondo dove i sogni possono prendere vita.